Il concetto di gratuità è diventato estremamente controverso negli ultimi tempi. Almeno su internet. Mentre anche in Italia è arrivata l’eco di Murdoch, che vuole trasformare tutti i suoi siti di informazione in realtà a pagamento e che per questo ha litigato con Google, tema di cui abbiamo già ampiamente discusso, in America ci si straccia le vesti per Hulu, uno dei più popolari siti di video streaming gratuiti del mondo. Pare infatti che, vista la reiterata assenza di utili, Hulu potrebbe cominciare a farsi pagare per erogare il suo servizio. Per ora sono solo rumors, ma hanno comunque destato sensazione e creato disagio e scompiglio tra i netizen americani (beati loro che almeno possono usufruirne, di questo servizio…): sarebbe come dire a un milanista che oltre a Kakà, parte anche Pato. Orrore e raccapriccio.
Secondo Rafat Ali, deus ex machina del sito paidcontent.org, le cose non cambieranno, visto che , ciclicamente, la trasformazione da free in “a pagamento” viene spesso preconizzata salvo poi svanire nel nulla. In realtà, a suo dire, è proprio la parola “gratis” ad essere obsoleta e cita come esempio recente gli E-books che, quand’anche fossero tutti gratis (e molti lo sono), sono utilizzati da persone che hanno sborsato cifre considerevoli per il lettore che serve a visualizzarli. Insomma, il “tutto gratis”, nell’accezione letterale del termine, non esiste.
Della stessa opinione è Ken Doctor che ritiene che in America esistano pochi siti davvero ben fatti di news, perché gli utenti preferiscono un’informazione più superficiale e poco approfondita, che prediliga la velocità alla qualità, piuttosto che spendere qualcosa in più per servizi più professionali. Anche uno dei simboli del free, YouTube, è in trattative con alcune emittenti per mettere online episodi di serie televisive e farli pagare poco meno di 2 dollari.
Ovviamente in questo scenario non può che emergere la tesi del guru di Wired, Chris Anderson, che ha dedicato diversi articoli e libri all’argomento e secondo la quale (in estrema sintesi) la Freeconomics (o, meglio, la “cross-subsides economy”, in base alla quale i servizi e prodotti “aggiunti” ad altri, vengono offerti gratuitamente) presto diventerà la scelta obbligata per tutti coloro che lavorano nel mondo del 2.0. La virata verso il gratuito e la nascita della ricchezza “waste” (produciamo così tanto che possiamo anche sprecare) prevista da Anderson è però criticata da Doctor che sostiene che invece le persone saranno sempre più disposte a pagare per servizi aggiuntivi, purché siano di buona qualità.
[fonte: Wired.it]