Presentiamo di seguito il testo del Sogno Numero Due, tratto dall’album di Fabrizio De André Storia di un impiegato (1973). Un testo forte, sconcertante, contradditorio, che riflette sul tema del potere e del diritto, fondamentale nel movimento sessantottino. Un testo (di scottante attualità anche oggi) in cui il protagonista dell’album, l’impiegato, divenuto bombarolo – colui cioé che rifiuta il sistema e vuole annientarlo – si ritrova, in uno stato confuso tra il sogno e la realtà, a contatto con la legge, il diritto, il sistema: il giudice. Ed è il giudice a parlare. L’imputato, l’impiegato, ascolta.
Imputato ascolta,
noi ti abbiamo ascoltato.
Tu non sapevi di avere una coscienza al fosforo
piantata tra l’aorta e l’intenzione,
noi ti abbiamo osservato
dal primo battere del cuore
fino ai ritmi più brevi
dell’ultima emozione
quando uccidevi,
favorendo il potere
i soci vitalizi del potere
ammucchiati in discesa
a difesa
della loro celebrazione.
E se tu la credevi vendetta
il fosforo di guardia
segnalava la tua urgenza di potere
mentre ti emozionavi nel ruolo più eccitante della legge
quello che non protegge
la parte del boia.
Imputato,
il dito più lungo della tua mano
è il medio
quello della mia
è l’indice,
eppure anche tu hai giudicato.
Hai assolto e hai condannato
al di sopra di me,
ma al di sopra di me,
per quello che hai fatto,
per come lo hai rinnovato
il potere ti è grato.
Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.
Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?
(Sogno Numero Due, tratto dall’album Storia Di Un Impiegato di Fabrizio De André, 1973)