È una tendenza diffusa e, a questo punto, si può tranquillamente dire che è il frutto di una strategia precisa. L’obiettivo è uno solo: eliminare dal mondo del lavoro italiano la contrattazione collettiva. Cosa significa questo? Vuole dire che i datori di lavoro hanno capito che un contratto collettivo che regolamenti il trattamento di tutti i lavoratori di una determinata categoria a loro non fa per nulla comodo. Molto meglio non dover più garantire ai lavoratori un salario equo e concordato con i loro rappresentanti. Molto meglio fregarsene dell’aumento del costo della vita, dell’inflazione, della svalutazione e del caro prezzi (dovuto in buona parte a quel “cambio creativo” lira/euro applicato dalla stragrande maggioranza dei commercianti).
Gli stipendi si svalutano e i lavoratori – nonostante continuino a produrre tanto quanto prima e ad arricchire gli imprenditori – non arrivano a fine mese? Affari loro. Chi se ne frega?La nuova frontiera è la contrattazione ad personam. Il datore di lavoro prenderà accordi direttamente col lavoratore senza intermediari, senza controlli, senza regole fisse da rispettare. Così sarà molto più semplice ricattare, intimidire, minacciare, in una parola sola: schiavizzare. Non ci sarà più nessuna garanzia di un minimo sindacale uguale per tutti i lavoratori della stessa categoria: qualcuno avrà di più, qualcuno avrà di meno. Ferie, malattie, maternità, aspettativa, licenze per lutti o per altro: tutto messo di nuovo in discussione. A qualcuno spetteranno sempre gli stessi diritti, a qualcun altro no. Il datore di lavoro potrà decidere arbitrariamente tutte queste cose perché così è sicuramente più semplice (per lui).
Sfortunatamente – anche a causa di una politica miope condotta anche con una certa superficialità da parte dei sindacati – per troppo tempo è mancata e manca in Italia la cultura del lavoro, l’informazione corretta ai lavoratori sui contratti collettivi. Quanti conoscono approfonditamente i propri diritti e doveri e sanno difenderli davanti al proprio datore di lavoro?
Spesso ci si affida agli esperti dei sindacati che non si curano o si curano ben poco di chi non è iscritto. Il più delle volte ci si lascia ingannare clamorosamente da datori di lavoro senza scrupoli, estranei a concetti come la dignità di mantenere gli impegni presi in passato. Verrebbe quasi da dire truffatori dato che il ricorso alla menzogna – anche le più spudorate – è una delle loro strategie più utilizzate.
Una deriva inaccettabile peggiorata dalla constatazione che lo sciopero tradizionale è ormai un’arma spuntata che, nella maggior parte dei casi, si ritorce contro chi manifesta. Le alternative, se anche ci sono, raramente vengono prese in considerazione perché comporterebbero uno sforzo organizzativo che – a quanto pare – non si ritiene il caso di fare. Lo sciopero bianco, per esempio, è una strada che a mio avviso nelle condizioni attuali potrebbe essere percorsa. Bisognerebbe però organizzare i lavoratori chiarendo, categoria per categoria, quali sono le mansioni che si è obbligati a svolgere e quali non si è tenuti a fare. La chiave è tutta nell’informazione ai lavoratori che va riformata e aggiornata. Non deve più essere rivolta solo ed esclusivamente a quanti spontaneamente desiderano informarsi, ma dovrebbe raggiungere chiunque, anche chi per pigrizia o faciloneria lascia che le cosa vadano avanti da sole.
È il caso di dire che, al contrario dei lavoratori, gli imprenditori e i dirigenti – i cui salari possono facilmente resistere a qualsiasi aumento del costo della vita presente e futuro – hanno le idee ben chiare su cosa vogliono e non si fermeranno finché non l’avranno ottenuto.