Fino a oggi su medeaonline non avevamo ancora parlato dei risultati delle ultime elezioni politiche. Penso di poter rappresentare buona dei redattori di questo web-magazine, rimasti sconcertati di fronte al risultato assurdo che gli italiani hanno conseguito il 24 e il 25 febbraio. L’effetto di instabilità ed incertezza, ormai ne sono persuaso, è diretta conseguenza dell’incapacità del popolo italiano di votare o, perlomeno, dell’incapacità di saper organizzare un sistema politico in grado di assicurare un governo al Paese. Bisogna ammetterlo, è sotto gli occhi di tutti.
Dopo gli anni del disastroso non-governo di Silvio Berlusconi, esperienza che ha consolidato nel Paese il degrado morale, civile, sociale ed economico già cominciato ai tempi di Tangentopoli, gli italiani sono riusciti questa volta a comporre un parlamento chiaramente diviso in tre, forse quattro schieramenti che a prima vista non sembrano poter lavorare insieme. È stato fatto insomma un grande pasticcio, la cui risoluzione sembra lontana, anzi lontanissima.
In un momento in cui l’Europa avrebbe avuto bisogno di una risposta di carattere dalla sua terza ed indispensabile economia, l’Italia continua a trastullarsi in giochetti politici degni del peggior teatro delle marionette, senza preoccuparsi della mancata influenza che il suo prodotto interno lordo, ancora importante, dovrebbe assicurarle, e senza temere che il suo immenso debito pubblico possa infrangere definitivamente qualsiasi sogno europeo. In un mondo e in un tempo diverso, venti o trent’anni fa per esempio, una crisi politica italiana non avrebbe comportato gran danni o, al massimo, avrebbe limitato i danni al solo Paese. Oggi, in un mondo globale interrelato e in un’Europa ormai suo malgrado unita, il rischio dell’instabilità politica italiana pesa come una spada di Damocle sulla testa di tutto il continente e forse dell’economia mondiale.
Per intenderci: se questa legislatura sarà infruttuosa e si tornerà a breve ad elezioni, si ripeterà a una scala più grossa, quanto è già accaduto l’anno scorso in Grecia, quando il voto di protesta portò la sinistra radicale ad una vittoria di Pirro, per lasciare successivamente il posto al debole governo attuale, sottomesso ai diktat tedeschi di Bruxelles. La tanto vituperata esperienza del governo Monti è stata, contrariamente a come viene ormai presentata, un episodio di coraggio e di forza a livello europeo, e ha rimediato nel più breve tempo possibile ai danni decennali del governo di centro-destra. Mario Monti ha fallito miseramente quando ha voluto fare il passo da tecnico a politico, distruggendo in poche settimane una credibilità costruita in mesi di governo e in decenni di esperienza professionale personale. Purtroppo questa trasformazione getta ombre su ogni ipotesi futura di governo tecnico.
Il capro espiatorio in tutta questa confusione è il PD. L’unico partito che si è prestato democraticamente ad ogni scelta (dalle primarie alle parlamentarie), che ha realmente rinnovato e ringiovanito il proprio organico all’interno di una struttura organizzata (e non dentro ad un nulla anarcoide alla maniera grillina), è quello che oggi si trova a pagare le colpe e gli abusi degli altri. Come non trovarsi spiazzati di fronte ai numerosi processi televisivi a Rosy Bindi o a Pierluigi Bersani, colpevoli di non essere andati al voto un’anno fa per senso di responsabilità di fronte al Paese? Se si puó denunciare questi responsabili politici di essere insipidi e incerti, non li si puó certo accusare di essere disonesti. Non bisogna dimenticare, ad onor del vero, che il PD paga innanzitutto una campagna elettorale debole e autoreferenziale, basata sulla certezza di vincere e sulla mancata comunicazione dei suoi reali programmi di governo.
Insomma una situazione nera, in cui tutti sembrano avere perso, perché l’ingovernabilità mette in pericolo il Paese nel suo complesso. Il fallimento è dietro l’angolo e non attende che il prossimo passo falso delle istituzioni italiane per dichiarare definitivamente l’Italia fuori da ogni ruolo europeo e mondiale. Se questo accadesse ci troveremmo nel peggiori dei scenari possibili e l’Italia sarebbe espulsa, volente o nolente, da un progetto europeo che, in ogni caso, non le sopravviverebbe.
Ma quella creatasi al parlamento si tratta anche di una situazione che, al contrario, ha assicurato un parlamento giovane e fresco, spogliato dei molti personaggi parassitari del precedente, e che può favorire svolte storiche. Una condizione che può avvenire solo e soltanto con una collaborazione PD-SEL-Movimento Cinque Stelle. Sebbene chi scrive considera che il voto a Grillo sia stato inutile e dannoso (l’ennesima dimostrazione, insomma, dell’incapacità degli italiani di votare), giunti a questo punto, e credendo nella buona fede dei deputati Cinque Stelle (culturalmente più vicini al centro-sinistra), la sola soluzione è quella di una collaborazione tra la coalizione Italia Bene Comune e il Movimento Cinque Stelle.
L’occasione è importante. Con la collaborazione tra queste forze politiche si possono finalmente porre le condizioni per cambiare definitivamente la legge elettorale, moralizzare il paese e la politica, semplificare le istituzioni, combattere il precariato, sviluppare l’industria verde, eliminare definitivamente Silvio Berlusconi dalla scena politica con una sacrosanta legge sull’ineleggibilità dei condannati ed una sul conflitto d’interessi. Le urgenze sono molte, gli argomenti non mancano (soprattutto nel campo del lavoro, della reindustrializzazione, della legalità). Ma per fare questo bisogna darsi un piano di governo generale, organizzato e coraggioso, non certo perdersi in stupide battaglie sopra ogni provvedimento che punteranno più a sventolare la bandiera NO-TAV che quella dei diritti sindacali e civili.
Insomma questa è l’ultima occasione. O il popolo italiano diventa adulto e prende con responsabilità in mano le redini del Paese, con la consapevolezza che le nostre scelte influenzeranno il presente dell’Italia, dell’Europa e il futuro dei nostri figli. Oppure preparatevi al peggio.