Credette Cimabue ne la pittura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
si che la fama dí colui è scura
(Dante Alighieri, Purgatorio, canto XI, 94-96)
Mostra di Giotto a Roma: si tratta di un’importantissima occasione per chi ancora non ha avuto modo di visitare una rassegna dedicata a uno dei maggiori artisti italiani del Trecento. Oltre 150 opere, provenienti da importanti istituzioni museali ed ecclesiastiche sia italiane che straniere, sono in esposizione per ripercorrere la vita e la carriera di Giotto, al secolo Giotto di Bondone (probabilmente diminutivo di Ambrogio o Angiolo di Bondone).
Nato a Colle di Vespignano intorno al 1267, Giotto si trasferì giovane a Firenze dove divenne allievo del Cimabue. In seguito si affermò con il suo estro un po’ in tutta l’Italia, stabilendosi nelle città di Roma, Padova, Arezzo, Rimini, Assisi e Napoli. Le sue opere costituirono il punto di svolta dell’arte italiana, rappresentando il primo tentativo di abbandono dello stile bizantino per approdare ad uno stile più realistico ed innovativo. La raffigurazione tridimensionale dello spazio, il recupero dell’immagine e della figura umana divennero grazie a Giotto caratteristiche fondamentali rinnovando così il corso della pittura. Le qualità innovative di Giotto furono già comprese dai suoi contemporanei, come dimostrano le diverse citazioni nella letteratura fin dai primi decenni del ‘300.
La mostra, curata da Alessandro Tomei, professore ordinario di Storia dell’Arte Medievale presso l’Università “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, in collaborazione con Claudia Viggiani, ci racconta la situazione artistica italiana tra l’ultimo decennio del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo, seguendo gli spostamenti di Giotto nella Penisola. La parte principale del percorso si sviluppa su una dettagliata ricostruzione della carriera artistica del grande pittore in riferimento alle scuole artistiche dei luoghi dove soggiornò e produsse le proprie opere (cfr Madonna col Bambino in trono e due angeli).
L’influenza di Giotto non si limitò alla sola pittura, ma trovò ampio seguito nel settore delle arti suntuarie, all’epoca il più diffuso mezzo per la circolazione di temi stilistici e iconografici. La sezione dedicata alla scultura presenta alcune opere di Nicola Pisano e Arnolfo di Cambio (cfr Madonna della Natività) che testimoniano l’importanza di questi due artisti per la formazione della cifra stilistica del pittore: nella stessa sezione compaiono anche alcune opere di Giotto con riferimento ad un naturalismo e ad una resa spaziale già percepibili nelle opere di Arnolfo e poi approfondite da altri maestri, quali Giovanni Pisano, Tino di Camaino, Giovanni di Balduccio, Andrea Pisano (cfr Madonna con Bambino, lunetta del campanile di Santa Maria del Fiore).
Ampio spazio è invece riservato alla scuola romana, momento importante per comprendere il ruolo che Roma e i suoi antichi monumenti svolsero nella formazione del linguaggio giottesco. Assieme ai capolavori del maestro, la mostra raccoglie le opere di numerosi illustri artisti quali Cimabue, Giovanni Baronzio e Ambrogio Lorenzetti, aprendo dunque un’ampia finestra sul panorama culturale italiano del tempo. Collegato alla mostra è l’interessante progetto “L’altro Giotto”, grazie al quale è possibile ammirare nelle sale del Complesso del Vittoriano alcune fedeli riproduzioni fotografiche delle opere che, sia per la loro imponente struttura che per l’estrema fragilità, non sono state prestate in occasione dell’esposizione, ma che sono state ritenute fondamentali per la comprensione del gergo figurativo di questo straordinario precursore delle arti.
Clara Sapienza – mostreINmostra – 2009 (distribuito con Creative Commons)