Giuseppe Genna è uno scrittore milanese, classe ’69 anzi, sarebbe meglio dire uno scrittore milanese fuoriclasse. Molti di voi lo conosceranno per Hitler un libro che Franco Cordelli sul Corriere della Sera ha definito «forsennato e, più precisamente, un allucinato libro di storia allucinatoria». Non dimentichiamoci poi anche il suo imponente e stupefacente (credetemi e se non mi credete constatate di persona) Dies Iræ. Potrei cominciare un lungo elenco di libri da consigliare, ma rischierei di annoiarvi, quindi – facendo un inqualificabile torto ai titoli esclusi – mi fermerò qui. Il primo titolo che ho citato, Genna l’ha pubblicato con Mondadori, il secondo con Rizzoli: solo due dei tanti editori che hanno avuto l’onore di annoverare nei loro cataloghi questo nomade della letteratura. Arriviamo al dunque, al motivo per cui ho scritto questo post su Genna: un nuovo editore dovrà vedersela col “miserabile” autore. Questa volta tocca a Einaudi. Genna ha firmato un contratto per due romanzi con Einaudi Stile Libero e i primi a saperlo sono stati i suoi lettori (Giuseppe Genna ha un suo canale twitter e un blog).
La Repubblica dei Lettori. Fortunati i lettori di Giuseppe Genna! Con loro ha infatti un rapporto diretto, particolare e invidiabile. Prima di firmare con Einaudi – per esempio – li aveva interpellati sul suo sito per chiedere loro, tramite un sondaggio, se gli consigliassero Minimum Fax oppure Einaudi (per la cronaca, i suoi lettori tifavano Minimum Fax…). Chiede loro che anche che genere di romanzo vorrebbero che lui scrivesse. Curioso? Non per Genna che motiva così la sua iniziativa: «Una volta esisteva il committente.
Poi si è passati a un modello artistico ispirazionista, che corrispondeva all’intercettazione spettacolare di un pubblico. Oggi entrambi i modelli mi sembrano integrarsi o annullarsi. In quanto narratore, avverto diverse committenze. Certo, quella dell’editore, che può essere una blanda indicazione, un ragionamento a fronte di una intenzione narrativa oppure una richiesta esplicita. Colpisce più in profondo, a mio avviso, la committenza di quella che io e alcuni miei amati colleghi continuiamo a riconoscere quale Repubblica dei Lettori: nella quale avete cittadinanza voi che leggete queste righe. Conoscere la vostra opinione è per me abbastanza fondamentale». Mentre scrivo, stando ai risultati del suo “miserabile sondaggio”, il prossimo romanzo di Giuseppe Genna potrebbe essere una storia di fantascienza allegorica e massimalista (!).
Scrittori “Democratici” e Scrittori “Tradizionalisti”. Sono attivi in Italia ormai da diversi anni una serie di autori diversissimi tra loro che però hanno una caratteristica comune: cercano un rapporto coi loro lettori da pari a pari. Per dare una data precisa (e assolutamente arbitraria) si potrebbe dire che questo fenomeno si è consolidato nel febbraio del 2000 con il lancio del web magazine Carmilla On Line fondato e diretto da Valerio Evangelisti. Su Carmilla on line (inizialmente esisteva anche una gloriosa versione cartacea della rivista) hanno scritto: Giuseppe Genna, Wu Ming, Enzo Fileno Carabba, Riccardo Valla e molti altri. L’impressione è che l’arrivo di Internet abbia fatto un po’ da spartiacque dividendo gli scrittori in “tradizionalisti”, legati cioè alla maniera classica di fare lo scrittore, e “democratici” alla ricerca di un rapporto nuovo e più diretto coi propri lettori. I pionieri di Carmilla On Line hanno fatto bene il loro lavoro al punto che oggi appare del tutto normale che uno scrittore abbia un rapporto diretto e costante coi propri lettori. L’esempio dei “democratici” ha fatto scuola e ora, a quanto si può vedere in Internet, le nuove generazioni di scrittori scelgono in prevalenza questo stile: vogliono forse maggiore libertà di manovra, maggiore indipendenza. Per chiarire il concetto vi consiglio di fare un tour sui blog di Licia Troisi, di G.L. D’Andrea (anche se, per vari motivi, ha dichiarato di non volerlo più curare), di Lara Manni, di Francesco Falconi, dei Kai Zen… Si tratta solo di una panoramica parziale (non me ne vogliano gli autori esclusi!) ma, mi pare, abbastanza esemplificativa. E gli editori? Restano a guardare in silenzio, felici e contenti? Per ora sembrerebbe di sì, ma forse pecco di ingenuità.