Sono venuta per la prima volta in vacanza nel 2011 con un’amica, dopo che un amico turco me ne aveva parlato così tanto. Me ne innamorai e decisi che forse qui sarebbe continuata un’altra fetta della mia vita. In fondo un vecchio detto dice: va dove ti porta il cuore.
Tutto cominciò così
Nel 2010 un ragazzo mi manda un messaggio in inglese su Facebook e mi chiede l’amicizia. Aveva notato la mia foto in una pagina di inglese e mi domandò se fossi madrelingua inglese o comunque un’insegnante. Stava frequentando un corso di inglese e volevo un po’ di aiuto in vista dell’esame. Così cominciò la nostra amicizia. Sebbene fosse dall’altro lato dello schermo e quindi poteva fingere di essere chiunque, piano piano capii che era un ragazzo gentile, onesto, educato e molto timido. Disse di essere turco, di Trabzon per la precisione, ma che viveva ad Istanbul per lavoro. Mi parlò della sua terra calda, accogliente, un po’ lontana da quanto i media spesso lasciano credere. Diversa anche da altri paesi islamici. Mi parlò di Kemal Mustafa Atatürk, padre della Repubblica turca fondata nell’ottobre 1923 e di quanto quest’uomo abbia fatto per la Turchia, rivoluzionandola in ogni aspetto. È un personaggio molto amato dalla maggior parte dei turchi. Più diventava vera e stretta la nostra amicizia, più mi parlava di questa città o della Turchia in genere, più cresceva in me la voglia di conoscere una terra a cui, a dir la verità, non avevo mai pensato più di tanto. Certo mi è sempre piaciuta la loro bandiera: la mezza luna con la stella (tipica dei paesi islamici) e seppur conoscendo sommariamente il significato dello stemma, a me piaceva perché comunque la trovavo esotica, mi faceva (e mi fa tutt’ora pensare) a quelle storia di “Mille e una notte”.
Così e il mio amico mi invitò nella sua terra così come io lo invitai in Italia. E quando venne a trovarmi nella primavera del 2010, gli promisi che prima o poi sarei andata a trovarlo e conoscere Istanbul, questa stupenda città che ormai mi parlava attraverso Akın il mio amico turco.
Il primo viaggio nella città magica
Arrivò l’occasione giusta per poter visitare Istanbul. Accadde che una delle mie migliori amiche, venne a trovarmi dicendo che purtroppo si era separata dal marito. E dopo avermi raccontato la disfatta matrimoniale, mi confidò che, se avesse potuto, sarebbe andata via per un po’, giusto per rilassarsi. Colsi la palla al balzo, come si dice, e poiché dopo un anno senza nemmeno un giorno di riposo, le dissi che anch’io avevo voglia di una pausa. Perché non andare a Istanbul per una settimana? Detto fatto. Prenotammo per fine marzo e arrivammo lì, un po’ come Totò e Peppino a Milano, in una freddo pomeriggio di fine marzo. Ci tengo a dire che nel frattempo avevo trovato anche un sito dove familiarizzare un po’ con la lingua turca e che conobbi altri amici turchi. E proprio uno di loro venne a prenderci all’aeroporto e ci scortò fino all’alberghetto, che si trovava in una traversa del famoso Viale Istiklal, la via dell’indipendenza, nel quartiere di Beyğolu, dove si trova, tra le altre cose anche il consolato italiano e la bellissima chiesa di Sant’Antonio.
Dire che la settimana di vacanza ad Istanbul fu stupenda, è dire poco. la città conquistò entrambe. Conobbi anche alcune docenti italiane che vivevano da anni qui e stuzzicarono parecchio la mia voglia di venire a vivere qui. Una cosa strana accadde: nel momento di lasciare la città provai tanta tristezza, non volevo lasciarla. E non solo per le persone conosciute i posti visitati. No, era proprio mancanza di Istanbul.
La nostalgia di Istanbul
Sì. Più passava il tempo, più quella città mi stregava mi ammaliava come il canto della sirena con i pescatori e marinai. Mi parlava attraverso i ricordi, gli amici, il cibo, i profumi i sapori. Tutto convogliava in un’unica voce che ripeteva sensualmente e insistentemente: torna. E tornai una seconda volta d’estate, sempre nel 2011, con la solita amica che, mi fece un regalo inaspettato. Il biglietto per Istanbul. E quindi tornammo nuovamente nella magica città, scoprendo altre parti, altre tradizioni, sapori, curiosità. Altri amici. E puntualmente, al momento di lasciarla, la tristezza, la nostalgia tornava prorompente quasi a mozzarmi il fiato. Non nascondo che questa volta piansi pure. E una parte del cuore rimase lì, sospesa sul ponte che congiunge le due parti della città: quella asiatica con quella europea: e la vista del Bosforo è uno spettacolo straordinario, unico.
