Pubblichiamo la lettera, redatta dalla Facoltà di Ingegneria dell’Università de La Sapienza di Roma, indirizzata alle famiglie degli studenti. Ecco il testo.
Consiglio di Facoltà di Ingegneria de La Sapienza di Roma, del 27.10.2008, approvata all’unanimità.
Care famiglie,
le recenti vicende legate al mondo dell’Università inducono docenti e studenti della Facoltà di Ingegneria della Sapienza ad informarvi su quanto sta accadendo. Il decreto legge n.112 convertito con la legge n.133 il 6 agosto scorso avrà effetti devastanti sull’Università e la ricerca. Richiamiamo la vostra attenzione su tre provvedimenti della legge 133.
Taglio del fondo di funzionamento ordinario delle università per un totale di 1.500 milioni di euro nei prossimi 5 anni. E’ evidente la volontà di emarginare l’Università pubblica, rendendo ancora più difficile di quanto non sia oggi svolgere al suo interno attività di ricerca e di didattica di qualità; di indurre gli atenei (e di fatto costringerli) ad innalzare pesantemente le tasse di iscrizione e a selezionare di fatto gli accessi degli studenti alla formazione universitaria sulla base del loro reddito familiare.
Drastica riduzione delle assunzioni. Negli anni 2009, 2010 e 2011 il numero delle unità di nuovo personale docente non potrà eccedere il 20% delle unità cessate nell’anno precedente. Viene compromessa la legittima aspirazione dei giovani studiosi ad intraprendere la strada della ricerca e dell’insegnamento universitario. Al tempo stesso si verificherà un impoverimento del patrimonio di conoscenze e competenze dell’Università, di conseguenza dell’intero Paese, ed un ulteriore insensato invecchiamento del corpo docente.
Possibilità di trasformazione delle università pubbliche in fondazioni private. Un patrimonio comune di conoscenze e di sviluppo potrà essere sottratto alla collettività e trasferito nelle mani di interessi privati. Sarà compromesso il diritto allo studio, o meglio lo studio come diritto secondo il dettato costituzionale. L’ingerenza di interessi privati limiterà la ricerca libera, presupposto indispensabile di ogni effettivo cambiamento, e renderà difficile la ricerca di base che ha prodotto alla Sapienza eccellenze di fama mondiale.
Come pretesto per tali operazioni vengono usati scandali giustamente denunciati dalla stampa e dai media. Casi intollerabili di nepotismo, o fenomeni gravi di illegalità nei concorsi e nelle assunzioni, hanno macchiato gravemente l’immagine dell’Università italiana. Ma questa giusta denuncia crea una grave distorsione della realtà. La nostra Università è composta in grandissima parte di docenti di valore che si dedicano con passione alla ricerca e all’insegnamento. I risultati spesso straordinari che professori e studenti raggiungono sono tanto più degni di nota quanto più ottenuti in un contesto di forte precarietà di risorse e di servizi.
I genitori affrontano spesso pesanti sacrifici pur di consentire ai propri figli di continuare gli studi superiori nella speranza di garantire loro una prospettiva di lavoro qualificato e dignitoso. Negli ultimi anni le nostre Facoltà hanno dovuto fare fronte ad una crescita straordinaria di domanda di istruzione che è anche un segno di vitalità della società italiana. Tanti giovani che in passato entravano precocemente nel mondo del lavoro, oggi continuano gli studi migliorando la loro preparazione e formazione. Ma ad essi spesso non sono assicurate aule dignitose, biblioteche, spazi per gli studi. Se le norme attualmente in discussione verranno definitivamente approvate, non verrà assicurato loro neanche un personale docente adeguato, per numero e qualità.
Questa drammatica condizione dell’Università contrasta fortemente con la recente ratifica del Trattato di Lisbona da parte del Parlamento italiano. Il trattato impegna gli Stati firmatari ad incrementare i finanziamenti per la ricerca e l’insegnamento superiore, fissando come obiettivo un finanziamento pari al 3% del PIL, ben lontano dall’attuale 1% destinato all’Italia, già notevolmente inferiore alla media europea.
Per tutto questo crediamo che i problemi dell’ Università non riguardino solo docenti e studenti. Sono problemi anche delle famiglie. Attengono la formazione delle nuove generazioni e dunque l’avvenire stesso del nostro Paese.
Un Paese che non investe sul proprio futuro è un Paese condannato al declino.
Fonte: Facoltà di Ingegneria dell’Università de La Sapienza