Il numero degli stage è in crescita ma scende la percentuale di assunzione dopo il periodo formativo: dieci anni fa era pari al 46,5% (dati AlmaLaurea) ora si attesta al 26,5% e solo uno su quattro avrà un contratto al termine del periodo di stage.
Lo stage dovrebbe essere un momento formativo durante la laurea non un modello utilizzato per sviluppare ulteriormente il precariato ed avere lavoratori a costo zero. AlmaLaurea nell'”XI Rapporto sulla condizione occupazionale dei laureati” evidenzia come gli stage abbiano un valore aggiunto nel percorso formativo ma averne svolto uno durante o dopo l’università incrementerebbe soltanto del 6,5% la possibilità di trovare lavoro.
“In altri paesi europei non si effettuano stage dopo la laurea – racconta Fabio Dioguardi, direttore risorse umane della Ferrero – ho fatto molta fatica a confrontarmi con il mercato occupazionale italiano dopo aver lavorato tanti anni all’estero. In Francia, per esempio, è impensabile usare gli stage come forma di precariato. Si effettuano tre stage obbligatori durante il percorso di studi ma non vengono effettuati dopo la laurea. Le aziende sono molto trasparenti anche rispetto agli annunci di lavoro, non vengono proprio prese in considerazione offerte recanti la dicitura ‘azienda leader del settorè senza specificare il nome della società che cerca personale e, soprattutto, vengono resti noti subito, in modo onesto e trasparente, la retribuzione e altri parametri fondamentali; in Italia purtroppo non succede”.
Senza dubbio grazie a stage e tirocini si può entrare in contatto con il mondo del lavoro, conoscere l’azienda imparando molto ma sono in discussione gli stage svolti dopo il periodo universitario, quelli che troppo spesso non hanno un progetto formativo, non prevedono un rimborso spese e non danno nessuna possibilità di rimanere a lavorare nella stessa azienda. Molti giovani laureati, come evidenziato sempre da AlmaLaurea, ci mostra come il lavoro resta un obiettivo mancato e molti giovani, il 43%, scelgono di continuare a studiare anche dopo la conclusione del percorso di laurea e dei due anni di specializzazione, dovendosi scontrare con un mercato del lavoro che non offre serie opportunità.
Con il degenerare degli stage è nato due anni fa un blog, ora testata online, la Repubblica degli Stagisti di Eleonora Voltolina che prova a valutare almeno il numero degli stagisti: “Si può ragionare su due dati certi. 256mila stage all’anno in imprese private, e oltre 50mila nelle strutture pubbliche. Quindi siamo a oltre 300mila stage all’anno, ma penso siano di più, soprattutto negli enti pubblici. Con ‘la Repubblica degli Stagisti’ – conclude Voltolina – ho voluto creare uno spazio di informazione, discussione e proposta, per denunciare gli utilizzi distorti di questo strumento e mettere in luce le buone pratiche”.
Nel sito si può trovare la “Carta dei diritti dello stagista”, per evitare lo sfruttamento legalizzato. E una “lista dei buoni”, le aziende che aderiscono ai punti della “Carta”. Non sono molte, ma gli stage attivati in queste imprese avranno il “Bollino OK stage”: non è un riconoscimento ufficiale a livello ministeriale ma un segnale, un aiuto ad orientarsi in un mercato che spinge a cercare, come fosse oro, uno stage che rispetti la dignità di chi inizia a lavorare.