Mi tornarono in mente le parole del mio amico Akın: «La Turchia, come ogni altra nazione, va scoperta, conosciuta, in ogni aspetto. Può piacere come anche no. Stessa cosa per Istanbul, o la ami o ti piace ma senza pensarci più di tanto. Ma se la ami è per sempre. L’amore per lei ti si stampa sul cuore come un tatuaggio. Non ne puoi più fare a meno”. Vero, verissimo. E decisi. Volevo vivere lì o almeno provarci.
Una seconda famiglia
Feci di tutto per contattare scuole, chiedere informazioni agli amici, che mi aiutarono in ogni modo. E finalmente, nel febbraio 2012, approdai con le mie valigie di libri, abiti e speranze, nuovamente nella città ammaliatrice, come l’avevo soprannominata. Iniziai a lavorare presso una “Dershane”, scuole private di lingue, grazie ad una ragazza, italo turca, Denise, che poi è diventata una della mie più care amiche, un punto di riferimento per molti italiani, ma soprattutto italiane, che vivono qui. È la nostra “abla”, sorella maggiore. Una persona stupenda come anche tutta la sua famiglia, che ormai considero un po’ come una mia seconda famiglia. E poi ci sono stati nuovi amici e amiche, alcuni sono molto importanti per me, come Sevda, una donna forte e straordinaria che è diventata “benin kiz kardeşım”, mia sorella. Lei è stata una delle mie prime studentesse. O Fırat, uno dei primi amici conosciuti qui, una persona solare e schietta. Tuğba ed Eray, e del loro piccolo Mert, amici impareggiabili. La famiglia Birler, che mi ha tenuta con sé per circa 2 mesi a Bodrum dove insegnavo italiano a due gemelli. Visitando così un’altra parte di questa terra fantastica, scoprendo nuove curiosità, aspetti, sapori.
Ognuno di loro mi ha aiutato ad ambientarmi, a non farmi sentire sola, a superare i momenti bui, per la mancanza della famiglia o per la paura di non farcela o semplicemente per consolarti da un aşk gitti, amoreandato, finito.
Non è stato semplice
Però devo anche dire che mi sono data da fare tantissimo. Non solo dal punto di vista lavorativo, dove ho conosciuto persone bellissime che mi hanno dato fiducia (spero ampiamente ripagata) lavoro, consigli, che si sono complimentate con me per come svolgo il mio lavoro. E anche i vari studenti che ho avuto, dai più grandi che ti ringraziano con commozione vera, fino ai bambini, che ti vengono in contro e ti dicono spesso “Rossella teacher, çok bize seviyorum” (ti vogliamo bene).Ho imparato a muovermi in una città çok büyüke ve çok kalabalık (una città enorme e caotica). Ad avventurarmi da sole in zone di Istanbul abbastanza distanti e saper tornare a casa “sana e salva”. A incaponirmi a imparare questa lingua impegnativa ma al contempo bellissima musicale. E qui non posso che essere grata ai prof che ho conosciuto, Aydan e Alessandro, oltre a tutti coloro che parlandomi in turco hanno permesso che imparassi ogni giorno qualcosa di più. Certo c’è ancora molto da imparare, da studiare. Ma come mi ripete spesso un altro amico turco “Yavaş yavaş canım, tra un bicchiere di çay e un baklava o un simit, imparerai… basta volerlo”
E sono ancora qui… dov’è il cuore
Così, tra alti e bassi, tra sogni infranti e piccoli successi, tra le fatidiche domande “Andare? Partire? Restare?”, sono ancora qui, in questa città incantata che ti risucchia, ti travolge ma sa anche cullarti, difenderti, raccontarti storie mai narrate, come una mamma che ti stringe al petto. Molti mi chiedono come mi trovo qui in Turchia, se tornerò in Italia, se sto bene. Io penso di sì, penso di essermi ambientata abbastanza.
