La chiamavano musica “impegnata”, musica “di protesta”, musica “rivoluzionaria”. Era la musica dei cantautori, che ha accompagnato la cultura italiana durante tutti gli anni del movimento contestario, sessantottino. I cantautori: personaggi spesso ossannati, spesso discussi, criticati, che hanno contribuito a formare la coscienza delle generazione del ’68. Per addentrarci nello spirito di quegli anni, vi presentiamo un’opera musicale del 1973: Storia di un impiegato, il sesto album registrato da Fabrizio De André. Un invito per chi, magari essendo troppo giovane, non ha ancora scoperto un’opera incisiva, geniale del grande cantautore genovese. I testi sono di Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio, le musiche di Fabrizio De André e Nicola Piovani
Roma, dopo Genova e Nuoro, rende omaggio a Fabrizio De André ospitando negli spazi espositivi del Museo dell’Ara Pacis, fino al 30 maggio 2010, “Fabrizio De André. La mostra” il percorso multimediale di Studio Azzurro – uno dei più importanti gruppi internazionali di videoarte – che ne racconta la vita, la musica, le passioni che lo hanno reso unico e universale, interprete e in alcuni casi anticipatore, dei mutamenti e delle trasformazioni della contemporaneità. Attraverso la narrazione virtuale, multimediale e interattiva viene proposta al pubblico un’esperienza emozionale, attraverso cui ognuno potrà mettersi in relazione con l’universo di “Faber”. Il racconto e la rappresentazione visiva, testuale e musicale si offrono dense di suggestioni ed emozioni e il pubblico, potrà di volta in volta scegliere quale immagine di “Faber” sviluppare per sé, in relazione con il proprio vissuto. Read More
Undici anni senza di te, Fabrizio, sembra impossibile che sia passato già così tanto tempo. Quante cose sono accadute da quando non ci sei più. Quante volte ci siamo chiesti: «Chissà De André come avrebbe commentato questo episodio?» Cosa avresti pensato del G8 di Genova? Della tua città ridotta a campo di battaglia, delle scuole imbrattate di sangue.
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The Hill
(Spoon River Anthology – Edgar Lee Master)
Where are Elmer, Herman, Bert, Tom and Charley,
The weak of will, the strong of arm, the clown, the boozer,
the fighter?
All, all are sleeping on the hill.
One passed in a fever,
One was burned in a mine,
One was killed in a brawl,
One died in jail,
One fell from a bridge toiling for children and wife —
All, all are sleeping, sleeping, sleeping on the hill. Read More
«Fabrizio ha fatto un lavoro straordinario; lui ha praticamente riscritto queste poesie rendendole attuali, perché quelle di Masters erano legate ai problemi del suo tempo, cioè a molti decenni fa. Lui le ha fatte diventare attuali e naturalmente ha cambiato profondamente quello che era il testo originale; ma io sono contenta dei suoi cambiamenti e mi pare che lui abbia molto migliorato le poesie. Sono molto più belle quelle di Fabrizio, ci tengo a sottolinearlo.
Sia Masters che Fabrizio sono due grandi poeti, tutti e due pacifisti, tutti e due anarchici libertari, tutti e due evocatori di quelli che sono stati i nostri sogni. Poi Fabrizio sarà sempre attuale, è un poeta di una tale levatura che scavalca i secoli.»
(Fernanda Pivano – dal libro “Vita di Fabrizio De André – Non per un dio ma nemmeno per gioco” di Luigi Viva edito da Feltrinelli.)
Tra il 1914 e il 1915 il poeta americano Edgar Lee Masters pubblica sul Mirror di St. Louis una serie di epitaffi successivamente raccolti nell’Antologia di Spoon River. Ogni poesia racconta la vita di un personaggio: 19 storie che coinvolgono un totale di 244 personaggi che coprono praticamente tutte le categorie e i mestieri umani. Masters si proponeva di descrivere la vita umana raccontando le vicende di un microcosmo, il paesino di Spoon River, ispirandosi a personaggi veramente esistiti nei paesini di Lewistown e Petersburg (…).
