e il dragone rappresentano rispettivamente l’Impero Romano e quello Cinese delle dinastie Qin e Han (nel periodo che va dal II secolo a.C. al IV secolo d.C.). L’aquila ad ali spiegate accoglie il visitatore all’inizio della mostra al Palazzo Reale di Milano, spiccando da un blocco di marmo candido dei Musei Capitolini; il dragone compare molte volte lungo l’esposizione: sulle sete damascate, sugli ornamenti degli oggetti in lacca, sugli intarsi di legni pregiati e in uno splendido lasciapassare in bronzo e oro della dinastia Han Occidentale (206 a.C.-9 d.C.).
La mostra – che inaugura l’anno della Cina in Italia, e che, dopo Milano verrà riproposta a Roma – è stata curata, per la parte italiana, da Stefano De Caro, Direttore Generale per i Beni Archeologici del MiBAC, e per la sezione cinese da Xu Pingfang, Responsabile dell’Istituto di ricerca archeologica dell’Accademia Cinese di Studi sociali e Direttore della Società Cinese di Archeologia.
Obiettivo dell’esposizione, che presenta 450 capolavori italiani e cinesi, e per la cui organizzazione hanno collaborato 50 musei di tutto il mondo – di cui 36 cinesi, con opere e reperti prestigiosi, alcuni dei quali classificati come tesori nazionali –, è quello di accostare, per la prima volta a un livello così alto, le strutture sociali dei due Imperi, investigarne i rispettivi ambiti politici ed economici, e le influenze di entrambi sulle civiltà d’Oriente e Occidente. Si vedrà come in condizioni storiche e geografiche del tutto peculiari, due grandi culture abbiano sviluppato esiti ora del tutto diversi, ora simili, differenti nelle forme esterne, ma affini nella struttura funzionale.
Per la prima volta vengono qui accostati due i Imperi di pari dimensioni (controllavano direttamente circa quattro milioni di chilometri quadrati di territorio) e pari popolazione (circa tra i 50 e i 60 milioni di abitanti: circa metà dell’umanità) con burocrazie simili, divisi in un numero paragonabile di entità amministrative e con strutture militari enormi, ed entrambi si consideravano al centro del mondo, di tutto il mondo, rispettivamente dell’Orbis Terrarum e del Tianxia (“tutto quello che sta sotto il Cielo”).
Seguendo un ideale percorso storico artistico realizzato per tappe tematiche, la mostra presenta l’evoluzione della civiltà cinese in quel periodo di grande complessità e splendore in cui si plasmò e consolidò il primo grande impero e la capillare struttura amministrativa che ha avuto continuità per oltre ventuno secoli. Il primo Imperatore, Yin Zheng (259-210 a.C.), riuscì, grazie anche al suo eccezionale talento politico e militare, a unificare tutti i territori cinesi, fondando, nel 221 a.C., il primo impero della storia cinese: appena tredicenne, egli salì al trono con il titolo di “Qin Shi Huangdi”, primo “Augusto Imperatore”.
La mostra gli dedica un’intera sala, dove è riprodotto, in pianta, il suo mausoleo, rimasto inviolato per più di duemila anni: in un parco di 56 kmq, con luoghi di culto e residenze per gli addetti alle cerimonie sacre e alla manutenzione, le 4 fosse principali e le 180 fosse di accompagnamento individuate finora contengono migliaia di statue (si stima circa 8000): l’imponente armata di terracotta, statue in grandezza naturale, che riproducono le diverse etnie dell’impero. In mostra sono presenti un ufficiale di alto rango, un balestriere inginocchiato, un cavaliere con il suo cavallo bardato, un militare di fanteria leggera, due militari di fanteria pesante, un auriga, un ufficiale corazzato, tutti provenienti dal Museo dei Guerrieri e dei Cavalli di Terracotta dell’Imperatore Qin Shi Huangdi a Shaanxi. Altre fosse del mausoleo, meno imponenti, contengono statue di funzionari civili (un funzionario di terracotta è in mostra, con cote e coltellino appesi alla cintura, per preparare le tavolette di legno sulle quali scrivevano utilizzando un pennello intinto nell’inchiostro), scribi, stallieri, ginnasti, musici, e altre ancora contengono riproduzioni in bronzo di animali (come le raffinatissime statuine in bronzo della processione funeraria di carri e cavalli risalenti alla Dinastia Han Orientale, 23-220 d.C.), raffinati manufatti, suppellettili e armature (splendida l’armatura funebre in tessere di calcare della Dinastia Han Occidentale, 206 a.C.-9 d.C.).
