L’alfa Romeo compie 100 anni. Ed è moribonda, o quasi. La storica casa di Arese vende poco, pochissimo, sebbene la sua quota di mercato sia aumentata negli ultimi due anni, elemento comune a tutti i marchi del gruppo Fiat
Nel 2009 la vendita di Alfa Romeo ammonta in Europa a 8.722 unità, con una quota di mercato stabile allo 0,8%. Evidentemente non è abbastanza, e comunque è una cifra priva di ogni confronto con quelle degli anni ’60, ’70, ’80, quando l’Alfa era un leader europeo (e si vendeva in America). Nel 2009 il Centro Stile di Arese, il cervello della casa automobilistica lombarda, ha fermato i battenti, segnando di fatto la fine di un epoca. Persino le macchine di stato, le cosidette auto blu, tradizionalmente Alfa Romeo o Lancia, sono state rimpiazzate sotto il governo Berlusconi (soprattutto tra il 2001 e il 2006) da una schiera crescente di (forse) più blasonate BMW.
A che gioco stiamo giocando?
La “dieta Marchionne” rilancerà l’Alfa Romeo o le garantirà solo il canto del cigno? Sapranno gli italiani aiutare questo antico marchio automobolistico per rilanciarlo o continueranno nell’attitudine suicida, esterofila e falsamente economica di comprare (quasi) solo auto straniere?
Leggiamo la storia dell’Alfa Romeo per vedere se questi 100 anni possono considerarsi un compleanno o il preambolo di un funerale.
Le origini dell’Alfa
(Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) risalgono al 1910, quando 250 dipendenti producevano 300 automobili al giorno nello stabilimento di Portello, alle porte di Milano. Nel 1915 l’Alfa entra nell’orbita delle società controllate da Nicola Romeo, industriale partenopeo: da questo momento il settore corse – verso il quale l’azienda si stava dirigendo con buoni successi – viene messo da parte per direzionare l’azienda milanese all’evasione delle commesse militari a carico delle aziende di Romeo. Il nome dell’industriale napoletano comparirà alla fine della seconda guerra mondiale formando così il marchio Alfa Romeo.
Con gli anni Venti
L’azienda riprenderà a competere nel settore corse (nel 1929 questo settore di attività verrà separato ufficialmente, da qui nascerà la scuderia Ferrari) e la produzione industriale fortifica i suoi primi successi imponendosi anche sul mercato internazionale. Il gusto nella guida diventa una passione prepotente e un vero status symbol. Ci si comincia a interessare alla produzione di serie.
Lo Stato in fabbrica
Nel 1932 l’Iri (Istituto per la Ricostruzione Industriale) diventa proprietario dell’Alfa e annuncia il ritiro dalle competizioni. La produzione, intanto, si estende anche a camion e autobus. Negli anni 50 l’Alfa Romeo si lancia nella produzione in serie: sono gli anni di maggior splendore della casa milanese. Si inaugura la catena di montaggio. Nel 1960 cominciano i lavori per la costruzione dello stabilimento di Arese, che entra in funzione nel 1963.
Alfa come status symbol
Negli anni 60 il marchio Alfa Romeo diventa simbolo del Made in Italy, la qualità dei suoi prodotti la rendono famosa in tutto il mondo. Numerose star dell’epoca si divertono a posare e farsi fotografare al volante delle Alfa, marchio che, in quel periodo, era sinonimo di successo e prestigio sociale. La prima vettura prodotta ad Arese è la Giulia che vende oltre un milione di esemplari nelle diverse versioni.
