È difficile comparare due sistemi scolastici così distanti geograficamente e forse culturalmente come quello italiano e quello finlandese. La premessa necessaria da fare, infatti, è che in Italia, negli ultimi anni, le riforme scolastiche si sono susseguite numerose e hanno messo in evidenza quanto lavoro c’è da fare per cambiare la scuola o, perlomeno, per iniziare un percorso di apertura mentale e tecnologica che possa smuovere le acque.
La scuola italiana
Una riforma radicale nel nostro Paese non c’era stata dal tempo della Riforma Gentile, nel 1923; la scuola era cioè rimasta sostanzialmente ferma da quel tempo e solo la Legge Moratti e la Legge Gelmini hanno cercato di avvicinarla ai modelli europei, avviando una serie di riforme strutturali e di ammodernamenti. Fra questi i più importanti: una scuola obbligatoria per dieci anni, con inizio a 6 anni di età e fine a 16, un’articolazione in scuola dell’infanzia (non obbligatoria) e un primo ciclo diviso in scuola primaria (di 5 anni) e scuola secondaria di primo grado (di 3 anni) con esame finale, una divisione della scuola secondaria di secondo grado in licei, istituti tecnici e professionali con Esame di Stato finale. Molto si è lavorato anche per potenziare l’insegnamento di materie in lingua straniera, anche attraverso l’introduzione della tecnologia nella didattica e sulla flessibilità del piano di studi con un nucleo fondamentale obbligatorio e una quota modificabile secondo le esigenze dello studente.
La scuola finlandese
E in Finlandia? Il sistema scolastico finlandese è costituito da una scuola unica di base obbligatoria che comincia a 7 anni e finisce a 16. Poco meno della scuola obbligatoria italiana, ma nel sistema finlandese non ci sono interruzioni da scuola primaria a secondaria, né esami di passaggio; il nucleo di base è molto omogeneo e lo studente viene seguito in tutto il percorso da docenti curricolari e docenti di sostegno che lo aiutano ad affrontare le carenze. La scuola è gratuita (compresi i libri), non ci sono test né valutazioni, le classi non sono costituite per livelli di capacità, e alla fine del ciclo il divario tra studenti forti e deboli è ridotto al minimo. In Italia invece il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria può essere causa di stress per lo studente, che spesso si trova catapultato in una scuola “per grandi” rispetto alla scuola primaria, con professori, invece che maestri, e con un carico di lavoro molto superiore.
In Finlandia alla fine della scuola dell’obbligo gli studenti possono scegliere se frequentare un “liceo”, che più che altro è un corso propedeutico di preparazione universitaria, o un corso professionale per l‘inserimento nel mondo del lavoro. Questo corso dura tre anni e per accedere all’università gli studenti devono affrontare dei test selettivi. In Italia lo studente sceglie la scuola secondaria a 14 anni, quando ancora non ha le idee chiare il più delle volte, e se non c’è la famiglia ad aiutarlo nella scelta si possono fare errori che poi si pagano in seguito.
I percorsi di studi, poi, hanno un impianto di base e una quota personalizzata che viene gestita dai comuni e dai presidi, perché in Finlandia la gestione della scuola è molto decentralizzata e affidata ai poteri locali. Alcune materie sono di base, come il finlandese, lo svedese, la matematica; altre sono scelte dallo studente sulla base delle sue inclinazioni. Anche in Italia esiste un curricolum basilare obbligatorio e una quota personalizzabile, ma non è possibile metterlo in pratica per mancanza di risorse prima di tutto economiche e conseguentemente anche umane e strumentali.
Le differenze
In Italia i corsi sono annuali, divisi in quadrimestri o trimestri, con verifiche e valutazioni periodiche, sia formative che sommative. In Finlandia i corsi non sono annuali ma semestrali o quadrimestrali, alla fine dei quali lo studente sostiene un esame per cui non c’è bocciatura ma il voto che merita. In caso di bisogno lo studente può avvalersi dell’aiuto di un docente di supporto che lo aiuta a sostenere la materia. Le classi sono affidate al docente, che rimane in classe mentre gli alunni cambiano aula a seconda della materia che devono seguire. Cosi le classi non sono mai uguali.
Il governo finlandese, inoltre, è dedicato alla tecnologizzazione delle scuole. Tutte le classi hanno la LIM, i ragazzi studiano con i tablet e Internet e i computer sono a disposizione di tutti.
La figura del docente finlandese è piuttosto diversa da quella del suo collega italiano, infatti, i docente finlandese gode di forte riconoscimento sociale, è stimato perché è considerato un professionista. Ha uno status sociale importante e non vive la frustrazione che molte volte appartiene al suo collega italiano. Anche se non ha uno stipendio molto alto, svolge il suo lavoro con molto scrupolo. Ha una formazione molto dura, soltanto i laureati col massimo dei voti possono accedere alla professione. Chi insegna alla scuola di base insegna anche all’università. Superano selezioni severissime e sono soggetti a continui aggiornamenti: ogni quattro ore di lezione due sono dedicate alla formazione in itinere. Restano a scuola tutto il giorno e sono di supporto agli alunni in difficoltà. Gli insegnanti finlandesi inoltre sono valutati dai loro stessi alunni, il preside e una commissione di esperti e tutto è vissuto con la massima serenità.
Tesi, antitesi, sintesi
Concludendo non si può ovviamente generalizzare e mettere a confronto in modo semplicistico un sistema scolastico di un Paese di 5 milioni di abitanti rispetto a quello di un Paese con 60 milioni di abitanti di cui molti immigrati con culture e retro-culture diverse. Non è tutto oro quello che luccica e anche il sistema finlandese avrà i suoi difetti, non è una formula perfetta, ma perfettibile come tutti i sistemi. Quello che però si può fare sicuramente è prendere ciò che si può adattare alla nostra realtà e cioè investire in risorse materiali migliorando le strutture scolastiche e i laboratori e fornire materiale tecnologico ai docenti e ai ragazzi. Dalla Finlandia possiamo anche imparare, quasi paradossalmente, a socializzare meglio, offrendo a docenti e studenti spazi comuni di convivenza, mense e laboratori, dove favorire un confronto reale, vivace e proficuo.
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