In Italia può accadere che una grande azienda ne compri un’altra solo per spolparla dei suoi beni e per impossessarsi dei TFR (il Trattamento di Fine Rapporto) dei dipendenti. Senza che nessuna istituzione intervenga per impedire o prevenire tale nefandezza.
Eccone un esempio reale.
Nel giugno del 2006, Eutelia S.p.A., azienda quotata in borsa e considerata il quinto operatore telefonico italiano, acquista per 1 euro (proprio UNO soltanto) da Getronics, una multinazionale olandese dell’informatica, tutta la divisione italiana. Getronics trasferisce, quindi, ad Eutelia i TFR dei suoi 1.700 dipendenti più 250 milioni di euro di contratti.
Dopo questa “operazione” Eutelia acquisisce da Bull, un’altra multinazionale dell’informatica, Bull Italia. Incamerando oltre ai TFR dei 500 dipendenti anche importanti beni immobili. Tra cui terreni ed edifici a Pregnana Milanese, la zona dove sorgerà l’Expo 2015. Questi immobili di pregio sono stati, poi, “venduti” ad una finanziaria del gruppo.
Nel giugno del 2009, quindi, dopo aver incamerato TFR e Immobili, e dopo aver messo molti suoi dipendenti in cassa integrazione, Eutelia trasferisce tutto il settore IT (gli ex Getronics e gli ex Bull) prima in Agile s.r.l. e da li in Omega, una fantomatica azienda contenitore, che prende il tutto senza chiedere i TFR delle persone assorbite e accollandosi parte dei debiti di Eutelia. Le intenzioni di quest’altra fine “operazione” sono subito chiare: far fallire Agile e liberare Eutelia da quello che ormai è solo un frutto spremuto. Infatti, da subito Agile-Omega inizia a non pagare né gli stipendi, né i fornitori, si disinteressa del mantenimento delle commesse in essere e non cerca di acquisirne di nuove. Come se non bastasse, annuncia 1.192 esuberi su 1.880 dipendenti. A questo punto, i lavoratori, senza stipendio da tre mesi e con un’azienda divenuta inesistente, ricorrono alla Magistratura fallimentare per ottenere, attraverso lo stato di insolvenza, l’amministrazione straordinaria e il commissariamento.
Dopo altri due mesi senza stipendio (così siamo arrivati a cinque), finalmente, il 23 dicembre 2009 il Tribunale ordinario di Roma, sezione fallimentare dispone il sequestro dell’intera azienda e la nomina di tre custodi giudiziari.
I custodi iniziano a far girare l’azienda e a pagare qualche stipendio. Ma la strada per il commissariamento è lunga. Il 20 aprile 2010 il Tribunale fallimentare di Roma rigetta il concordato preventivo presentato dai legali di Agile. E nomina tre commissari giudiziari che dovranno proseguire il lavoro dei custodi e presentare una nuova relazione al Tribunale che deciderà fra fallimento e commissariamento. Nel frattempo molti clienti, anche istituzionali, hanno disdetto o non rinnovato i contratti con Agile e la situazione si è fatta veramente difficile. Sarebbe indispensabile un intervento della politica per salvaguardare il lavoro di chi è stato truffato.
Nel frattempo anche gli ideatori di questa “manovra” hanno cominciato ad avere i loro problemi. Il 2 giugno 2010 il Tribunale di Arezzo ha decretato l’insolvenza di Eutelia e ne ha disposto l’amministrazione straordinaria. Inoltre, il 29 giugno 2010 è iniziato, sempre ad Arezzo, il processo contro i membri della famiglia Landi (di fatto proprietari di Eutelia), i dirigenti dell’azienda, gli avvocati d’affari e altri personaggi legati al gruppo, che devono rispondere di falso in bilancio, appropriazione indebita e bancarotta fraudolenta. A questo processo, più di ottocento lavoratori Agile (ex Eutelia) si sono costituiti parte civile per ottenere il risarcimento dei danni subiti e per affermare la loro dignità di uomini e di lavoratori.
Una vicenda come questa fa sorgere alcune domande:
- E’ mai possibile che si possa comprare un’azienda di 1.700 dipendenti e 250 milioni di euro di fatturato ad un euro , o che si possano cedere 1.880 lavoratori ad un’azienda che non fornisce nessuna garanzia (e che da subito non paga gli stipendi) senza che nessuna istituzione intervenga per verificare cosa sta succedendo?
- Ma soprattutto, è giusto che, attualmente, in Italia i lavoratori vengano difesi solo dalla Magistratura?
- Se la politica si disinteressa dei lavoratori, i sindacati dove sono?
- Vedi articoli correlati:
* Agile-Eutelia: un caso di imprenditoria all’italiana
* Alle radici di un sogno: quando Eutelia si chiamava Olivetti
* Priorità Agile Ex-Eutelia: mantenere le commesse, mantenere il lavoro
* Agile-Eutelia: tutte le notizie giorno per giorno
* Agile-Omega: il punto della situazione
3 commenti
La domanda dell’autore dell’articolo: “Se la politica si disinteressa dei lavoratori, i sindacati dove sono?”
