Con la fine della contrapposizione Est-Ovest e delle ideologie che sostenevano questo scontro, hanno trionfato due nuove idee dominanti: mercato e liberalismo. La prima ci ha convinto che solo il mercato deve governare l’economia. La seconda che l’individuo deve essere libero di sperimentare e di conoscere ogni cosa. Non ci devono essere regole generali, ma solo le proprie.
Questo nuova era “mercato-liberalismo” ha avuto, e ha ancora, un suo leader indiscusso: Silvio Berlusconi. In lui il mercato è diventato il luogo dove l’unica cosa che conta è l’immagine che si riesce a proiettare. Con una buona pubblicità si può vendere, in maniera assolutamente indifferente, un’assicurazione, degli immobili, un’idea, o un partito. Quello che conta non è la sostanza, ma la rappresentazione che si riesce a divulgare.
In Berlusconi il liberalismo è entrato nella sfera privata, sessuale, familiare, perfino morale. Nulla è più proibito, vietato, perché se una cosa è realizzabile, allora niente deve impedirla. Il sistema morale è annullato e sostituito da una serie di distinguo di tipo tecnico, giuridico. I giudici non sono competenti ad indagare sull’operato del Presidente del Consiglio, in casa propria si è liberi di fare quello che si vuole. Ancora una volta non conta il fatto, non conta la sostanza, conta solo la superficie, l’apparenza.
Questa assenza di principi guida sta pervadendo ogni settore della vita italiana. Siamo senza programmi di medio e lungo termine sia di politica industriale che economica. Evitiamo gli scogli che ci si pongono davanti, ma non sappiamo dove andare.
Berlusconi sta ridicolizzando anche il centro destra che non riesce a indicare nessuna via perseguibile oltre alla incondizionata difesa del loro RE. I loro sforzi vertono su legittimo impedimento, processo breve, riforma della giustizia. E l’Italia?
Occorre che Berlusconi si dimetta, ma questo non può bastare. Bisogna ritracciare le rotte da seguire. Sapere dove il nostro Paese deve andare e come fare per arrivarci. Anche il centro sinistra dovrà indicare se vorrà rimanere legato ai dettami del mercato e del neoliberismo oppure riposizionarsi verso modelli di sviluppo della socialdemocrazia. Riponendo al centro del dibattito il lavoro e la crescita economica.