Cina antica, Cina moderna due realtà parallele che scorrono su binari diversi ma anche strettamente legati fra loro. Nel cuore di Pechino vecchia c’è odore di carne speziata e bollita a lungo, verdure saltate in padella rese lucide dalla salsa di soia, pesche giganti e i frutti del sesamo ancora verde, simili a palline biancastre. La nuova Pechino, invece, è figlia del Giochi Olimpici del 2008, che hanno reso la città più attrezzata e per molti verso occidentalizzata per le gare e hanno creato piste ciclabili utilizzate in modo caotico e francamente terrorizzante, non solo dai ciclisti ma soprattutto da carretti e motorini di ogni forma e dimensione.
È proprio nel cuore di questa antica modernità che si svolge il primo dramma che coinvolge un turista italiano, Nicola di Bari, ma che mi permette di capire molto meglio la mentalità e le … usanze del posto. Fa caldo, l’umidità è soffocante. Nicola e il suo gruppo stanno passeggiando nel villaggio olimpico, vicino alla stadio. Telecamere ovunque e poliziotti in divisa ma anche in borghese, cosí come spiega la guida. È un attimo, proprio come succede nei film: Nicola, affaticato dal caldo e dal jet lag che ancora incombe sui turisti arrivati da poco, appoggia lo zaino a terra e si allontana. Dentro c’e’ il passaporto suo e di sua moglie, mille euro in contanti, qualche effetto personale. Non se ne accorge subito, perché c’è un sacco di gente, si cammina a spintoni per andare a vedere il muro dove sono scritti tutti i nomi degli atleti che hanno vinto le medaglie e con orgoglio patriottico si cercano quegli italiani. Si sorride un po’ la testa vaga, finalmente si è in vacanza. Poi l’allarme. “Oddio lo zaino!” Nicola sbianca, la guida locale accorre subito, si vede che e’ preoccupata. Al di là del denaro, il problema sono soprattutto per i passaporti: senza di quelli Nicola e sua moglie non potranno andare da nessuna parte. Stop, fine della vacanza.
Mentre succede tutto questo, un capannello di gente si raduna intorno, chiede spiegazioni (ovviamente in cinese) alla guida, ci osservano stupiti, forse qualcuno anche con un po’ di pena e solidarietà, ma la situazione è disperata e non c’è via d’uscita se non provare a chiamare la polizia. Un poliziotto arriva subito, la guida lo mette al corrente, subito scuote la testa: no, non c’è niente da fare. Mentre cala un silenzio turbato nel gruppo degli italiani e i cinesi continuano a parlare a voce alta, arriva da lontano e con passo tranquillo un duomo. Indossa una polo verde, dei pantaloni color tortora, ma più che il suo abbigliamento colpisce l’aria posata, la postura lenta e silenziosa, senza sbavature. Si ferma accanto al gruppo e si rivolge al poliziotto con quelle che sembrano poche e secche parole. Immediatamente anche il gruppo dei cinesi ammutolisce e la guida si passa nervoso una mano fra i capelli.
Il poliziotto assiste ai fatti come fosse davanti ad un film: non parla, non interviene in nessun modo, semplicemente aspetta. Cosa aspetti lo capisco subito dopo: la guida, lo sguardo basso, la voce un po’ spaventata, dice che lo zaino è stato trovato, che non e’ stato toccato e dentro c’e’ tutto. Dice la cifra esatta dei soldi e il nome della carta di credito. Poi fa una pausa. Qualcuno gia’esulta, dà una pacca sulla spalla a Nicola, ma la guida dice subito: “no, fermi, non e’finita. Bisogna dare qualcosa per riavere tutto indietro. Meta’ della somma e subito. Nicola, fra il non avere nulla e riavere almeno i passaporti, accetta subito e in pochi secondi la folla si apre e arriva un altro uomo (il ladro? Ci chiediamo noi), che riconsegna lo zaino mettendolo a terra. È Nicola però che deve “ricompensare” di sua “spontanea” volontà il ritrovatore dello zaino. Cosí estrae il portafoglio e, davanti agli occhi del poliziotto conta la cifra pattuita: una parte viene subito intascata dal ladro, l’altra finisce nelle ampie tasche dell’uomo della polo verde.
Il viaggio continua…