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Segnaliamo l’arguta analisi di Beppe Severgnini apparsa sul Corriere della sera il 9 Luglio. Occorre riflettere su come siamo visti dalla stampa estera, ovvero dall’opinione pubblica mondiale. Un esercizio utili a tutti gli italiani. Tanto più che, purtroppo, siamo visti proprio male. A sinistra, per esempio, la copertina de L’express, settimanale francese, uscito nei giorni in cui c’era il G8 a L’Aquila. Il titolo, inequivocabile, non è molto rispettuoso per il presidente del consiglio italiano, persona che incarna, nel momento del suo mandato, il paese intero.

The plot against Italy? Il complotto contro l’Italia, come un romanzo di Philip Roth? Il G8 è stato preceduto da giudizi severi e prese in giro. Prima i media internazionali si sono divertiti con minorenni ed escort, che ormai sbucano come finferli dopo la pioggia. Poi il “Guardian”, senza citare una fonte rintracciabile, ha ventilato la nostra espulsione dal G8. Quindi il “New York Times” ha suggerito a Obama di prendere il volante.
Il mondo ce l’ha con l’Italia? No. Ma un certo maligno godimento sembra evidente. Noi dimentichiamo di vivere nel luogo mitico per generazioni di viaggiatori colti – quelli che oggi scrivono e parlano nei media internazionali. Vedere ciò che avremmo potuto diventare, e non siamo diventati, dà il sapore amaro ai commenti. La delusione è il carburante della perfidia.
Ogni nazione offre una narrativa al mondo: e la nostra, da tempo, non è delle migliori. L’Italia 2009 è il surgelato dell’Italia 1994. Max contro Walter, Lega scatenata, Quirinale preoccupato, debito che sale, corrotti in festa. Poi c’è Berlusconi, che noi italiani leggiamo con occhiali speciali, anche perché ci somiglia più di quanto vogliamo ammettere (entusiasmo e incoerenza, affabilità e inaffidabilità, difficoltà a distingere tra pubblico e privato).
Ma le lenti italiane non vengono esportate: gli stranieri guardano gli affari nostri con occhi loro. Le ultime vicende sono strabilianti: sesso e potere, lusso e tivù, silenzi e bugie, famiglie difficili e ragazze facili. L’età della deferenza è finita con Diana, nelle cui lenzuola ha guardato il pianeta. Negli anni ’60, Bob Kennedy poteva farsela con Jackie sotto il naso della moglie; negli anni ’90 sarebbe finito sui giornali; negli anni Duemila si troverebbe il video su YouTube.
Se Gordon frequentasse un’ipotetica Noemi inglese, i tabloid lo farebbero a fettine come il tacchino servito nei picnic di Ascot. Se Barack usasse la Casa Bianca come Palazzo Grazioli, i consiglieri lo fermerebbero (vero, Ghedini?). Se Nicholas si contraddicesse come Silvio, Carla l’appenderebbe alle finestre dell’Eliseo. Noi italiani siamo diversi? Elastici, spontanei, tolleranti? Cattolici libertini? Moralisti à la carte? Benissimo. Gridiamolo al mondo: siamo un ossimoro nazionale, il primo della storia! Silvio B. è l’autobiografia onirica del Paese: fa ciò che molti sognano!
Invece, stiamo zitti: per pigrizia e pudore da una parte, per timore e servilismo dall’altra. La nostra TV – parliamo di prima serata, dopo siamo tutti liberali – complica le cose, mostrando riflessi di regime: le Istituzioni si scrivono con la maiuscola, e vanno protette, anche se ne combinano di tutti i colori.
Poi è chiaro: il mondo ride, e noi ci restiamo male.

Fonte: Beppe Severgnini – Corriere.it

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Redazione

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