Vogliamo parlare di Cesare Battisti? Veramente no, ma pare che l’argomento non si possa proprio evitare. Anche se le rogne contingenti non ci mancano (e probabilmente ci condurranno tutti alla rovina) il caso Battisti è prioritario.
Battisti è il protagonista di una vicenda giudiziaria che dura dagli anni ’70, una storia di terrorismo rosso, di evasioni e di fughe all’estero. Per completezza di informazione vi proponiamo tutti e due i punti di vista sulla vicenda, quello contro e quello pro: questo è il resoconto dell’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo e questo è il resoconto del caso Battisti curato dalla redazione di Carmilla on line. È stato condannato in contumacia (ufficialmente si è rifiutato di difendersi, ma c’è chi – come la scrittrice francese Fred Vargas – sostiene che la possibilità di difendersi gli sia stata negata) all’ergastolo per quattro omicidi, rapine e sequestro di persona.
Fino ad ora Cesare Battisti ha sempre schivato la giustizia italiana e, a quanto pare, continuerà così ancora per un po’. Esulta (con prudenza) il fronte di intellettuali italo-francesi che, in tutti questi anni, non ha mai abbandonato Cesare Battisti (tra cui troviamo anche Bernard Henry Levy che ha così riassunto le ragioni della sua difesa). “Bene”, pensano gli italiani, disoccupati, impoveriti, sfiduciati: “un altro compatriota che si rifiuta di presentarsi di fronte alla Giustizia italiana”. Comportamento alquanto diffuso nel Bel Paese, si direbbe.
Non c’è da stupirsi, ormai la Magistratura in Italia ha la possibilità di processare, assolvere o condannare solo i poveri diavoli, quelli che non hanno soldi per pagarsi difensori illustri, non hanno amici influenti e famosi a perorare le loro cause e non hanno neppure modo di scappare in Francia o in Sudamerica come perseguitati politici.
Populismo demagogico? No, sfinimento generazionale. Hanno ragione gli osservatori brasiliani: c’è, nel nostro Paese, una rinascita del fascismo, ma di un fascismo sottile, meschino, quello che vuole i poveri silenziosi e sottomessi e i ricchi padroni di tutto e intoccabili (ricchi o solo famosi non importa, comunque VIP – un pensiero commosso al Marchese del Grillo…). Contro questo fascismo oggi stanno combattendo gli studenti e i lavoratori italiani che, con la lotta armata degli anni di piombo, non vogliono avere più nulla a che fare. E lo dicono quotidianamente nei loro cortei: non vogliono un paese rivoluzionario, vogliono un paese normale, efficiente, meritocratico, non volgare, cosciente del suo ruolo e della sua storia. Insomma un paese di cui essere fieri. Basta.
Scusateci maestri della rivoluzione, ma noi (e con “noi” intendo le generazioni di italiani che oggi studiano in condizioni assurde o che lavorano sottopagati e cioè gli under 45, più della metà della forza di lavoro potenziale, quella che dovrebbe contribuire al PIL e alla ripresa, e invece è condannata alla precarietà e alla disoccupazione), ribadiamo NOI siamo un tantino occupati a salvare l’Italia di OGGI, quella che avete contribuito a devastare con le vostre dispute ideologiche (che poi, nella maggior parte dei casi, si sono tradotte in cospicui vitalizzi e incarichi ben retribuiti. Voi i mille euro al mese non sapete neppure cosa sono, vero?).
VOI siete sicuramente meglio di noi, non ne discutiamo neanche, ma avete avuto il vostro momento e avete fallito: ora, gentilmente, levatevi dalle scatole. Il Brasile vuole tenersi Cesare Battisti? Bene, se lo tenga. Basta che questa vicenda si chiuda qui, non ci raccontate più la favola del rivoluzionario perseguitato dai cattivi che scappa per il mondo. Noi ora qui dobbiamo occuparci d’altro. Di cose più urgenti.
Per cortesia, non parlateci più di quanto e come avete lottato per garantirci i diritti che poi noi non abbiamo saputo difendere. Non abbiamo tempo per starvi a sentire perché dobbiamo resistere alla devastazione di un Paese e vogliamo avere metodi di lotta diversi dai vostri. Non siete voi il nostro modello di riferimento, sono gli italiani che vi hanno preceduto, i partigiani rossi e bianchi che si riunivano e lottavano insieme per il bene della povera gente. Sono i nostri nonni, che hanno fatto un paese dalle macerie con le loro braccia, di operai, falegnami, panettieri, minatori, impiegati modello, professionisti e imprenditori seri.
Cesare Battisti voleva fare la rivoluzione proletaria, noi vogliamo fare la lotta di liberazione dai parassiti che, dal dopoguerra a oggi, soffocano il nostro Paese. Vogliamo opporre al fascismo dilagante una disobbedienza pacifica e intransigente che è l’unica forma di antifascismo possibile oggi in Italia. Siamo degli illusi? Sicuramente, e questa è l’unica cosa che ci accomuna. Si goda la sua latitanza brasiliana, signor Battisti, le auguriamo ogni bene.
E non vengano i filogovernativi a organizzare manifestazioni utili solo a non far parlare i telegiornali delle cose serie! Vi ricordate che ogni giorno, in questo paese, chiudono fabbriche, aumenta la disoccupazione giovanile (sì, quella degli under 45, come si diceva prima), avanza la povertà, si rafforzano le mafie, si evadono le tasse come fosse uno sport nazionale? Ma lo sapete che l’Italia che abbiamo davanti non è quella dei post-fascisti e dei post-comunisti ma un paese multiculturale e multietnico che deve affrontare sfide europee e globali? Cari Filogovernativi, proverete a governare con tre voti, come la legge vi consente, o creerete l’ennesima notizia per parlar d’altro, pur di tirare a campare?
Il rispetto per i morti degli anni di piombo? Nella vicinanza alle famiglie, nel perdono, nella fiducia verso la giustizia italiana. Non certo in manifestazioni strumentali.
Per inciso e per chiarire meglio la situazione: noi non abbiamo le tessere dei partiti, come avete fatto voi nel ’68, e non ci riuniamo neppure in gruppi di lotta extraparlamentari, non ci interessano le tessere rosse o nere che siano. Ormai l’unica tessera che ci sentiamo di avere è quella dell’Anpi, perché quello che dobbiamo fare lo vogliamo fare con fermezza, in silenzio e per bene come sapevano fare i nostri nonni.