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Partito DemocraticoSono sempre di più i commentatori che danno per morto il neonato Partito Democratico. Brevissima carriera la sua, fatta esclusivamente di sconfitte a quanto pare. La gran quantità di elettori convinti da Veltroni alle ultime politiche è smarrita, confusa, osserva perplessa l’agonia del Pd domandandosi di quale malattia stia morendo. Purtroppo la vera novità di questo partito – la voglia di riformare e innovare – non si è mai concretizzata a partire dalla dirigenza stessa del Pd: vecchi nomi, vecchie storie, vecchie dispute di potere. Il ricambio generazionale tanto invocato dallo stesso Veltroni non c’è mai stato, se non in alcuni sparuti casi (vedi Colaninno) che fanno quasi tenerezza se confrontati col giro di poltrone e poltroncine dei soliti ignoti. Oggi ai vertici del Pd dovrebbero esserci dirigenti di massimo quarant’anni, invece ci sono ancora i vecchi “giovani” della federazione giovanile del Pci.
Ma questo fenomeno di erosione dell’identità della sinistra italiana, cominciato con la dismissione del Partito Comunista, non sembra avere fine. A guardarlo oggi il Partito Democratico da l’impressione di essere un bel contenitore vuoto, l’imitazione di un vero partito (come, per esempio, il Democratic Party statunitense guidato da un nero di 47 anni) e la gente semplicemente non lo vota. Non c’è mai stata una riflessione sui valori condivisi dagli elettori di sinistra che non sanno più in cosa credere: il comunismo è fuori moda e tramontato, il socialismo ricorda troppi brutti episodi di corruzione. Che fare?
Spiace dirlo ma il marketing da quattro soldi propinato fino ad ora dal Pd non è la risposta corretta. L’Italia, soprattutto in tempi di crisi come questo, ha un disperato bisogno di un referente italiano del socialismo europeo. Bisogna guardare ai modelli del nord Europa, ai paesi scandinavi, riflettere più e più seriamente sul decentramento del potere alle istituzioni locali che vanno rinnovate e affidate a una nuova classe dirigente locale (quella vecchia, così come hanno fatto i colleghi della dirigenza nazionale, ha già fatto abbastanza danni ed è ora che vada a fare altro), insistere con più forza sulle politiche del lavoro (sul salario minimo, sulla sicurezza sul lavoro, sui diritti dei lavoratori, sulla dignità dei contratti, sul rilancio dell’occupazione), trovare il coraggio di coinvolgere – come dovrebbe fare un grande paese meta di immigrazione come il nostro – i migranti in una nuova società che dia loro il diritto di votare per il governo di un paese che è anche il loro. Queste sono tutte cose di sinistra, chi le condivide le vota e le difende, gli altri continueranno a guardare altrove come hanno sempre fatto.

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Nove

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