Ho voglia davvero di conoscere questa terra, che mi fa battere ancora il cuore, e questo popolo che, per alcuni aspetti assomiglia al sud dell’Italia, alla Puglia, dove sono nata. E a ragione visto che in passato l’influenza bizantina e ottomana, l’abbiamo respirata. Ho ancora un po’ di difficoltà a comprendere la lingua ma non sono più terrorizzata come in passato, anzi insieme alla mia coinquilina ci facciamo forza e insieme superiamo piccoli ostacoli linguistici. E se sbagliamo ci ridiamo su perché per ogni nostro strafalcione, è bello vedere come i turchi non ridono di te ma ridono con te. e questo ti fa capire che popolo amichevole, accogliente e passionale è.
Ti amo Istanbul
Sebbene mi manchi tanto la mia famiglia, la mia terra, so che ho però il loro sostegno e l’amore che hanno per me mi rende forte. Quindi spero di poter ancora restare e scoprire giorno dopo giorno altri aspetti, ancora nascosti come gioielli preziosi in uno scrigno, parlare più fluentemente, conoscere la storia,la musica, imparare nuove ricette turche, visto che amo cucinare. Intanto mi godo quello che ho. In fondo Istanbul è qui e non cerca altro che essere scoperta, ascoltata e amata. Io me ne sono innamorata e infatti la porto tatuata nel cuore e se ne sono lontana ne sento subito la mancanza. Dunque non mi resta che dire “Istanbul’u çok seviyorum”, ti amo Istanbul!
[English version]
I came year for the first time in 2011, during a holiday with a friend, as a Turkish friend had talked to me about his city. I fell in love with Istanbul soon and I decide that, maybe another chapter of my life could start here. After all an old proverb says “ Go where your heart leads you.”
As everything started
In 2010 a boy sent me a message in English on Facebook asking to be friends. He had noticed my picture, sharing an English Language page and he asked me if I was an English mother tongue or an English teacher. He was attending an English course and he needed help for his exam. So, our friendship started in this way. Even though he was on the other side of a screen and so he could fake to be whoever, slowly I understood he really was a kind, honest and good-mannered young man, maybe too much shy. He was Turkish, exactly he came from Trabzon, but he lived in Istanbul because of his job. he talked about his warm and welcoming country, a bit different from the media often tell about it. Different from the other Islamic countries. He talked about Kemal Mustafa Atatürk, father of the Turkish Republic founded in October 1923 and about the things that this great man had done for Turkey, re building it completely.
The most part of Turkish people love him so much.
The more we became friends, the more he talked to me about this city or about Turkey in general, the more I longed for seeing a land that I had never took into consideration so much, to tell the truth.
Of course, I always liked their flag: the symbol of the half moon and the star (typical of the Islamic countries), and even if in short I knew the meaning of the symbol, I liked it because I found it exotic, he let me think about one of the short stories of “ One thounsand and one Arabian nights”.
So, my Turkish friend invited me in his country, as well as I invited him in Italy. When he came and saw me in the spring 2010, I promised that some day I should come to see him too and know Istanbul, this wonderful city that already talked to me through Akın, my Turkish friend.
The first trip in the magic city
Finelly the moment to see Istanbul came. It happened that one of my best friend came told me that she was devorcing, unfortunately. And after saying me everything about her marriage failure, she confided to me she needed to relax, to go somewhere for a while. Soon I seized the moment, and as I worked so much without a day of holiday, I needed a break too. So why don’t to go to Istanbul for a week? Easier said than done. We booked for the end of March and we came there, in a cold afternoon. We seemed like Totò and Peppino in Milan (reminding a famous film with two Italian comic actors). I want also to tell that, in the meanwhile, I looked for a site to learn something about Turkish language and I met some other Turkish friends, online. And one of them came and took me and my friend from the airport leaving us in our hotel, that was in a street of the famous Istiklal Caddesi, the Indipendence boulevard, in the Beyğoly district, where, among the other things, there is the Italian Consulate and the beautiful Church of Saint Anthony.
Of course, the holiday week in Istanbul was wonderful. I and my friend were completely conquered, charmed. I meet some Italian teachers who lived and worked there; and they stimulated so much my desire to come and live in Istanbul. Anyway, a strange thing happened: when I was leaving the city, I felt a deep sadness, I did not want to go away. Not only for the people I met or the places visited. No.I missed Istanbul so much.
