La crisi continua, ostinata, terribile. Falcidiando posti di lavoro e piccole imprese. E’ vergognoso assistere alla dissimulazione compiuta dal governo italiano, impegnato a far credere che il peggio sia passato o, peggio, che l’Italia sia solo sfiorata da una congiuntura negativa passeggiera. La verità è che il nostro paese sta male, è malato in quanto parte del mondo, in quanto parte d’Europa e in quanto stato europeo tra i peggio gestititi (politicamente) negli ultimi dieci anni.
L’Italia è malata da prima che iniziasse la crisi. E’ da anni che si parla di “decadenza italiana”, di “fanalino di coda della crescita economica europea”. Sia chiaro: il nostro non è un paese di serie B, anzi, le sue imprese sono dinamiche, la sua popolazione gran lavoratrice, ma la politica non sa aiutarli (il famoso “stato canaglia” di cui parla il giornalista Piero Ostellino nel suo recente libro). E cosi i dati degli ultimi mesi descrivono un paese che boccheggia, strangolato dall’evasione fiscale, dal debito pubblico, dalla bilancia commerciale che si piega sempre più al negativo (ergo: importiamo più di quello che esportiamo) e soprattutto dall’assenza totale di una politica economica finalizzata al miglioramento dell’avanzo primario. Ovvero si ripetono i tipici errori tremontiani, quelli comuni al secondo e al terzo governo Berlusconi (2001-2006). Si ripetono inelluttabili, con il gusto macabro dell’autolesionismo (o forse del menefreghismo). Una politica che denuncia la completa assenza di un’ambizione per il nostro paese. Si perché l’Italia è un paese che non ha ambizione, lo ripetiamo ancora perché è un punto importante: non ha un programma economico, energetico, sociale, una visione a medio o lungo di termine di se stesso: In breve: non ha alcun progetto.
Qualche dato.
“Le entrate tributarie nel primo bimestre del 2009 sono diminuite, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 7,2%, passando da 59,173 miliardi di euro a 54,892 miliardi. E’ quanto si legge nel Supplemento al Bollettino statistico della Banca d’Italia. Gli incassi nel solo mese di febbraio, segnala Palazzo Koch, sono risultati pari a 25,217 miliardi, con una riduzione del 9,62% rispetto ai 27,902 miliardi toccati nello stesso mese dell’anno scorso.
Forse riusciremo a risparmiare qualcosa con minori interessi sul debito. Ma il debito continua a salire a ritmi sempre più sostenuti. Per quanto tempo riusciranno a tenere i tassi bassi? La crisi è solo rinviata (…) Il debito delle amministrazioni pubbliche italiane tocca in valore assoluto un nuovo record: a febbraio si è attestato a 1.708,060 miliardi di euro. È quanto si legge nel Supplemento al Bollettino Statistico dedicato alla ‘Finanza pubblicà della Banca d’Italia. Il debito pubblico italiano, calcolato in valore assoluto, a febbraio è salito dunque per il secondo mese consecutivo e ha superato il livello record di 1.699,171 miliardi di euro toccato a gennaio 2009. È bene ricordare che questo valore del debito non è quello utile ai fini di Maastricht che invece tiene in considerazione il rapporto tra debito e prodotto interno lordo. A febbraio 2009 il debito è aumentato dello 0,52% rispetto a gennaio mentre in un anno, ovvero su febbraio 2008, la crescita del debito pubblico italiano è stata del 5%.” (mercatolibero)
In breve: la situazione è decisamente fuori controllo. Si consiglierebbe alla maggioranza, in primo luogo, e all’opposizione in secondo (magari restando seduti intorno ad un tavolo con governo e sindacati) di sbrigarsi ad attuare una poltica (una sola, chiara, ben delineata, coerente e decisa) utile a fonire un progetto di crescita all’Italia. E’ chiaro anche a un bambino che aziende funzionanti e combattive non sono sufficienti senza un timoniere (leggi Fiat, Eni, Enel, Finmeccanica, il sistema moda, eccetera). E’ chiaro ormai anche ai cinesi che una grande nazione deve creare domanda interna per favorire i consumi, salvaguardando il potere d’acquisto delle famiglie e degli individui, stimolandone la forza, non atrofizzandolo. Non basta spingere i salari verso il basso per favorire le esportazioni. La politica di speculazione e deprezzamento che un tempo era fatta in Italia sulla moneta, ora è fatta sui lavoratori, sulle risorse umane, attraverso contratti ridicoli, l’assenza di coordinamento sociale, l’isolamento sindacale. E, per ripetere una nenia di quelle noiose che una certa classe politica giudica retorica, bisogna sconfingere l’evasione sociale, il cappio delle mafia, il lavoro nero, che qualcuno ha chiamato persino con ironia e cinismo “ammortizzatore sociale”.