La più votata nel Nord Est, la donna che ha battuto Berlusconi alle europee, Debora Serracchiani, non si candida alla segreteria del Pd, come le chiedevano molti dei suoi elettori. Ha deciso di correre con Dario Franceschini, contro Pierluigi Bersani. Oggi esce il suo istant book sulla travolgente esperienza di pochi mesi. Titolo: «Il coraggio che manca». Serracchiani, non sarà che un po’ di coraggio è mancato anche a lei? «Al contrario, non candidarmi mi sembra la scelta più coraggiosa. La strada più semplice era candidarmi, riempire la terza casella. Farmi la mia bella corrente, prendere il mio pezzetto di partito e cucirci sopra il nome. Ma sono queste le cose che ci hanno portato dove siamo». Magari non sarebbe stato un pezzetto piccolo. Sono molti gli insoddisfatti dal duello Franceschini-Bersani «Un terzo candidato servirebbe oggi soltanto a frammentare. Sono contenta che Chiamparino abbia rinunciato. Spero anzi che venga con noi». Perché ha scelto di stare dalla parte di Franceschini? «Perché è il più simpatico» Ottima ragione. Ma una volta non era scettica? «Sì. Poi però l’ ho conosciuto in campagna elettorale. E come segretario è stato bravo, innovativo, coraggioso». Senza contare che ieri le ha offerto la vice segreteria? «Mai parlato di vice o di ticket. Abbiamo discusso di come dovrà essere il Pd che ancora non s’ è visto». In questi casi si dice: vicino ai problemi degli italiani «Appunto, si dice e non si fa. E a me, come a milioni di elettori, interessa che si faccia davvero». E se dovesse spuntare un terzo candidato, ora che lei e Chiamparino avete lasciato il posto libero? Per esempio il senatore Ignazio Marino? «Non penso che riuscire a parlare di laicità sia sufficiente per guidare il secondo partito d’ Italia. Comunque io la mia scelta l’ ho fatta» Che cosa non le piace di Bersani? «Rappresenta l’ apparato. In tutto, linguaggio compreso. Parlano ancora di piattaforma programmatica, un’ espressione che proprio non si può più sentire. Non mi sono piaciuti i modi della sua candidatura. Da un anno è un candidato a prescindere, come direbbe Totò. A prescindere dall’ avversario, dal segretario in carica, dal risultato elettorale, da tutto». Quindi, non ha avuto dubbi a schierarsi con Franceschini? «Nemmeno mezzo. Di qua c’ è il progetto del Pd, dall’ altra parte c’ è D’ Alema. Io sto col Pd». C’ è D’ Alema, ci sono le tessere, gli apparati, come dice lei, tante personalità del partito… «È vero. Partiamo sfavoriti al congresso. Ma poi c’ è il voto delle primarie. Se non provano ad abolirle, come qualcuno vorrebbe. Sono fiduciosa. Se vincesse Bersani sarebbe un salto all’ indietro» Se invece vincerà Franceschini sarà la rivoluzione? «Lo spero. Franceschini dovrà aprire il partito al rinnovamento, chiamare gente nuova, come ha fatto con me, pescare fra le straordinarie risorse di questo pezzo d’ Italia» Non era anche il programma di Veltroni? «Sì, certo» Mi spiega con parole semplici perché Franceschini con un risultato del 26 per cento dovrebbe riuscire dove Veltroni ha fallito partendo dal 33? «Perché Franceschini è molto più determinato di Veltroni ed è una dote necessaria per fare il segretario di un partito. È abbastanza semplice?» Al limite della brutalità. Di che cosa avete parlato con Franceschini, invece che di poltrone? «Dei grandi temi sui quali il Pd deve ancora dare risposte chiare all’ elettorato» Non abbiamo così tanto spazio. Mi elenca soltantoi principali? «La laicità, la questione morale, il conflitto d’ interessi, la riforma del welfare. Non generiche aspirazioni, ma proposte concrete da portare al congresso e sulle quali confrontarsi. Questo è il primo congresso vero del Pd, con uno scontro autentico che arriverà alle primarie. Può essere un’ altra passerella di narcisismi assortiti oppure un’ occasione straordinaria per discutere sulle cose e illustrare agli italiani le nostre proposte. Se si butta via questa occasione non ne avremo un’ altra» Nell’ intervento che l’ ha resa celebre, lei partiva proprio dalla laicità e dal caso Englaro. Che cosa le fa pensare che il cattolico Franceschini sia più sensibile al tema del suo rivale? «Proprio il fatto che venga dal mondo cattolico. Paradossalmente i cattolici democratici hanno molte meno remore a sfidare il clericalismo di quante ne abbiano gli altri» Una legge sul conflitto d’ interessi, la questione morale, le norme contro le candidature di condannati. Sono tutte questioni che il centrosinistra ha archiviato da tempo «I leader sì, gli elettori per nulla. Certo, se vogliamo contribuire ulteriormente al successo di Di Pietro…» In questi mesi si è data una ragione della sua clamorosa e immediata popolarità? «E’ il fatto che sono una persona normale. L’ elettorato si identifica nel linguaggio, nel modo di essere, direi quasi nella fisicità. E poi non vengo da tutta una vita di sezione» Non sarebbe ora per il Pd di esprimere un leader che non provenga dal funzionariato politico, come avviene già da tempo per tutti i partiti occidentali? «Franceschiniè un mio collega, un avvocato. Certo, sta in politica da tempo. Ma lui faceva il consigliere comunale quando Bersani era già ministro e D’ Alema aveva già smesso di fare il segretario del Pds. C’ è una bella differenza anche qui, le pare?»
[fonte: Repubblica.it – Curzio Maltese]