È morto Ferribotte. Impossibile chiamarlo in un altro modo. Il cinema italiano, e noi con lui, perdiamo un altro testimone di un’epoca in cui i nostri film sapevano raccontare i sentimenti semplici ed eterni che guidano l’uomo nel suo viaggio terreno. La sua faccia li riassumeva e li divulgava spontaneamente, senza nessuna mediazione culturale o peggio intellettuale. Siamo rimasti orfani di chi ha raccontato le caratteristiche di noi italiani con naturalezza e spontaneità. I suoi film (I soliti ignoti, La grande guerra, La ragazza con la pistola) dopo cinquanta anni sanno ancora rapirci e divertirci. Ci parlano di noi, di come eravamo, ma anche di come siamo tuttora. Film amati da tutti perché ognuno vi trova parte di se stesso e di quello che lo interessa. Sembrano come fatti a strati. Nel primo c’è l’aspetto comico, ma sotto vi trovi la denuncia della periferia degradata, la realtà del sottoproletariato urbano, la profondità psicologica dei personaggi, il dramma di una vita spesa fra espedienti e truffe, la vigliaccheria e il coraggio, l’amicizia, l’amore e il tradimento. Tutto condensato in una faccia, in poche chiare espressioni da italiano. Tiberio Murgia il “siciliano” (in realtà era nato a Oristano nel 1929) ci ha lasciato, rimarranno i suoi film a ricordarci chi siamo.
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