Olimpiadi. Manca poco all’inizio dell’appuntamento di Pechino, ma l’implacabile meccanismo organizzativo dei giochi continua a fissare nel nostro futuro le prossime tappe olimpiche. Dopo l’attribuzione dei giochi del 2012 a Londra, si aspetta la decisione a riguardo di quelli del 2016. Con un curioso risvolto a proposito delle proposte di immagine grafica.
Sempre più spesso, infatti, i progetti del logo che dovrebbe rappresentare visivamente le peculiariatà di ciascuna città, prima candidata e poi ospitante dei giochi olimpici, sembrano procedere per tentativi (per dire a tentoni) in una incerta marcia verso la versione che costituirà, infine, l’elemento ossessivamente ripetuto nei sempre più vasti territori del merchandising sportivo.
Già Londra si era candidata per l’Olimpiadi del 2012 con un logo di pessima leggibilità e di ancor minore personalizzazione. Con l’attribuzione definitiva il comitato organizzatore ha sostituito completamente il logo iniziale rivolgendosi a una delle principali agenzie di brand internazionali, la Wolff Olins. Il risultato è un progetto certamente interessante che ha raccolto, come quando si eccede il banale, anche una lunga serie di polemiche (purtroppo si è ecceduto anche sul prezzo avendo pagato l’insieme del progetto visivo, 400.000 sterline).
La storia si è moltiplicata per i loghi delle città candidate per i giochi del 2016.
Dopo aver presentato nel 2006 in pompa magna il proprio logo disegnato pro-bono dal designer Dana Arnett di VS Partners, — una torcia che nella fiamma riporta lo skyline della Sears Tower — la città candidata Chicago si è vista, l’anno successivo, costretta dal Comitato Olimpico internazionale a cambiarlo in fretta e furia e a cestinare il materiale già prodotto. Il motivo è che il regolamento non ammette l’utilizzo degli elementi simboleggianti le Olimpiadi (anelli, torce, medaglie). Lo scorso settembre è stato sviluppato un nuovo marchio, cromaticamente simile al precedente, ma basato su una stella a simboleggiare la città.
Ancora più complesso il caso di Madrid, anch’essa in corsa per l’attribuzione del 2016. In questo caso si è optato per un concorso pubblico che ha avuto lo spiacevole risultato di vedere ben due dei dieci progetti finalisti accusati di plagio (uno e due). Il progetto definitivo, prescelto da una giuria di esperti, è stato quello realizzato dal grafico argentino Joaquin Malle che rappresenta il contorno colorato di una mano in segno di saluto. Dopo qualche mese è stata rilasciata, anche in questo caso, un’altra versione — decisamente migliorata — con i colori che riempono l’intera mano ed un lettering più accurato.
Casi diversi. Forse solo coincidenze. Curiosi work in progress progettuali che dipendono — chissà? — da un indecisionismo cronico dei comitati organizzatori (o dalla loro ignoranza comunicativa), dall’approssimazione delle fasi iniziali della candidatura (vedi quanto avvenuto per l’Expo a Milano) o dalle modalità di selezione.
[fonte: SocialDesignZine]