La storia della pubblicazione in Italia dell’Antologia di Spoon River è abbastanza travagliata. Durante il ventennio fascista la letteratura americana era osteggiata dal regime, in particolare se esprimeva idee libertarie come nel caso di Edgar Lee Masters. La prima edizione italiana porta la data del 9 marzo 1943. Fernanda Pivano racconta «Ero una ragazzina quando vidi per la prima volta l’Antologia di Spoon River: me l’aveva portata Cesare Pavese, una mattina che gli avevo chiesto che differenza c’è tra la lettura americana e quella inglese». (…) L’Antologia di Spoon River fu un colpo di fulmine: «l’aprii proprio alla metà, e trovai una poesia che finiva così “mentre la baciavo con l’anima sulle labra, l’anima d’improvviso mi fuggì”. Chissà perché questi versi mi mozzarono il fiato: è così diffficile spiegare le reazioni degli adolescenti». Per un’adolescente cresciuta in un’epoca dominata dall'”epicità a tutti i costi” i versi di Masters e la loro “scarna semplicità” furono una rivelazione. Read More
Non è stato un albergo a quattro stelle quello in cui Fabrizio De André e Dori Ghezzi hanno trascorso tra l’estate e l’autunno del 1979 quasi quattro mesi di prigionia. Il nome è però suggestivo, non foss’altro perché l’Hotel Supramonte è anche il titolo di una delle canzoni più note dell’artista genovese, che alla vicenda del sequestro dedicò due soli anni dopo la liberazione l’album che fan e collezionisti distinguono da altri per l’indiano che viene ritratto in copertina.
Un indiano che voleva riflettere, secondo De André, uno spicchio di quella sardità che continuò a stregarlo e a mantenerlo legato all’isola anche dopo la dura vicenda del sequestro di persona e gli sviluppi giudiziari che a questo fecero seguito con la cattura dei rapitori e dei mandanti.
Vicenda che viene raccontata da Raffaella Saba in un libro edito dalla aretina Zona: “Hotel Supramonte. Fabrizio De André e i suoi rapitori“, Zona, Civitella in Val di Chiana, 2007, euro16. Per la Saba, De André e la Gallura non sono, comunque, una novità assoluta, visto che la scrittrice aveva avuto modo di occuparsene durante gli studi universitari per la preparazione della tesi di laurea. Read More
Di Fabrizio De André si sa praticamente tutto o perlomeno è quello che pensiamo noi. Le biografie dedicate al cantautore genovese sono migliaia e tutte documentano un’esistenza per molti versi leggendaria. Però, per chiunque voglia scavare più a fondo, ci si rende conto in fretta che il De André uomo è terribilmente sfuggente. Ognuno custodisce dell’illustre genovese una propria immagine e se la tiene ben stretta come se fosse un santino. Eppure, dietro la corazza del mito, c’era un uomo in carne e ossa con il suo genio, ma anche con i suoi difetti. Il peggiore tra tutti era sicuramente quello di essersi iscritto alla Siae. Read More
Presentiamo di seguito il testo del Sogno Numero Due, tratto dall’album di Fabrizio De André Storia di un impiegato (1973). Un testo forte, sconcertante, contradditorio, che riflette sul tema del potere e del diritto, fondamentale nel movimento sessantottino. Un testo (di scottante attualità anche oggi) in cui il protagonista dell’album, l’impiegato, divenuto bombarolo – colui cioé che rifiuta il sistema e vuole annientarlo – si ritrova, in uno stato confuso tra il sogno e la realtà, a contatto con la legge, il diritto, il sistema: il giudice. Ed è il giudice a parlare. L’imputato, l’impiegato, ascolta.
Il ’68 io l’ho vissuto a contatto con questi gruppi di estrema sinistra, partecipando al tentativo di rinnovamento; non li ho seguiti, perché di solito un artista, indipendentemente dall’ideologia, è …
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L’ultimo dei “trovatori”, il cantore dei poveri, della gente che conduce una vita normale, in un mondo maledettamente normale, il mondo della grande provincia italiana, l’ho trovato a Genova in un appartamento dalle ampie vetrate, in faccia al mare, sul corso Italia. Si chiama Fabrizio De André, ha 28 anni, è sposato ed ha un figlio di nome Cristiano, di sei anni.
Fabrizio De André è l’autore di canzoni come Marinella, Carlo Martello torna dalla battaglia di Poitier, II testamento e La ballata del Miché. Tutte canzoni censurate dalla commissione d’ascolto della Televisione italiana, che le ha giudicate troppo “spinte” per il gusto degli italiani. Immorali, insomma. Tutte canzoni che raccontano storie tristi, antiche, con un gusto quasi da fiaba. I protagonisti, infatti, si salvano sempre e alla fine volano in Paradiso, perché prima di morire, sono riusciti a guardare in alto, alle stelle, ed a chiedere perdono. Read More
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