“Istanbulsick”
So, the more the time passed away, the more the city charmed me, bewitched me as the mermaids’ song to attract fishermen and sailors. Istanbul talked to me through my memories, my friends, its food, its scents and flavours. Everything conducted in one only voice that sensually and persistently repeated me: come back, come back. So I came back for the second time during the summer 2011, always with the same friend, who made me a unespected present: the ticket for Istanbul. So we went again in the magic city, discovering other places, other traditions, flouvers and curiosities. Other friends. And, again, before leaving the city, I felt deeply sad and the nostalgia came overflawing. I have to tell that this time I cried too. And I left there a part of my heart, haning on the bridge that links the two sides of the city: the asian side with the europeean one; and the view of the Bosphorous is something extraordinary, unique. I remembered the words of my friend Akın: «Turkey, as well as any other country, must be discovered, known, in every aspect. You can like it or not. The same is for Istanbul, you can love it or like it but without thinking of it too much. But if you love it, you will love it forever. You will take the love for Istanbul in your heart like a tattoo. You cannot get along without it». It was true. So I decided. I wanted to live there, or try to live, at least.
My second family
I did everything I could to contact some schools, ask information to my friends, who helped me in every way. And finally, in February 2012, I landed to the Charming City – this is the nickname I gave it, – with my suitcases full of books, clothes and hope. I started to work in a “Dershane”, a private language school, thanks to a young woman, Denise, half Turkish and half Italian, who became, later, one of my dearest friends, a sort of “datum point” for the Italian people, but above Italian women, who live here.
And I consider her and her family like a second family. Then I knew new friends, some became very important for me, such as Sevda, an extraordinary and strong woman, that I consider “ benim kız kardeşim”, my sister. She was one of my first students. Or Fırat, one of the first Turkish friends I met here, a sunny and open person. Again, Tuğba and Eray, with their little Mert, incomparable friends. The Birler family. I have lived with them in Bodrum where I thaught Italian to their twins. So I could see another part of this fantastic country, discovering new curiosities, aspects and flavours and so on. Everyone of them helped me to be part of this city; they helped me do not feel alone, to ride out the difficult moments, when I missed my family or the fear to fail, or simply to console me for a aşk gitti, a love gone away.
It has not been easy!
Anyway I have to tell that I did all that I could to find a job . Not only from the point of view of the job, but also I met alot of beautiful people who put trust in me (I hope widely requited), allowed to work, gave me advices, or simply they congratulated me on my job. And the students too, from the olders who said me thanks with deep feeling, until to the children who come to you and often say “Rossella teacher çok bize seviyoruz”(we love you so much).
I learnt to move me in a city çok büyük ve çok kalabalık ( a big and congested). I learnt to venture alone in some areas of Istanbul very far and to come back home “safe and sound”. I am very determinated to learn this complex as well as wonderful and musical language. And I am very thankful to my Turkish teachers, Aydan and Alessandro, in addition to the others who, talking in Turkish with me, taught me everyday something more. Of course, I have to learn much more and study. But as one of my Turkish friends often says: “Yavaş yavaş canım, drinikg a çay and eating baklava or a simit, you will learn it….you can if you want”.
I am still here….where my heart is
So, among ups and downsz, fallen dreams and little success, and fateful questins “going away? Leaving? Being still?”, I am still here, in this charmed city that is able to swallow me up, to overwhelm me, but it can also cradle, defend and tell storie never told before, like a mother who holds you close and thight to hold me close and thigh. Many people ask me. Many people ask me if I like to live in Turkey, if I come back in Italy some day, if I am fine. I think yes. I think to feel myself integrated here. I really want to know better this country, able to make beating my heart again; to know this people who, for some aspects, seem like the Southern Italy, or like my region Puglia. And it is true, as in the past part of Italy was under the Byzantine and Ottoman influence. We have breathed it. Surely I have still some difficulty to understand the language but I am not so frigthened as in the past; on the contrary, together with my flat mate, we try to help each other and overcome some little language problems. And if we make some mistake we laugh it up. And it is very funny and lovely to see as Turkish people don’t sneer but laugh with you. And this makes me understand that they are really a friendly, passionate and welcoming.
I love you Istanbul
Even though I miss my family, my country so much, I know that I have their support and love than make me stronger than I am. So, I hope to stay here and discover day by day other aspects of this city, hidden like jewellery in a treasure chest, talk more fluently, know its history, music or learn to cook new Turkish recipes, as I love cooking so much. In the meanwhile I enjoy what I have got. After all, Istanbul is here and it asks just to be discovered, listened and loved. I really fall in love with this town and in fact it is tattooed on my heart and if I am far from Istanbul, I miss it so much. So, the only thing I can say is, “Istanbul’u çok seviyorum”, Istanbul, I love you so much.