In Italia i disoccupati sono 3.254.000. Nel 2007 erano (sembra incredibile) 1.401.000. In soli 6 anni abbiamo perso circa 1.800.000 posti di lavoro. Il Pil della Nazione è sceso di un altro 1,8%
Il debito pubblico del Paese ha continuato a crescere, toccando a ottobre 2013, la quota record di 2.085.321 miliardi. Anche il rapporto debito/Pil è peggiorato nel corso del 2013 raggiungendo quota 133,3%. Insomma, potremmo definire la situazione economica italiana veramente drammatica. Eppure, nonostante questo quadro desolante il nostro Spread è diminuito in maniera clamorosa. Mentre scrivo, è intorno quota 200. Il 9 novembre 2011 era 574. Quindi, nonostante la nostra economia sia peggiorata, il debito pubblico italiano è diventato incredibilmente più affidabile.
Investimenti sicuri, garantisce la miseria
Ma perché mentre tutto va male, gli investitori nazionali e internazionali reputano lo Stato italiano più solvibile? Perché gli investitori non si preoccupano delle sorti del Paese nel quale investono, ma solo dei propri soldi. La discesa dello spread dimostra che in Italia sono state compiute quelle riforme che mettono al sicuro i guadagni degli speculatori internazionali. L’aumento delle tasse, la riduzione della spesa sociale, la precarizzazione del lavoro, la riforma delle pensioni, sono i provvedimenti con cui si garantisce lo spostamento della ricchezza dal popolo alla finanza internazionale. In sostanza lo Stato ha deciso di togliere sicurezza e benessere ai cittadini per garantire i guadagni di chi gli presta i soldi. La miseria degli italiani è la loro garanzia.
Il velo di Maya
In tutto questo quadro, la “crisi economica” non centra assolutamente niente. Anzi la famigerata crisi esiste solo per chi non fa parte dell’Élite finanziaria. Sono solo il lavoro e l’occupazione ad essere in crisi. Infatti, le borse di tutto il mondo hanno avuto un 2013 fantastico, strepitoso, spettacolare: Tokio + 56,72, New York + 37,52, Francoforte + 25,48, Madrid + 21,52, Parigi + 17,61, Milano + 16,56, Londra + 14,30. Una colossale riorganizzazione politica, economica e sociale ai danni delle classi meno abbienti (una vera e propria lotta di classe), ha portato a questa netta divisione: da un lato i super ricchi sempre più ricchi e dall’altro i normali cittadini sempre più in difficoltà. È stata una guerra fra finanza e lavoro, persa da quest’ultimo senza neanche rendercene conto. D’altronde il popolo non avrebbe mai potuto vincerla, perché le sue “forze armate”, ossia i politici da esso votati ed eletti, erano in combutta con il suo nemico. Anzi erano il loro esercito di mercenari.