C’era una volta una grande azienda
«Per me era come entrare in paradiso – ricorda Carmela Tassone, in Alfa dal 1972 -, mi trovavo in una fabbrica gigantesca, con una vita interna incredibile. La fabbrica mi ha insegnato ad essere una persona migliore, ho insegnato ai miei figli a non abbassare mai la testa». Le teste di molti lavoratori da allora si sono dovute, purtroppo, abbassare ai provvedimenti dell’azienda. Come racconta Mario Agostinelli (ex segretario Cgil Lombardia e attuale consigliere regionale): «C’era un tempo in cui in fabbrica entrava il grande Eduardo De Filippo e c’era un tempo in cui il popolo operaio, con il vestito della festa, varcava insieme a tutta la famiglia la soglia del grande capannone 6 per andare a teatro. È accaduto molti anni fa, all’inizio degli anni 80, all’Alfa di Arese». Erano anni in cui il consiglio di fabbrica era costituito da 400 dipendenti. Questo accadeva fino al 1986, anno in cui l’azienda viene acquistata dalla Fiat. Chi avrebbe potuto immaginare che, mentre le automobili del biscione erano simbolo di stile e di qualità in tutto il mondo, in Italia la fabbrica che produceva le mitiche Alfa di lì a poco si sarebbe sgretolata pezzo per pezzo?
Gli anni 70 passano con qualche sussulto
Gli anni 80 costituiscono il vero periodo di crisi dell’azienda del biscione. Le partecipazioni statali nella grande industria diminuiscono e l’Alfa ne risente. Nei primi anni ottanta la produttività è in calo preoccupante. Il 1986 è una data storica per la azienda: la Fiat diventa proprietaria di Alfa Romeo. Finmeccanica (società costituita dall’Iri per gestire le partecipazioni nell’industria meccanica e cantieristica) scarta la proposta di Ford (che, sebbene avesse presentato un’offerta decisamente più vantaggiosa per le casse dello stato, ha commesso il fatale errore di ammettere fin dall’inizio la necessità di ridurre il personale) e cede l’Alfa Romeo alla Fiat per 1700 miliardi. Si dice, però, che lo Stato non abbia mai incassato questa somma. L’Alfa verrà concentrata con Lancia, fondando un raggruppamento chiamato Alfa Lancia S.p.a. Nel 1989 anche il centro produzione stile si trasferisce nello stabilimento di Arese. Le cose, però, cominciano ad andare storte. L’azienda conosce un periodo di inesorabile declino, si susseguono ridimensionamenti aziendali e procedimenti di mobilità per i lavoratori. Si chiudono aree produttive e vengono persino distrutti dei macchinari per impedire lo svolgimento del lavoro. Sono anni di promesse non mantenute, accordi non rispettati e di difficili dialoghi istituzionali. I sindacati hanno avuto una parte importante nella vicenda, da molti fortemente discussa, la loro è, comunque, una presenza costante nelle trattative per i lavoratori di Arese. Nel 2000 la Fiat ha venduto lo stabilimento ad una società bresciana, l’Immobiliare Estate Sei, e alla società di assicurazioni americana Aig Lincoln.
Il futuro dell’Alfa Romeo
I dipendenti dell’Alfa di Arese, a vent’anni dall’avvento della Fiat e dai primi provvedimenti di mobilità e di lento smantellamento, non hanno visto ancora esaudito il legittimo diritto di chiarezza sul loro futuro (per chi non ha già perso il lavoro). Evidentemente la politica della Fiat non è stata quella di puntare sullo sviluppo dello stabilimento lombardo, e la Regione Lombardia non ha saputo fare nulla di concreto per proteggere i lavoratori di questo importante polo industriale. Le vicende che si sono susseguite con l’avvento dei nuovi proprietari non hanno contribuito a creare posti di lavoro in numero significativo per i dipendenti ex-Alfa.
[fonte: Pd Lombardia: Alfa di Arese – il dossier]
3 commenti
L’ultima beffa è la pubblicità della MiTo Nine (lanciata sulla scia dell’omonimo film, ideale seguito di “8 e 1/2” di Fellini) che invita (in inglese) gli automobilisti ad acquistare un’Alfa Mito, ad essere italiani e a guidare la passione. Il Gruppo Fiat ha proprio una bella faccia tosta!
E che dire dello stabilimento di Pomigliano d’Arco nel quale si è arrivati a produrre fino a 1200 macchine al giorno?
Angelo, meglio calare un velo pietoso…