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Standard’s & Poor’s ha abbassato il rating nazionale dell’Irlanda. Ora, dopo questo downgrade, è a quota AA-. Nel 2001 era AAA (ossia Paese solido e affidabile). Nel marzo scorso aveva subito un primo declassamento ad AA+.

Il nuovo peggioramento è dipeso dal repentino aumento del debito pubblico che potrebbe raggiungere nel corso del 2010 il 100% del Pil, mentre nel 2008 era solo il 41%. Per S&P nel 2012 il rapporto debito pubblico / Pil potrebbe aumentare ancora e toccare il 113%.

A portare l’Irlanda in questa situazione è stato lo sforzo per salvare il suo sistema creditizio. Dublino aveva fatto di tutto per attirare capitali esteri nel proprio Paese, e ciò aveva facilitato una forte crescita economica. Questi capitali, però, sono molto volatili e sono stati ritirati ai primi accenni di crisi. Il salvataggio delle banche rimaste scoperte è già costato 80 miliardi di euro e  ne richiederà altri 10. Se si considera che nel 2009 il Pil è stato di 159, 4 miliardi di euro appare evidente la portata dello sforzo fatto e quante risorse ha sottratto alla vita del Paese.

A peggiorare il quadro economico hanno contribuito il crollo del mercato immobiliare e il grande peso, sul totale del Pil, delle esportazioni verso Gran Bretagna e USA. La recessione in questi due Paesi ha avuto in Irlanda pesantissime ripercussioni. Il tasso di  disoccupazione è passato dal 6,3% del 2008 al 13,5% del 2010. Mentre, secondo le stime Ocse, nel 2009 il Pil dell’”ex tigre celtica” è diminuito del 7,5 %, e nel 2010 ha subito un’ulteriore riduzione dell’1,5%.

A questo punto, per tranquillizzare investitori e risparmiatori l’Irlanda dovrà adottare una politica di austerità, con riduzione della spesa pubblica e aumento delle tasse. Altrimenti potrebbe non riuscire a prendere in  prestito il denaro per finanziare il deficit pubblico. Nonostante queste misure, però, essendo stato classificato inaffidabile, pagherà un interesse maggiore su questi prestiti. Fatto che farà crescere il deficit.

Neanche un approccio così restrittivo, però, mette al riparo da futuri declassamenti. Infatti, le agenzie di rating (le stesse che declassano e che quindi spingono alla riduzione di spesa) avvisano che una politica di austerity potrebbe provocare un aumento della disoccupazione e un rallentamento della ripresa economica. Circostanze che, motiverebbero un altro declassamento, innescando un pazzesco circolo vizioso.

Il potere delle agenzie di rating è grandissimo, perché gli investitori di tutto il mondo si affidano ai loro giudizi per decidere dove impiegare (o ritirare) i capitali. Molto spesso le loro indicazioni possono innescare un attacco speculativo e un crollo della borsa.  Quello che ha investito la Grecia nei mesi scorsi, ad esempio, è stato attivato dalla riduzione del rating greco che è passato da BBB+ a BB+. Questa semplice sottrazione di lettera ha innescato una crisi intensa con pesanti ripercussioni sulla vita di milioni di persone.

Sempre per fare un esempio, la Svizzera ha AAA, il Papua Nuova Guinea BB-. E il Mozambico B+. L’Italia per il momento è stabile con un modesto A+.

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