Quella cui stiamo assistendo, non è una crisi economica, e neanche una crisi finanziaria o speculativa. E’ una guerra. Ma è una guerra che combattiamo senza sapere contro chi e senza capire quali strategie adottare. Fino a pochi giorni fa sembrava evidente che bisognava riportare in ordine i conti pubblici, magari tornare a crescere e tutto si sarebbe aggiustato. E invece, quasi con incredulità abbiamo appreso che anche la Germania, lo stato più solido ed economicamente stabile d’Europa, non è riuscita a collocare sul mercato i suoi Bund. Su 6 miliardi di titoli offerti ne sono rimasti invenduti il 35%. Tanto che è dovuta intervenire la Bundesbank per acquistare quelli invenduti. E’ evidente che risanamento e crescita, pur necessari, non sono sufficienti per riportare serenità nei mercati. La sfiducia riguarda l’intera zona euro, anzi riguarda proprio la moneta europea. Il nostro vero nemico è un difetto nel trattato costitutivo della moneta unica europea, che impedisce alla BCE (Banca Centrale Europea) di tutelare la stabilità finanziaria dei Paesi europei. In sostanza la Bce non può agire come prestatore di ultima istanza per gli Stati che non riescono a collocare il loro debito ad un dato tasso di interesse (cosa che, invece, ha fatto la Bundesbank acquistando i titoli invenduti). Questa scelta fu imposta per evitare i rischi di inflazione dovuti all’immissione di grandi quantità di moneta nuova nel mercato. Le vicende nate con la crisi finanziaria del 2008, però, stanno dimostrando che il vero pericolo per la sopravvivenza dell’Euro, e del progetto europeo, non è la stabilità dei prezzi, ma la stabilità finanziaria. Il premio Nobel per l’Economia Paul krugman, in un editoriale sul New York Times dal titolo Incredible Europeans, trova “incredibile” l’ostinazione con cui la BCE stia ancora combattendo l’inflazione quando è in gioco la stessa sopravvivenza dell’Euro. Krugman vorrebbe vedere la Banca Centrale Europea “come prestatore di ultima istanza per i Paesi dell’ euro“.I padri fondatori della nostra moneta hanno voluto creare un modello perfetto nella sua astrazione, ma che, di fatto, lascia i Paesi aderenti in balia degli umori dei mercati. Fino a che la fiducia dura, tutto va bene. Ma se per qualche ragione vacilla, il peso del debito rischia di diventare insostenibile. E’ indispensabile che la BCE modifichi la sua politica monetaria, sia abbassando i tassi d’interesse, sia acquistando i titoli di Stato che hanno difficoltà ad essere venduti. In sostanza la BCE dovrebbe adottare quei provvedimenti già presi dalla Bank of Japan per superare la deflazione che colpì il Giappone alla fine degli anni ’90, dalla Federal Reserve e dalla Bank of England per affrontare la crisi del 2008. L’aumento di liquidità, inoltre, permetterebbe il rilancio della ripresa economica, che riducendo il rapporto debito/Pil, restituirebbe fiducia nella capacità di pagare gli interessi, portando ad una diminuzione della pressione sui titoli di Stato dei Paesi oggi in difficoltà. Del resto il rischio di iperinflazione, in una situazione recessiva come la nostra è veramente remoto. Basterà monitorarne l’andamento e, una volta superate le difficoltà attuali, intervenire con politiche monetarie idonee a controllare gli eventuali aumenti dei prezzi. Del resto l’inflazione è un male che si riesce a sconfiggere. Nel 1976, ad esempio, in Italia era uguale al 20,9%, ma 10 anni dopo, ossia nel 1986, era stata portata al 4,2%.