La risposta: “I sindacati sono con i lavoratori. E’ grazie alla denuncia della FIOM sulla falsa cessione di ramo d’azienda che le procure di Arezzo, Roma e Milano hanno iniziato le loro indagini che hanno portato agli arresti cautelari della filiera dei disonesti. Anche le costituzioni di parte civile nel processo penale contro Eutelia di 800 lavoratori sono state per la maggior parte patrocinate, gratuitamente, dalla FIOM. E’ la lotta instancabile dei lavoratori insieme al sindacato che ha portato a questi risultati. Le cose vanno dette come sono.”.
CP
Gentile Cadigia,
la posizione dell’autore dell’articolo corrisponde a quella di tutta la redazione. E noi, purtroppo, crediamo a quella di tanti italiani.
Sebbene molte persone, tra cui noi, si riconoscano negli ideali di solidarietà e rispetto del lavoro alla base di ogni azione sindacale, è facile restare sconcertati di fronte alle trasformazioni industriali e alle involuzioni sociali che stanno investendo l’Italia. Ed é altrattanto normale chiedersi cosa faccia il sindacato.
Perché questi processi non avvengono negli altri paesi europei a noi vicini? Perché le condizioni salariali e d’occupazione della Francia e della Germania si mantengono a livelli “europei” e quelle dell’Italia sprofondano verso il basso? Perché si deve arrivare a vertenze come quelle dell’Alitalia, dell’Eutelia, di Teleperformance, della Fiat senza che prima si sia denunciato pubblicamente un processo degenerativo dell’azienda dalle conseguenza nefaste per l’occupazione e per l’azienda stessa? Perché si è accettato, negli anni ’90, sotto il governo del centro-sinistra, la costituzione delle premesse al precariato più selvaggio che, ovviamente, è esploso negli anni 2000 sotto il menefreghismo del berlusconismo rampante? Si ricorda quando esponenti del centro sinistra sbandieravano la “flessibilità”: non vede che sono gli stessi che ora la chiamano “precariato”? Dove’era il sindacato a quell’epoca pre-berlusconiana, quando qualcosa si poteva fare?
Sono tante le domande e tante le responsabilità della politica e del sindacato. Siamo certi, come dice lei, che nel sindacato ci sia tanta gente che fa il suo dovere e insegua il bene dei lavoratori. Ma da fuori, l’apparenza è che manchi coordinazione e progetto: si agisce in urgenza, quando i giochi sono ormai fatti e non resta che il gesto disperato o l’accettazione incondizionata delle condizioni proposte fatte (vedi Alitalia, vedi Fiat).
Resta il fatto che il sindacato pecca di comunicazione: se fa qualcosa non lo dice alla comunità o quasi. L’impressione è che nel sindacato prevalga il gruppuscolo, se non l’individuo. E 1-10 persone non hanno certo i mezzi per spiegare a tutti gli italiani cosa sta succedendo e come si potrebbe agire per migliorare la soluzione. Lo sapremo attraverso i giornali, a cosa fatte. O magari dai telegiornali imparziali come il TG1.
Ci auguriamo naturalmente che le cose cambino, che ci sia più unità di intenti nell’azione sindacale e, di conseguenza, una maggior efficacia. Nel frattempo ci auguriamo che sempre più gente, come abbiamo fatto noi, faccia notare cosa non va, per migliorare le cose. E’ puro spirito critico. Costruttivo. In fin dei conti questo paese lo vogliamo aiutare a risollevarsi? Tutti insieme o per groppuscoli separati? In fondo a questo serve il giornalismo: a dire quello che non va. Magari con pizziccotti per cercare di smuovere un po’ le cose.
Sperando di aver reso un servizio, la ringraziamo per il suo intervento
La redazione di medeaonline.net
Frode brevettale da Fiat. La tecnologia ibrida doppia frizione con motore elettrico nel mezzo è stata “mutuata” da un brevetto che la Fiat non ha mai voluto acquistare, ma soltanto spudoratamente copiare. Questa soluzione ibrida sarà un’architettura basica nel programma automobilistico elettrico e ibrido della Chrysler. Invito nel mio blog dove “vitalità” e disinvoltura dei progettisti Fiat appaiono in piena evidenza: http://propulsoreibridosimbiotico.blogspot.com/. Se le industrie possono permettersi impunemente di copiare le idee, in quanto per difenderle occorrono cause costosissime, a cosa servono i brevetti? Come difendere i diritti degli inventori privati? Come possono i nostri giovani trovare coraggio intellettuale se i potentati economici schiacciano i diritti dei singoli? Se vi accingete a richiedere un brevetto oppure proporlo ad un’azienda, la mia esperienza con la Fiat può esservi utile per muovervi con migliore circospezione. (Non è spam! Per favore, non bloccate questo post) Grazie e buon tempo a tutti! Ulisse Di Bartolomei