Il Comune di Milano, in collaborazione con la galleria Gmurzynska di Zurigo presenta fino al 14 Settembre, al PAC, il Padiglione d’Arte Contemporanea progettato da Ignazio Gardella, una mostra dedicata a Robert Indiana, uno dei più noti e celebrati esponenti dell`arte contemporanea statunitense.
Nonostante la sua fama Robert Indiana (nato Clark nel 1928, l`artista scelse come nome d´arte quello del proprio stato d´origine) ha avuto in Italia pochissime occasioni espositive e la mostra al PAC rappresenta un´opportunità unica per apprezzare la complessità di un artista il cui corpus di opere è stato ingustamente messo in secondo piano dalla straordinaria notorietà del suo lavoro più celebre: la scritta tridimensionale LOVE. Oggi fra le immagini piú diffuse al mondo LOVE è divenuta negli anni un simbolo il cui significato va oltre il riferimento originario, quello al movimento pacifista degli anni Sessanta, per assumere un significato universale. Al PAC è esposta una versione in marmo, scolpita a Pietrasanta, alta 100 cm.
La selezione di opere al PAC permette di ripercorrere la carriera dell´artista nel suo complesso. La mostra si apre con il dipinto The Slips, del 1959, con cui l`artista gettò un ponte fra immaginario Pop e l´allora nascente movimento minimalista. L`opera unisce infatti una figurazione rigidamente geometrica a riferimenti alla cultura urbana. Alla fine degli anni Cinquanta Indiana risiedeva infatti nel distretto newyorchese di Coenties Slip insieme agli artisti che avrebbero contribuito a definire la fisionomia di pop art e minimalismo come Ellsworth Kelly, Agnes Martin, James Rosenquist e Jack Youngerman e la sua opera riflette e interpreta in modo del tutto originale una moltitudine di influssi diversi.
La mostra del PAC restituisce tale complessità presentando accanto ai dipinti dell´artista i suoi assemblaggi, le colonne percorse da brevi iscrizioni, per giungere infine alle recenti tele in cui le lettere sono sostituite da ideogrammi, a dimostrazione di una inesausta capacità di rinnovamento e sensibilità sociale.
E’ la grande forza comunicativa tipica della pop-art ad accomunare l´opera di Robert Indiana in tutte le sue declinazioni . Questa avrà modo di esprimersi appieno, oltre che nei lavori ospitati al PAC, attraverso le sculture monumentali esposte in diversi luoghi della città di Milano: in Piazzetta Reale, Piazza della Scala e Corso Vittorio Emanuele II. Tali lavori, in acciaio corten e alluminio verniciato mettono in luce l´interesse dell´artista per parole, numeri ed elementi tipografici in genere, e l´abilità dell`artista nel tradurre tale fascinazione attraverso la scelta di forme e materiali. La serie delle grandi cifre metalliche, allo stesso tempo riferimenti ai segni che popolano il paesaggio urbano e imponenti solidi geometrici, rappresenta un ulteriore e interessantissimo esempio di coniugazione di scultura minimalista e Pop-Art.
L´interesse per la tipografia rappresenta inoltre il trait d´union fra l´artista e la tradizione artistica statunitense del Novecento e in particolare a uno dei suoi pittori più rappresentativi: Charles Demuth. L`apparente immediatezza di Indiana nasconde infatti una straordinaria ricchezza di significati e rimandi alla cultura americana in tutti i suoi aspetti: alla sua storia, alla sua letteratura, alla sua cultura sociale, antropologica e visiva.
Un esempio molto interessante di tale stratificazione di significati è rappresentato al PAC da Decade Autoportrait 1968, del 1972. La grande tela che ha come antecedente un´altra opera di tema numerico, il celebre dipinto Figure Five in Gold di Demuth si articola – come si conviene a un autoritratto – in riferimenti al suo autore e al contesto sociale. Bouwerie allude alla zona di New York in cui Indiana aveva trasferito il proprio studio a metà degli anni Sessanta; la stella, simbolo ricorrente nell´opera di Indiana, allude allo stesso tempo alla fama e al patriottismo, cui fa riferimento anche la combinazione di colori rosso e blu, ecc.
In occasione di un`intervista al New York Times nel dicembre 2002, Indiana disse: “Ci sono piú segni che alberi in America. Ci sono più segni che foglie. Per questo penso a me stesso come a un pittore del paesaggio americano”.
Fonte: Sito del Comune di Milano (www.comune.milano.it)