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Davvero non ci sono parole per descrivere il silenzio imbarazzante del governo italiano e della Confidustria sul caso Omega-Agile-Eutelia. Quello che in televisione viene spesso descritto come un puro movimento sindacale finalizzato al mantenimento di posti di lavoro (finalità comunque non disdicevole), è in realtà l’ennesimo tentativo d’evitare la scomparsa di un comparto industriale dal nostro paese. “La vicenda Agile-Eutelia è molto particolare” dichiara Roberto Morassut del Partito Democratico. “L’Azienda è in crisi non per fattori legati alla ristrutturazione industriale e finanziaria internazionale che sta colpendo buona parte del tessuto industriale del Lazio. Quello che accade qui per l’Eutelia è molto diverso. In un gioco di scatole cinesi e di compravendite tra diversi soggetti, che va avanti da svariati anni, si è condotta al collasso, scaricandone le conseguenze direttamente sui lavoratori, un’impresa con un buon mercato pubblico di commesse nel settore IT e Telecomunicazioni e con una dotazione di ben 13.000 km di fibra ottica.” (fonte: pdlazio.it)

In questo contesto, il 16 novembre al teatro Valle di Roma è stato rappresentato CAMILLO OLIVETTI alle radici di un sogno
di Laura Curino e Gabriele Vacis, con Laura Curino, uno spettacolo teatrale che ripercorre la vicenda umana e professionale di Camillo Olivetti, il capostipite di una famiglia d’industriali italiani che, con innovazione, coraggio, intelligenza e idealismo hanno costruito un’azienda celebre nel mondo intero: un esempio di classe dirigente di cui oggi si ha grande nostalgia, un esempio di imprenditoria la cui parola d’ordine era “responsabilità”. Verso il prodotto, verso i dipendenti, verso il proprio paese, verso se stessi.

Lo spettacolo

Un luogo dove pittori e poeti dirigevano un’azienda, dove il genio architettonico di Le Corbusier concepiva case per operai, dove la cura dell’ambiente di lavoro era affidata tanto al designer quanto allo psicologo. Olivetti, questo era il nome di quel luogo e di quella famiglia, che dimostrò che il lavoro operaio può non essere sinonimo di alienazione, inquinamento, malattia. CAMILLO OLIVETTI alle radici di un sogno è la storia di quella famiglia e del suo capostipite, il pioniere, l’inventore, l’anticonformista capriccioso e geniale che fondò, agli inizi del Novecento, la prima fabbrica italiana di macchine da scrivere. È il racconto epico di un’avventura, avvincente, pieno di colpi di scena, di prove da superare, di lotte, di amori, di eroi.

Il nome Olivetti è da sempre legato al design italiano del XX secolo: basti ricordare la mitica “Lettera22”, la macchina per scrivere che accompagnava i grandi giornalisti, su tutti, Indro Montanelli. Ma Olivetti è stato anche sinonimo di industria dal volto umano. Laura Curino e Gabriele Vacis nel 1996 dedicano al fondatore dell’azienda Camillo un monologo (trasmesso anche sulla RAI due anni dopo) per “sollecitare la memoria”, per ricordare un uomo che è stato, usando le loro parole, “pioniere, inventore, anticonformista capriccioso e geniale” e che ha saputo creare un’azienda solida mettendo i bisogni dei suoi operai in primo piano.

Ora, a cento anni dalla fondazione della Olivetti di Ivrea (avvenuta il 29 ottobre 1908), lo spettacolo è tornato sui palcoscenici per continuare a parlare di questo passato che, purtroppo, non è più. Per farlo, la Curino dà voce a due donne vicine a Camillo: la madre, Elvira Sacerdoti, e la moglie, Luisa Revel, “protagoniste silenziose della formazione, e realizzazione, del sogno olivettiano”.

Una recensione di Wanda Castelnuovo (da teatro.org)
Naturale, spontanea, semplice, comunicativa, accattivante, entusiasta, coinvolgente, in una parola magicamente umana l’interpretazione che Laura Curino (Torino 1956) dà al testo – di cui è anche autrice – su Camillo Olivetti e sull’epopea di una famiglia che tanto ha fatto e ha dato alla cittadina in cui ha avuto la ventura di vivere: Ivrea. Sita a cavallo tra il Piemonte e la valle d’Aosta, Eporedia (come la chiamavano i Romani) è al centro di un territorio tradizionalmente vocato alla vite e al vino e nel 1868 dà i natali a Camillo Olivetti, personaggio eclettico e geniale. Di religione ebraica, ma fondamentalmente laico e dotato di una profonda religiosità umana, dopo avere conseguito la laurea in ingegneria all’Università di Torino, si dedica indefessamente alla ricerca e alla progettazione che daranno esiti straordinari e conosciuti in tutto l’orbe come la famosissima macchina da scrivere “Olivetti M 122”.
Deliziosa e decisa compagna di questa avventura umana la moglie di origine valdese (minoranza cristiana risalente al secolo XII poi conglobata nella Riforma Luterana). Ed ecco comparire i vari figli tra cui il piccolo Adriano che acquista man mano corporeità diventando personaggio che si prepara a sua volta a essere una stella di quel firmamento umano in cui Camillo si spegne nel 1943 a Biella – dove si era rifugiato per sfuggire alle leggi razziali promulgate dal fascismo – lasciando segni indelebili della sua opera.
Il racconto di questa vita operosa e attiva si dipana morbido e avvolgente attraverso le parole e i gesti della bravissima attrice/autrice che con un vivacissimo gioco interpreta di volta in volta personaggi maschili e femminili, grandi e piccoli e costruisce scene e dialoghi in un monologo che non annoia e che si vorrebbe non finisse mai tanto pare coincidente con la vita.
Uno spettacolo per grandi e piccoli per non dimenticare chi con operosità e passione ha dato vita a un’impresa il cui centenario ricorre nel 2008.

