La fragilità dell’integrazione tra i vari Paesi dell’Unione Europea appare evidente se pensiamo alla politica comunitaria nei confronti degli sbarchi di immigrati provenienti dall’Africa. Gli Stati dell’Unione sull’argomento si sono divisi in due gruppi: quelli che sentono il problema come urgente perché si affacciano sul Mediterraneo, e quelli che lo considerano un fenomeno stagionale di scarsa importanza perché tra loro e l’Africa ci sono catene montuose e gli Stati del primo gruppo. In mezzo ovviamente ci sono le persone, i migranti costretti spesso a correre rischi mortali e i cittadini europei che, di fronte all’aggravarsi del problema, si domandano a cosa servano veramente le loro tasse.
In ordine sparso
La UE fino ad ora ha realizzato un’unione solo formale tra i suoi Stati membri, l’unico saldo vincolo che lega i Paesi del Vecchio Continente è finanziario e si chiama Euro. Per il resto ci sono una fiumana di direttive comunitarie che vengono più o meno recepite dai vari Paesi e una politica estera comune praticamente inesistente. Esiste una figura a capo degli affari esteri dell’Unione Europea ed è un’italiana, Federica Mogherini. La Mogherini praticamente ha mandato solo per predicare nel deserto. Ogni Stato, geloso dei propri privilegi territoriali, va per i fatti suoi senza coordinazione tra tutti. Il risultato di questo disordine organizzativo è il fallimento delle operazioni Mare Nostrum e Triton: due inutili e costosissimi tentativi di blindare il Mediterraneo impedendo gli sbarchi dall’Africa. La UE ha dimostrato con i fatti di non essere in grado di svolgere un ruolo pacificatore sui suoi vicini più prossimi, il massimo che riesce a organizzare è la partecipazione (sempre in ordine sparso) a missioni militari di dubbia efficacia capeggiate dagli Stati Uniti. Questi ultimi non si sono mai illusi di aver trovato nel Vecchio Continente unito un partner in grado di caricarsi di parte del suo storico ruolo di poliziotto del mondo, in sostanza la UE è considerata alla stregua di un Paese cuscinetto tra l’Occidente al di là dell’Atlantico e tutto il resto.
Numeri da esodo biblico
Solo nel 2014 l’Italia ha accolto sulle sue spiagge qualcosa come 150.000 rifugiati e questo record sembra destinato a essere battuto nel 2015. L’Italia è diventata l’approdo preferito da quanti vogliono raggiungere il Vecchio Continente a causa dell’instabilità politica causata dalla “primavera araba”. Dalla Libia, divisa tra due governi che si fanno guerra tra loro, migliaia di profughi cercano di fuggire dalla miseria e dalla guerra. A causare il collasso della Libia è stata la deposizione e la morte nel 2011 del dittatore Mu’ammar Gheddafi. L’intervento militare occidentale in Libia è stato, tra gli altri, fortemente voluto dalla Francia, all’epoca dei fatti guidata dal presidente Nicolas Sarkozy, che ha riconosciuto per prima il governo d’opposizione a Gheddafi. Una comunicazione riservata dell’ambasciata Usa a Parigi del 2010, finita come spesso accade su WikiLeaks (e quindi da prendere con le pinze), riportava questa riflessione di Cyrille Rogeau, consigliere del ministero degli esteri francese: «Noi parliamo molto coi libici, ma vediamo come alle parole non seguano azioni in Libia. I libici parlano e parlano, ma non comprano niente (da noi). Solo gli italiani si assicurano tutti i contratti». Ammettendone la veridicità sarebbe solo l’ennesima conferma della vera natura dell’Unione: un consesso di nemici che si sorridono nascondendo dietro la schiena i coltelli.
Italia, un Paese abbandonato al suo destino
L’Italia si ritrova ad essere Paese di frontiera, lasciata pressoché sola a fronteggiare un ondata di immigrazione senza precedenti per il Vecchio Continente. Il regolamento di Dublino II designa come competente a esaminare le domande di asilo e a riconoscere lo status di rifugiati il Paese d’approdo degli immigrati. Questa regola di fatto addossa un lavoro di accoglienza e smistamento titanico all’Italia che non sa bene cosa e come fare per risolvere il problema. Una cosa è certa, da sola l’Italia non ce la può fare. A peggiorare uno stato di fatto già drammatico c’è anche la crisi economica e le difficoltà dell’economia italiana che non è in grado di garantire lavoro alla massa di immigrati, nella maggioranza di casi lavoratori scarsamente qualificati. La cosa è nota anche ai richiedenti che, da tempo, optano per destinazioni finali come la Germania e i Paesi del Nord. Ovviamente queste mete ambite stanno, tramite i loro governi, facendo di tutto per impedire ai richiedenti di raggiungerli. L’operazione Mare Nostrum del 2013, il primo tentativo tutto italiano di arrestare gli sbarchi, costava alla collettività 9 milioni di euro al mese e intendeva essere risolutivo. Purtroppo così non è stato.
Populismo e ipocrisia
Le forze di destra in tutto il Vecchio Continente da sempre usano razzismo e la xenofobia come argomenti nelle campagne elettorali, in Italia in particolare l’emergenza sbarchi ha alimentato le paure della popolazione e avvantaggiato queste forze. L’argomento è stato per anni trattato dai partiti di sinistra e di centro sinistra da una prospettiva demagogica. L’accoglienza incondizionata non solo si è rivelata praticamente impossibile, ma anche dannosa per gli immigrati stessi. Come spesso accade in Italia la questione politica si è trasformata in un confronto polemico privo di qualsiasi risvolto pratico. Le forze di destra vorrebbero blindare i confini, nonostante i fallimenti degli anni passati e la consapevolezza concreta che una cosa del genere è impossibile, le forze di sinistra cercano di garantire l’accoglienza anche in condizioni impossibili. Entrambi gli schieramenti vorrebbero qualcosa di irrealizzabile sul piano pratico, ma più che altro puntano a guadagnare consensi elettorali. La soluzione è rimandata all’infinito, nel frattempo centinaia di morti rimangono senza risposta nella contabilità fredda di un continente governato dal cinismo e dall’incapacità di essere veramente unito.