Contemporaneamente, agli antipodi dell’Eurasia, Roma, nella sua epoca imperiale, rappresentava in assoluto la potenza dominante a livello politico, economico e militare nel mondo civilizzato occidentale, divenendo epicentro, altresì, della produzione artistica e culturale. Nel percorso tra le diverse tappe tematiche, si scopre che le tangenze fra civiltà apparentemente distanti non sono poche, e l’esposizione si snoda in un viaggio articolato e stratificato fra lo “strano” e il “familiare”. Le statuine funerarie cinesi in bronzo ricordano molto quelle in terracotta dei lari romani, come anche piuttosto simili sono le armi.
Molto diverse, invece, le monete. Prima dell’unificazione, circolavano nell’Impero cinese quattro tipi di monete, tutti presenti in mostra: a coltello e a vanga (per la loro sagoma), tipo cauri e circolari; queste ultime, con un foro quadrato al centro per infilarle in una corda, rimasero in circolazione per tutto il periodo imperiale, e fino all’inizio del XX secolo. Nell’Impero romano circolavano monete in bronzo e in argento, di diversa valuta (a seconda del metallo e della grammatura), ma sostanzialmente simili nella forma (circolare), e con l’effigie dell’imperatore sul fronte, e di una divinità sul retro.
Entrambi gli Imperi sono dediti al culto di svariate divinità, ma il pantheon dei romani risulta decisamente più popolato e più raffinato, anche grazie alla ricca mitologia e alla diffusione della scultura marmorea, ma soprattutto perché fondamentale, per i romani, era ingraziarsi gli dèi per ogni attività che si doveva svolgere: la famosa “Pax Deorum” (benevolenza degli dèi). Il maestoso gruppo statuario in mostra conta ben dodici statue in marmo di diverse divinità (tra le quali Ercole, Iside, Dioniso) assieme ad un rilievo votivo del I sec. d.C., tutti provenienti dai Musei Capitolini, e una raffinatissima statua di Adone in marmo di Carrara del II sec. d.C. dal Museo Archeologico di Napoli.
Anche il culto dei morti è presente in entrambe le culture imperiali: in quella cinese raggiunge un altissimo livello estetico già con la dinastia Han Occidentale (206 a.C.-9 d.C.), di cui è in mostra un prezioso sarcofago in legno lacca e giada, proveniente dal Museo di Xuzhou: 2095 tessere di giada, tagliate in varie sagome e da blocchi di diaspro di diversa provenienza e di colori diversi creano un magnifico effetto cromatico, rendendolo un reperto unico nel suo genere. Nell’epoca della dinastia Han Orientale (25-220 d.C.) il culto dei defunti aggiunge nuovi elementi al corredo funerario, come mostrano, ad inizio del percorso espositivo, la Stele di Fetzhi e un sarcofago decorato con scene narrative e ornato di pavoni; nella sala dei Tessuti: un corredo funerario con drappo in broccato di seta dipinta; nella sala delle Giade: una veste funeraria in giada e oro e, sempre in giada (considerata simbolo del potere religioso e politico, essendole attribuite elevate proprietà magico-sacrali, tali da renderla un tramite privilegiato tra la sfera terrena e quella divina): maschere funerarie, pettorali, monili. L’Impero romano presenta, nella sezione “Sepoltura”, urne e olle cinerarie del I sec. d.C. in marmo e vetro, e un sarcofago in marmo scanalato del II sec. d.C.
