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Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività. Questo enuncia l’articolo 53 della nostra Costituzione.

Entro l’esercizio finanziario 2014 verrà aggiunto un terzo comma. Questo: “La Repubblica, in conformità ai vincoli economici e finanziari che derivano dall’appartenenza all’Unione europea, persegue l’equilibrio dei bilanci e il contenimento del debito delle pubbliche amministrazioni, anche assicurando le verifiche a consuntivo e le eventuali misure di correzione, in base ai principi e ai criteri stabiliti con legge, approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna delle Camere”.

Con questa appendice i principi Neoliberisti entreranno nella Costituzione italiana. Le crisi economiche si affronteranno riducendo le spese e aumentando le tasse, perché il pareggio di bilancio dovrà essere realizzato obbligatoriamente. Combatteremo i periodi di depressione economica con la stessa strategia fallimentare che adottò l’America dopo il crollo finanziario (e la conseguente depressione economica) del 1929.  Lo Stato non potrà spendere per sostenere l’occupazione e, con essa, la domanda. Non si potranno incentivare né le aziende né i consumi. Insomma è come se Keynes non fosse mai esistito. Come se la dottrina economica non avesse capito che il Capitalismo deve essere sostenuto dalla spesa pubblica. Stiamo assistendo al trionfo del Neoliberismo nonostante abbia fallito.

La cieca fiducia di Berlusconi, ma anche di tanti economisti illustri, nella riduzione delle tasse e nella convinzione che favorire i ricchi avrebbe fatto scendere su tutti gli altri parte della loro ricchezza sembra ormai tramontata definitivamente. La “patrimoniale” comincia ad essere quantomeno contemplata anche dagli economisti vicini alla maggioranza. E’, ormai, evidente che la ricchezza non è un liquido che tende a raggiungere lo stesso livello. La teoria dei vasi comunicanti non funziona con i soldi. Se si favoriscono solo i ricchi, i poveri rimangono poveri, e i ricchi rischiano di perdere parte della loro ricchezza.  Eppure le teorie Neoliberiste diventano costituzionali.

Allora, è evidente che questa modifica costituzionale non segue le necessità e le priorità economiche, ma cerca solo di tranquillizzare i nostri nuovi veri padroni: chi compra il nostro debito pubblico. Nel futuro, potremo spendere solo dopo aver liberato risorse tagliando da qualche altra parte. E si taglieranno servizi, sanità, pensioni.

Certo, forse tutto questo ci farà diventare un Paese più serio, più onesto. Forse combatteremo veramente l’evasione fiscale, forse diminuiremo gli sprechi e il malaffare che infettano la pubblica amministrazione, forse la politica rinuncerà a parte dei suoi privilegi e forse, forse, forse. Ma questo riguarda il futuro.

La preoccupazione principale alla quale bisognava dare una risposta immediata era la pressione sulla nostra borsa e sul nostro debito pubblico. Questa, confusa, manovra a singhiozzo ha avuto come scopo principale quello di rassicurare i mercati, ma ancor più quello di ingraziarsi la Bce che deve acquistare i nostri Btp. Senza questi acquisti potremmo rischiare il fallimento e con noi potrebbe sgretolarsi tutto il castello europeo. Circa la metà del nostro debito è, infatti, in mano alle banche tedesche e francesi che rischiano a loro volta il fallimento se i nostri titoli diventassero carta straccia.

Se crollasse l’euro a soffrirne di più sarebbero proprio le economie più forti e più sane. Un ritorno alle monete nazionali, infatti, vedrebbe un marco fortissimo. Questo farebbe perdere di competitività ai prodotti tedeschi, che difficilmente sarebbero venduti. Chi comprerebbe una Mercedes al doppio del suo prezzo attuale?

E lo stesso accadrebbe per il dollaro e anche per il franco. Siamo tutti fortemente legati. Noi siamo un tassello di un mosaico molto più grande. E, in effetti, le borse occidentali seguono tutte lo stesso andamento. Generalmente o vanno tutte male oppure tutte bene. Perché è come se fossimo una sola grande Nazione con una sola grande Borsa.

La speranza è che chi governa il mosaico raddrizzi i nostri governanti e ci liberi dalle loro “furbate”.

economiaeuroitaliapareggio di bilancio
4 commenti
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Redazione

4 commenti

angelino 13 Settembre 2011 - 10:45

ma allora non sarebbe meglio uscire dall’euro?

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arturo 14 Settembre 2011 - 12:20

L’euro ci ha salvato e dobbiamo restarci!!!!

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Andrea 16 Settembre 2011 - 15:12

Sembra veramente di essere coinvolti in un gigantesco effetto domino: cade la Grecia, l’Italia, la Spagna, l’Irlanda, il Portogallo, poi la Francia, la Germania e tutto il resto dell’Unione.

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gennaro 22 Settembre 2011 - 17:42

Forse c’è un piano antieuro per danneggiare l’economia del continente a favore dei suoi diretti rivali.

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