Laura Curino
Laura Curino (Torino, 26 gennaio 1956) nel 1974, insieme al regista Gabriele Vacis, fonda Laboratorio Teatro Settimo, compagnia di teatro di ricerca, con cui ha lavorato anche Marco Paolini. Attrice e drammaturga della compagnia torinese, con Passione interpreta il suo primo spettacolo di narrazione: la Curino si presenta per la prima volta sola in scena e interpreta tutti i vari personaggi della vicenda. Con Passione, e di seguito con gli spettacoli sull’epopea degli Olivetti, si afferma, insieme con Marco Baliani e Marco Paolini, come una delle voci più rappresentative della prima generazione del teatro di narrazione. Ascanio Celestini, Davide Enia, Mario Perrotta e Giulio Cavalli invece, possono essere ascritti alla seconda.
Al cinema, ha lavorato in “Nostos” di Franco Piavoli; “La seconda volta” e “Preferisco il rumore del mare” di Mimmo Calopresti,; “San Salvario” di Enrico Verra, “Cuore” di Maurizio Zaccaro. Nel 2004 ha partecipato con il video teatrale “Il conte Aigor” sulla vicenda di Igor Marini e lo scandalo Telecom Serbia alla trasmissione televisiva Report. (fonte: wikipedia)

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2 commenti
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Redazione

2 commenti

marco di mico 21 Novembre 2009 - 7:39

Caro, caro, caro Camillo,
sono uno dei tuoi ultimi lavoratori. O meglio, sono un lavoratore Agile-Omega, ma di quelli che ancora si possono vantare di essere stati dell’Olivetti. No, non t’illudere la tua azienda non esiste più. Dopo una serie di vendite e svendite è stata distrutta, smembrata, scarnificata, succhiata. E noi lavoratori con lei. Hanno preso tutto: gli immobili, le commesse, i nostri t.f.r. Scusami se uso il “tu”, ma fra morti penso sia lecito. In realtà io sarei ancora vivo, nel senso che il cuore batte ancora, ma dopo essere rimasto senza futuro e senza speranza, dopo quattro mesi senza stipendio, dopo che mi sono arrabattato adoperando i pochi risparmi, chiedendo prestiti, spendendo anche gli spiccioli dei figli. Dopo che non riesco più a sostenere lo sguardo della famiglia e a parlare ancora da padre. Dopo essermi illuso e disilluso cento volte al giorno per mesi, credimi: sono più morto io di te. Ci servirebbe un tuo aiuto dal cielo, perché, vedi, i nostri nuovi imprenditori sono esattamente il tuo opposto. Tu costruivi, loro distruggono. Tu ci davi benessere e sicurezza, loro se li prendono da noi. Pensa che mentre tu adoperavi il coltello per mangiare, loro se lo mangiano. Ti giuro, ho visto la foto di un nostro amministratore delegato che stringe fra i denti un coltello. Come dici? Non puoi far niente? Dobbiamo confidare nell’intervento della politica, delle Istituzioni, dello Stato? Allora aspettami che vado alla finestra e … arrivo!

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Nove 22 Novembre 2009 - 23:25

Caro Marco, condividiamo con te l’amarezza di dover constatare che il modello d’imprenditoria di Olivetti purtroppo non ha trovato eredi. La situazione oggi è desolante per tutti, soprattutto per i lavoratori, ma non bisogna perdere la speranza. Se potesse rispondere al tuo commento siamo certi che, un galantuomo come Camillo Olivetti, ti avrebbe spronato a non arrenderti allo sconforto e, soprattutto, a non vergognarti davanti a nessuno di essere quello che sei: un onesto lavoratore che fa di tutto per mantenere la sua famiglia. Ci rendiamo conto che, in casi simili, la solidarietà a parole conta poco, ma pensiamo anche che per i lavoratori sia importante tornare a confrontarsi per fare emergere, senza alcun “filtro”, la verità sulla condizione disastrosa del lavoro in Italia.
Ti siamo vicini.
La Redazione di Medeaonline

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