Interessante è il raffronto tra i modelli architettonici dei due Imperi. Il modello architettonico dell’Impero cinese – rimasto in auge per tutto il periodo imperiale – tutto “esterno”, proiettato verso l’alto da una serie di mensole a bracci sporgenti, incastrate una sopra l’altra per sostenere la struttura sovrastante in aggetto (come mostrano i modelli di torre in terracotta invetriata e quello di un edificio a 5 piani in terracotta e pigmenti, entrambi provenienti dall’Istituto di Archeologia dello Henan). Il modello architettonico dell’Impero romano, invece, oltre ad essere molto decorato all’esterno, lo è anche all’interno: dotati di mobilio ridotto ed essenziale, le stanze delle domus romane erano abbellite con affreschi e sculture evocanti scene bucoliche e soggetti mitologici e letterari, spesso di derivazione greca. In mostra sono presenti uno splendido paesaggio fluviale (I sec. d.C.) e un affresco con Alcesti e Admeto (I sec. d.C.) entrambi provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli; un affresco di fenice con pavoni (I sec. d.C.) da Pompei; un mosaico colorato con Eracle e amorini (I sec. a.C.) dai Musei Capitolini, e una grande pittura parietale di secondo stile pompeiano (I sec. a.C.).
Forse ciò che più rivela le differenze tra le culture dei due Imperi sono le sezioni cinesi “Mappe” (con una mappa amministrativa ad inchiostro su legno della dinastia Qin, che dimostra l’elevato livello raggiunto dalla cartografia già agli inizi dell’Impero, segnalando chiaramente, con simboli grafici standardizzati, nomi di luoghi, catene montuose, vallate, fiumi e passi), “Tessuti” (con l’unificazione del Paese, l’industria serica raggiunse altissimi livelli di sviluppo, sia in quantità che in varietà: taffetà, damaschi e broccati, spesso impreziositi da ricami) e “Il Cosmografo” (costituito da una parte quadrata, la Terra, e una circolare, il Cielo, con l’Orsa Maggiore al centro, era uno strumento divinatorio impiegato per studiare il movimento dei corpi celesti, attraverso il quale il Cielo comunicava con il proprio figlio, l’Imperatore: in mostra un cosmografo in bronzo della dinastia Han Occidentale). Queste sezioni rappresentano altrettanti livelli di sviluppo “tecnico-scientifico” della società dell’Impero cinese.
Per contro, le sezioni “Panem et Circenses”, “Spettacoli e giochi pubblici” (con statua di giovane pugilatore della metà del I sec. a.C., dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e una lastra campana in terracotta, di età augustea, con raffigurati gladiatori e belve, dal Museo Nazionale Romano), “Theatra” e “Otium” testimoniano, oltre che l’attenzione e la considerazione dell’Imperatore per il popolo (prova ne sia la cittadinanza romana, oculatamente amministrata e perciò considerata un vero e proprio privilegio, come dimostra il decreto di Gneo Pompeo Strabone, su lastra bronzea, risalente all’89 a.C., con il quale essa viene attribuita a cavalieri ispanici in virtù dei servizi militari resi a Roma), anche una differente concezione dei piaceri della vita da parte dei nostri antenati.
- Informazioni sulla mostra:
I DUE IMPERI. L’AQUILA E IL DRAGONEMilano, Palazzo Reale
– Piazza Duomo 12, Milano
16 aprile – 5 settembre 2010
Orari :
lunedì 14.30–19.30
martedì/mercoledì/venerdì/domenica 9.30-19.30
giovedì e sabato 9.30–22.30
*Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura della mostra
Biglietti:
€ 9 intero
€ 7,50 ridotto convenzioni
€ 4,50 ridotto speciale scolaresche
Informazioni e prenotazioni: 02 54910 www.ticket.it/imperi
sito: comune.milano.it
- Fonte: mostreinmostra.it