Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario del futurismo, anche una mostra sulla video-art può riservare inaspettate sorprese dedicando una piccola ma densa sezione ad un artista fondamentale per l’avanguardia nostrana come Giacomo Balla: è il caso di Teatri Possibili. Percorsi visivi, simmetrie e affinità dall’epoca barocca alla video-art, a cura di Andrea Busto, allestita nei locali recentemente restaurati di Palazzo Ferrero a Biella (5 aprile-28 giugno 2009).
Balla esordisce a Torino dove frequenta l’Accademia Albertina (1891), ma presto si trasferisce a Roma, città in cui, reduce da una breve parentesi parigina, incomincia ad esporre le sue opere (1895). Dopo le prime prove di sapore accademico, fa propria la tecnica divisionista attraverso la quale si esprime con particolare vigore, specialmente nelle opere di soggetto sociale che esegue dopo aver conosciuto l’eclettico e multiforme Duilio Cambellotti.
L’incontro con Filippo Tommaso Marinetti lo coinvolge nella poetica futurista: è firmatario del Manifesto dei pittori futuristi del 1910 e da questo momento esegue opere attraverso le quali indaga nella fattispecie i rapporti luce-colore (si veda la serie delle Compenetrazioni iridescenti, 1912) e tende a fissare le forme in movimento tramite sequenze ispirate alla successione dei fotogrammi delle pellicole cinematografiche (si veda Bambina che corre sul balcone, 1912, Milano, Civica galleria d’arte moderna oppure Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery).
Attivo partecipe delle manifestazioni avanguardiste promosse da Marinetti e dai suoi seguaci, nel 1915 firma con Fortunato Depero il manifesto Ricostruzione futurista dell’universo e comincia ad interessarsi sempre più convintamene alla decorazione, propugnando l’idea che l’arte debba riplasmare l’ambiente nella sua totalità.
I dipinti di Giacomo Balla (alias Futurballa), generalmente strutturati secondo un ordine visivo rigorosamente bidimensionale, sono caratterizzati da un complesso incastro di sagome e profili curvilinei oltre che dall’avvicendamento di tonalità fredde e antinaturalistiche e di cromie più calde e suadenti. L’andamento ritmico delle composizioni è rafforzato dal rispetto del principio per cui a ogni interferenza di forma corrisponde una modificazione del colore: nella fattispecie, lo studio delle variazioni cromatiche risulta particolarmente apprezzabile in opere come Compenetrazione iridescente n. 7 (1912, Torino, Galleria d’arte moderna), in cui alcune serie di triangoli incuneati sembrano formare sequenze di poliedri allungati, disposti dinamicamente in verticale.
Nella mostra biellese, nove opere del pittore (Bandiere d’Italia, tempera su cartoncino; Motivo di ricamo per vestaglia della principessa di Bassiano, 1918, tempera e matite colorate; Linea di velocità+paesaggio+vortice, 1914, pastelli su carta; Disegno futurista, 1920 c.a, matite e grafite su carta; Quattro studi di movimento, 1916 c.a, matita su carta; Paesaggio+festa, 1918, collage su tavola; Velonde, 1919, tecnica mista su tavola; Stilizzazione floreale, tempera su cartoncino; Motivo decorativo floreale, 1924-25, tempera su cartoncino) provenienti tutte da collezioni private, sono esposte in un dialogo di derivazione, contaminazione e continuità squisitamente artistica con alcune sperimentazioni contemporanee esemplificate dal video Terminal at last (Terminal 3) (2003) di Tim White-Sobieski, esponente di punta della video arte sperimentale americana capace di rivisitare, sottoforma di immagini digitali e cibernetiche, le compenetrazioni formali e coloristiche dell’esperienza futurista. La sua fama è connessa in particolare alla produzione di video che mescolano realtà e immaginazione e che, talvolta, si presentano come vere e proprie opere astratte create attraverso l’uso di immagini in movimento.
Nell’opera esposta in mostra, il flusso di coscienza per mutevoli configurazioni ricorda le sembianze liquide e nebulose di quel “rumore di fondo” che si forma sulla retina dell’occhio quando le palpebre sono chiuse: un gioco di magia che evoca il lato onirico e inconscio dell’uomo, che l’artista ricrea con la sua abilità tecnica e con l’ausilio di una musica studiata per accompagnare le suggestioni visive reiterate in loop. Quest’autoreferenzialità dell’opera che nasce, muore e risorge continuamente in se stessa ricorda i primi esperimenti dei pionieri della video-arte e in particolare alcune opere di Joan Jonas e Peter Campus. Il titolo del video evoca ricordi drammatici legati all’11 settembre 2001 e l’artista, testimone oculare del disastro aereo, non può non aver introiettato per osmosi nella sua poetica alcune scorie di quella traumatica esperienza. Le immagini virtuali che si compenetrano in un magma indistinguibile e poi si separano “per gemmazione” per poi incontrarsi e rifondersi lungo scie luminose, ricordano il brulichio vitale che si osserva attraverso il microscopio nelle analisi scientifiche delle sostanze organiche così come immaginifiche rappresentazioni di universi paralleli e galassie inesplorate del cosmo.
Luca Morosi – 2009 (distribuito con Creative Commons)
Informazioni:
Sede della mostra: Palazzo Ferrero
Indirizzo: Corso del Piazzo 25 13900 Biella
Orari: da martedì a giovedì ore 15 – 19 venerdì 15 – 22
sabato e domenica 10 – 19
Ingresso gratuito
Telefono 015 4507212/213 – 015 35071
Numero verde 800 329 329
email: palazzoferrero@comune.biella.it