Tra i tanti cantanti che popolano l’affollato mondo della musica leggera, Fabrizio De André è indubbiamente uno dei personaggi più strani e inconsueti. La popolarità che questo giovane cantautore ha conseguito attraverso i suoi dischi è veramente invidiabile, però ben pochi l’hanno visto e quasi nessuno lo conosce personalmente e ha avuto modo di parlargli. La Rai boccia con assoluta regolarità le sue canzoni perché il testo quasi sempre racconta fatti della vita di tutti i giorni condannati da un formale moralismo; in televisione è apparso una sola volta e in seguito Fabrizio ha rifiutato sistematicamente tutte le altre offerte di tornare sul video. Grande appassionato della storia del Medioevo, fa rivivere nelle sue canzoni il fascino e il sapore musicale di quel tempo. Le sue storie riflettono stati d’animo, situazioni reali; gli aspetti più buffi o più tragici di determinate circostanze trovano nelle sue canzoni il giusto palcoscenico, dove la musica ha veramente una funzione di accompagnamento, mettendo in risalto il significato più profondo del testo. A Milano e in molte altre città sono tanti coloro che si sono divertiti ascoltando le sue canzoni cantate da altri cantanti nei cabarets. Tutti, per esempio, conoscono la storia del re che ritorna dalle crociate e che, dopo tanti anni di astinenza, costringe una contadina sua suddita a soddisfare le sue voglie, ma pochi sanno che l’autore è lui, perché la canzone veniva cantata da Silverio Pisu. Parlare con un personaggio del genere richiede un impegno non comune, almeno in partenza; viene spontaneo dare libero sfogo alle citazioni, richiamarsi ai classici, ma così facendo viene falsata la vera natura di Fabrizio, che è un ragazzo semplice, colto, intelligente, che per hobby scrive canzoni. Fabrizio è in sostanza un cantante che rifiuta le facili definizioni di “cantante bene” o “intellettuale” che gli sono state affibbiate per poterlo facilmente catalogare sotto questa o quella etichetta. Lo abbiamo incontrato in un pomeriggio di questa torrida estate in una deliziosa casetta di campagna, circondata dai fiori e dagli alberi, mentre con un paio di cesoie, usate con abilità insospettata, si accingeva alle opere di giardinaggio.
Perché lei non ama la pubblicità, rifiuta le interviste, vive isolato dal mondo della canzone?
Non è vero che io viva isolato, che non ami la pubblicità; il fatto è che la mia vita quotidiana è piena di impegni. Ho un lavoro che mi costringe a fare vita di ufficio, ho una famiglia composta di moglie e figlio, ai quali dedico gran parte del mio tempo libero, inoltre quando posso mi isolo per scrivere le mie canzoni e per leggerle. Non è vero, inoltre, che io rifiuti le interviste, lei ne è la prova. Quanto al mondo della canzone, richiederebbe troppo tempo vivere gomito a gomito con i/ miei colleghi, comunque ne conosco parecchi, soprattutto quelli che sono di Genova.
Perché non ha mai partecipato a un Festival?
Perché le mie canzoni difficilmente verrebbero accettate a un Festival.
Che cosa ne pensa delle varie etichette che le hanno affibbiato in questi ultimi tempi?
Credo che non siano esatte. Quanto meno sono state date un po’ troppo affrettatamente. Non sono un «cantante bene », non sono un « intellettuale », sono soltanto uno che scrive canzoni guardandosi intorno e attingendo molto anche dal Medioevo.
Eppure buona parte dei suoi dischi finisce tra la “gente bene” e gli “intellettuali”.
Non soltanto lì e comunque io sono soltanto il “venditore“ delle mie canzoni; se poi queste finiscono tra intellettuali e “bene” io non c’entro.
Lei sostiene che le storie raccontate dalle sue canzoni siano perfettamente reali?
Sì. Prendiamo per esempio Il testamento: rispecchia in chiave umoristica quello che avviene intorno al letto di un moribondo, dove si trovano persone che soffrono veramente e persone che invece hanno l’intima speranza che il decesso possa riservare loro i numeri del lotto.
Qualche tempo fa lei ebbe una canzone di grande successo. La storia di Marinella; perché non ha continuato con quel genere, che le avrebbe certamente dato in breve tempo una notevole popolarità?
Perché non mi era più venuta un’altra canzone di quel genere. Oggi, comunque, ho pronta una nuova canzone che si intitola Barbara, vicina come stile alla Storia di Marinella.
Abbiamo letto che la sua ultima composizione. Preghiera in gennaio, è dedicata a Tenco, che era uno dei suoi migliori amici; e vero?
Preferirei non rispondere.
Ritornando alle sue canzoni, abbiamo l’impressione che i personaggi descritti siano degli eroi per i quali lei ha molta simpatia; è cosi?
Solitamente scrivo le mie canzoni descrivendo persone che ho incontrato e che in qualche modo mi hanno interessato. Per loro invento una storia fantastica che mette in risalto le loro caratteristiche. E’ vero che i miei personaggi mi sono simpatici, inoltre mi piace, nelle canzoni, salvare tutto ciò che gli altri condannano incondizionatamente per questioni di conformismo e di falsa morale.
Quali sono le consuetudini che lei condanna?
Tutte in genere, perché ritengo che in esse manchi quel minimo di fondamento sincero che le possa rendere accettabili. Credo molto nell’amicizia e nell’amore, ma in niente altro.
E’ soddisfatto di vivere in questo periodo?
Sembrerà un luogo comune rispondere di no, ma rispecchia esattamente la mia convinzione. Il periodo che mi affascina veramente è il Medioevo. Potendo conservare alcune conquiste sociali fatte nel corso dei secoli successivi, vedrei molto volentieri una società moderna ambientata nel Medioevo.
Quale è il sogno della sua vita?
Poter costruire un villaggio in cima a un monte con tante case abitate dai miei amici e soltanto da loro, con tanto verde e tanti fiori. Abolirei i telefoni, la radio, la televisione e ogni mezzo di informazione. Ai piedi del monte farei costruire un palazzo enorme dove, lì sì, metterei telefoni, radio, eccetera. Però questa costruzione dovrebbe servire soltanto come ufficio. E’ un sogno, ma se la immagina una vita privata lontana dalla “civiltà “ ?
[fonte: ABC, 1967 – di Berto Giorgeri]