Arriva a Roma la mostra Jean-Michel Basquiat – Scacciando fantasmi, che ha aperto nelle sale della Fondazione Memmo in Palazzo Ruspoli il 2 ottobre 2008, dopo una tappa estiva a Santander. Un esposizione che presenta al pubblico più di 40 opere provenienti da Germania, Belgio, Francia, Italia, Austria, Svizzera e Stati Uniti, tra cui alcune realizzate in collaborazione con Warhol e Francesco Clemente, oltre dieci opere presentate per la prima volta al pubblico, e 5 fotografie inedite di Michael Halsband.
La mostra comprende un insieme rappresentativo di opere incentrate soprattutto sulla visione frammentata che l’artista aveva del corpo umano. Dalla fine degli anni 70 quando si firmava con l’acronimo SAMO “SAMe Old Shit” (letteralmente la solita vecchia merda) fino alla precoce morte nel 1988. Basquiat dipinse soggetti che affermavano il carattere precario dell’esperienza urbana: corpi scheletrici, figure nere, immagini che affondano le radici nel paesaggio della sua giovinezza (auto, aerei, grattacieli, poliziotti, giochi infantili, disegni animati e comics, graffiti, saturazione di simboli come © o la corona), a cui sarebbero seguite poco dopo composizioni più dense realizzate su tele collocate su rudimentali telai visibili.
Per Basquiat, un incidente all’età di sette anni, seguito dallo studio con grande interesse dell’Anatomia di Gray, “diedero forma a una visione della personalità umana come qualcosa di fratturato e frammentato. Questa frammentazione fa anche riferimento all’alienazione vissuta da un nero nella società razzista che più tardi lo avrebbe accolto con la stessa rapidità con cui lo avrebbe respinto qualche anno dopo, quando la dipendenza dalla droga lo fece diventare persona non grata tra la maggioranza dei galleristi e collezionisti”, come spiega il curatore Olivier Berggruen.
Le opere di Basquiat presentano un’aggregazione spontanea di vari elementi visuali, spesso senza correlazione, eppure chiaramente dichiarativi e narrativi nel carattere. Le superfici pittoriche sono fluide, mai statiche ma scivolose, in un modo che rivela l’ammirazione di Basquiat per Cy Twombly (uno dei pochi artisti di cui riconobbe l’influenza). La presentazione aperta e destrutturata che l’artista dà della realtà è caratterizzata dall’ironia e dallo sfasamento; alcuni temi ricompaiono regolarmente, simboli di un’innocenza perduta: la corona, eroi neri (Hank Aaron, Charlie Parker), modelli culturali di vita urbana, essenzialmente nera; le scritte sbarrate e i simboli lapidari denotano un senso di ambiguità.
Il corpo, costantemente evocato, si trasforma in una idea, una traccia di una presenza spettrale che si trasmette attraverso l’energia fisica che caratterizza l’artista. L’immagine del “corpo” si presenta inizialmente come quella dell’artista stesso, sotto varie sembianze e in termini anatomici. Successivamente si può intendere come “corpo scenico”, o “corpo recitante”: il cosiddetto “graffitismo”. Si osserva anche nel suo interesse per le immagini di grandi musicisti e sportivi: non si tratta solo della loro “fama”, ma della capacità di trasmettere qualcosa di spontaneo, che al tempo stesso risulta sublime.
Nelle parole di Berggruen, l’artista rafforza la sua presenza attraverso l’evocazione di frammenti, un modo per “scacciare i fantasmi” frase prediletta che compare in almeno tre dei sui quadri. La presenza schiacciante di creature somiglianti a zombie che sembrano tornati dal mondo dei morti, i resti di scritte, a volte cancellate e altre volte incise nella tela con forza inaudita, affermano la particolare situazione di Basquiat nel cercare di superare l’abisso che esiste tra la fugacità della vita e la riaffermazione attraverso il gesto del pittore.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo illustrato completo, con saggi di Olivier Berggruen e Francesco Pellizzi.
Il curatore della mostra, Olivier Berggruen, è viceconservatore della Schirn Kunsthalle di Francoforte. Tra le altre cose si è occupato di organizzare importanti mostre sui collage di Matisse e sull’opera teatrale di Picasso, oltre a retrospettive su Yves Klein ed Ed Ruscha.
Cenni biografici
Jean-Michel Basquiat (New York 1960-1988) crebbe in un ambiente familiare disgregato, lasciò presto la scuola e già nel 1977 si iniziò al mondo dei graffiti, dipingendo sui vagoni della metropolitana e in alcune zone di Soho. I suoi dipinti e le sue scritte avevano grande carica poetica e filosofica, ma soprattutto satirica. Lo pseudonimo SAMO, sigla di “same old shit”, con cui firmava quando dipingeva tag e graffiti, con messaggi criptici, fu decisivo nella sua vita.
La prima mostra di Jean-Michel Basquiat fu allestita nel 1980 in un magazzino abbandonato di New York e presentò opere d’arte realizzate da artisti punk e graffitisti. Le opere del “wild child” furono presto apprezzate dai collezionisti, ma il suo riconoscimento divenne ancora maggiore quando lavorò con Andy Warhol nel 1983 – 1984. Morì a 27 anni per overdose di eroina.
Informazioni sulla mostra
Titolo: Jean-Michel Basquiat. Fantasmi da scacciare
Ente organizzatore: Fundación Marcelino Botín Fondazione Memmo
Curatore: Olivier Berggruen
Curatore associato – Schirn Kunsthalle, Francoforte
Sede espositiva: Fondazione Memmo – Palazzo Ruspoli
Roma, Via del Corso 418
Allestimento a cura di: Giuliano Spinelli
Lighting design: Claudio Zamarion
Catalogo: Skira
Fonte: info.roma.it