Inauguriamo con questo post una rubrica allegra e leggera che ci accompagnerà tutti i lunedì notte per tutta l’estate, si parla di morte e di vampiri. Ripercorreremo i racconti e le storie più importanti (a nostro insindacabile giudizio) che costituiscono quello che è diventato un genere a parte. Buona lettura
Londra, prima metà del XIX secolo. Il giovane Aubrey è ricco e ingenuo, crede che il mondo sia un bel posto popolato da belle persone. Ogni tanto c’è qualche vizioso, ma giusto per dare un po’ di pepe alla giornata. Uno così non potrebbe che finire nelle mani dei peggiori delinquenti e infatti finisce nelle mani di un dandy vampiro, Lord Ruthven.
I due intraprendono un grand tour per l’Europa del Sud. Sotto la guida di Ruthven la “scampagnata”, procederà tra gioco d’azzardo e giovinette traviate finché Aubrey, scandalizzato, non lo pianterà in asso per scappare in Grecia. Qui incontrerà il primo amore, una contadina che finirà dissanguata da Ruthven. Aubrey scoprirà il mostro attraverso un imbarazzante espediente letterario (sul luogo del delitto recupera un pugnale di cui Ruthven possiede il fodero).
Benissimo, penseranno i lettori moderni, ora smaschererà il mostro. No. Fino all’ultimo Aubrey manterrà il segreto per via di una promessa fatta con l’inganno a Ruthven e causerà anche la morte anche di sua sorella.
Questo racconto, precursore assoluto del genere, presenta già alcuni degli elementi tipici delle storie di vampiri: l’Europa del sud, il vampiro aristocratico, affascinante, bugiardo, che si nutre dei più deboli, un mostro la cui vicinanza porta sfortuna, alla fine non ci sarà il lieto fine.
È un vampiro molto diverso da quello descritto dalla tradizione popolare e, in questa forma, diverrà famosissimo. Il dottor Polidori, l’autore del racconto, forse non aveva altra intenzione se non quella di vendicarsi del suo assistito Lord Byron, modello per Ruthven.
Ma come mai tanto odio?
Byron, alla lunga, sembra non fosse proprio una simpatica compagnia, aveva un ego ipertrofico e di certo, per un aspirante scrittore, non era piacevole vivere nel cono d’ombra di un mito della letteratura. Fatto sta che Polidori compose il suo “Il Vampiro” durante il famoso soggiorno a villa Diodati (che ispirò a Mary Shelley il ben più famoso “Frankenstein”) e riuscì a farlo pubblicare nel 1819 sul “New Monthly Magazine”.
Curiosamente anche per lui, come per il povero Aubrey, la vicinanza con il “mostro” non portò affatto bene. Polidori si suicidò con il cianuro nel 1821 sommerso dai debiti di gioco e stritolato dalla depressione. Il finale delle storie di vampiri, come si diceva, non è mai un lieto fine.