Dopo aver parlato delle primarie del centro-sinistra, medeaonline vi propone una riflessione su quanto sta accadendo nel centro-destra. Crediamo infatti sia importante riflettere su quanto sta avvenendo nel quadro politico italiano, in un momento particolarmente confuso e difficile della storia del Paese.
Berlusconi si ritira. Anzi no. E con lui tentennano i candidati alle ormai famigerate primarie del centrodestra previste per dicembre: un giorno si fanno avanti, il seguente si tirano indietro. Il balletto è un omaggio al capo di sempre, quello stesso Berlusconi in presenza del quale nessuno osa parlare di ricambio generazionale. Quanto è lunga l’ombra del Cavaliere sulla politica italiana? I membri del suo partito non si azzardano a fare chiarezza sulle posizioni di un (ex?)leader che, al momento, appare ancora papabile per la competizione elettorale della primavera 2013.
La vera svolta nel centrodestra avverrà, probabilmente, non quando Berlusconi annuncerà un ennesimo ritiro – forse di nuovo accompagnato da una pronta smentita; bensì quando i suoi storici sostenitori cambieranno radicalmente prospettiva politica. Dal malcapitato Alfano, spaesato più che mai, all’agguerrita Santanché, nessuno si immagina di poter andare oltre il leader fondatore salvo suo esplicito avallo: la destra italiana – ad eccezione di quella estrema – esiste con lui e per lui. Non in forza di ideali liberali secolari, dunque di una certa visione concretamente politica del mondo: il conservatorismo italiano si applica da due decenni esclusivamente alla carriera politica di Berlusconi. In sua assenza, emergerebbe il vuoto ideologico e programmatico in cui Forza Italia prima, la Casa della Libertà poi, infine il PDL hanno vissuto per un ventennio, ben nascosti dalla forza mediatica emanata dal capo.
La paura della destra, oggi, è la stessa che il centrosinistra nutre da qualche anno a questa parte: quella dell’elettorato. Il popolo, lo stesso che era preda della fascinazione berlusconiana, oggi, nel disincanto della crisi e di fronte al re ormai nudo, è un estraneo diffidente, da conquistare costruendo in extremis una struttura partitica autonoma dal capo, con un programma e degli obiettivi che non potranno più essere occultati dalla luminescenza del leader.
Quindi chi vuole Berlusconi in politica? Lui stesso, oppure i suoi fedelissimi? Di sicuro non l’elettorato, che in più di un sondaggio manifesta l’urgenza di un cambiamento serio, rigoroso. Nessuna demagogia spiccia, nessun Presidente del Consiglio piacione: nell’epoca Monti, tra le lacrime e il sangue che gli italiani stanno versando, la politica è chiamata a dare risposte allontanandosi dai palazzi e dagli echi dei festini. Mai più Ruby, ma anche tutto il resto: lo strascico di anni di processi e scandali può essere quanto se non più deprimente per il paese dello spread fuori controllo.
Nessuna presa di posizione partigiana: solo la constatazione che dal basso il clima è cambiato da un bel pezzo e che i piani alti della politica faticano ad accorgersene da subito. Per questo, nei salotti televisivi, si respira l’olezzo di discussioni stantie: se Berlusconi si ripresenti o meno alle prossime elezioni, è una questione che preoccupa esclusivamente i suoi collaboratori. I quali ben sanno che in sua assenza – ciò che più temono – dovranno fronteggiare la realtà: l’avanzata del Movimento Cinque stelle, la sfida Bersani-Renzi, l’eredità di Monti, la necessaria riconfigurazione dell’Europa, la crisi sempre più mordente. Che venga definitivamente chiuso il capitolo berlusconiano, e che anche la destra italiana inizi a scriverne uno nuovo.