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Il 25 e il 26 Ottobre è stato un fine settimana di cultura gastronomica al Salone del Gusto di Torino. Una storia recente ed antica allo stesso tempo.

All’inizio furono Gran Menu a Verona e Milano Golosa, 1994, due manifestazioni che solo i fedelissimi di Slow Food ricordano, che contenevano già alcuni degli elementi connotanti di quello che sarà poi il Salone del Gusto sperimentale del 1996, in una minuscola porzione del Lingotto a Torino.

L’esplosione, tuttavia, avviene due anni più tardi, con la seconda edizione, l’introduzione del Mercato e oltre 120.000 visitatori che ribaltano l’approccio elitario alla gastronomia di qualità, trasformando in piacere e in diritto un interesse che ancora si pensava fosse appannaggio di pochi.

Il viaggio, poi, continua incalzante, andando in parallelo con le avanguardie che iniziavano ad analizzare criticamente il tema della globalizzazione.

Nel 2000 si presentano i Presìdi italiani, nel 2002 quelli internazionali e vi si affianca la terza edizione del Premio Slow Food, il seme dal quale due anni più tardi, germoglierà Terra Madre, l’incontro mondiale delle comunità del cibo che nella prima edizione raccoglie 5.000 contadini, artigiani e pescatori da 130 paesi del mondo (www.terramadre.info).

Un compendio politico alla dimensione fieristica e commerciale del Salone, che nel frattempo attrae oltre 140.000 visitatori, dei quali molti provenienti dall’estero.

Nel 2006, infine, il cappello filosofico del “buono, pulito e giusto” è il prodromo di una fusione inevitabile fra le due anime di Slow Food: produttori e consumatori, che chiameremo co-produttori a indicarne il ruolo attivo che essi hanno nell’atto dell’acquisto (capaci, cioè, di influenzare, indirizzare e sostenere la produzione di qualità), sono ormai un unico soggetto.

I neo-gastronomi (oltre 170.000 i visitatori della sesta edizione) percorrono gli stand del Lingotto, allenano e affinano il loro palato nei Laboratori del Gusto, si educano a una produzione più attraente se compresa, sperimentata e pretesa nelle sue tre componenti qualitative, mentre all’Oval pescatori mauritani e toscani, pastori mongoli e abruzzesi, dibattono sul futuro del loro lavoro, scambiandosi soluzioni, idee, prospettive intorno a un cibo buono dal punto di vista gastronomico, sostenibile nel suo impatto ambientale ed equo dal punto di vista della remunerazione ma anche della gratificazione sociale.

Dodici anni – ventidue se si vuole piantare la bandierina della prima tappa nell’anno di fondazione di Slow Food – per intraprendere questo affascinante viaggio alle radici del cibo: dal piatto alla terra, dalla dimensione squisitamente gourmettistica alla neo-gastronomia, dai frutti del frondoso albero del Salone del Gusto al ventre di Terra Madre, per la prima volta insieme in un unico evento.

Anche questa è solo una tappa: il viaggio continua, avido di biodiversità, di educazione e di piacere, cambiando forma (per la prima volta nel mondo una manifestazione di queste proporzioni si cimenta a tutto tondo con le pratiche della sostenibilità, alla ricerca del più basso impatto ambientale possibile) e sostanza.

Ma questa è una tappa dove non si può davvero mancare.

Fonte: sito del Salone del Gusto di Torino

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Otto

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