Buone notizie dalla lotta contro la criminalità organizzata. Per la prima volta in Calabria un imprenditore si è opposto pubblicamente al pagamento del pizzo citando in tribunale i suoi estorsori. È successo a Lamezia Terme, Catanzaro, dove Rocco Mangiardi, 53 anni, si era rifiutato di pagare i 1.200 € mensili «da destinare a zio Pasquale». Alla domanda del pubblico ministero «Chi è zio Pasquale?» la risposta è «Pasquale Giampà» «È presente in quest’aula?» e il testimone indica un uomo, scortato dai suoi avvocati, «Sì, è lui». La parte offesa racconta la sua storia, di come al suo primo rifiuto gli venne proposto un incontro con il boss: «Un giorno mi convocò nel suo ufficio, mi fece entrare in una stanza dove c’era Pasquale Giampà e disse che dovevamo uscire solo dopo aver trovato l’accordo». Ma all’accordo non si arrivò: «Giampà era arrabbiato perché avevo cercato altre persone, mi disse che quando lo seppe voleva bruciarmi il magazzino, e che se volevo la protezione di altri dovevo trasferirmi nella loro zona. Io replicai che volevo solo attenuare il danno, e proposi 250 euro al mese. Lui rispose che non chiedeva l’elemosina, e che in via del Progresso pagavano tutti, dalla A alla Z».
Rocco Magnardi in un primo tempo, per paura, voleva evitare la denuncia in questura, ma solo dopo esser stato intercettato dalla forze dell’ordine, e non potendo più negare di essere sottoposto ad estorsione, ha deciso di presentare la denuncia in tribunale. «Io non voglio pagare gente che non lavora per me, e che so che userà i miei soldi per comprare proiettili, bombe e benzina. Preferisco assumere un padre di famiglia, ma subire un’estorsione no». Il leader delle associazioni antiracket Tano Grasso: «Il nostro auspicio è che altri imprenditori seguano il suo esempio ed escano allo scoperto, com’è successo in Sicilia». Un buon inizio. Perché la mafia esiste grazie all’omertà, non dimentichiamolo.
Fonte: wikinotizie