I programmi sono sempre più trash e volgari. Mentre l’informazione ha partorito due tv: quella del silenzio, che non dà notizie e quella dell’urlo, dove si ammettono solo le risse. Un po’ di zapping, e si è nel trash puro. Perché nella nostra televisione generalista regnano criteri ferrei: occorrono femmine scosciate e discussioni virulente. Specchio del Paese? Più probabilmente oggi la tv rispecchia se stessa, si esalta della propria cattiva creanza, riversa sugli spettatori la pessima qualità di programmi in cui tutti hanno capito che conviene litigare con tutti. In modo bipartisan o tripartisan, che importa. Ciò che conta è il trionfo della rissosità, anche nei programmi pomeridiani o domenicali: obesi contro magri, un classico visto di recente mille volte, oppure monogami contro adulteri, va sempre bene. Se dev’essere rissa, che rissa sia.
E poi quelli di sinistra dicono che non c’è libertà d’informazione. Sono faziosi o estremisti, secondo la classificazione di Angelo Panebianco sul ‘Corriere’. Fanno manifestazioni a Roma e osservano con finto sconforto la caduta dell’Italia nelle classifiche internazionali (secondo Reporters sans frontières siamo caduti al 49 posto, un gradino appena sopra la Romania). Ma anche le classifiche sono faziose, e tutte le associazioni che contengono il lemma ‘senza frontiere’ sono estremiste, e al momento buono occorre tenere presente un solo vero principio: il pluralismo.
Sotto questo aspetto non c’è da lamentarsi. Perché è vero che ultimamente c’è stato il tentativo di allestire una fiction di regime, con il kolossal ‘Barbarossa’, firmato da Renzo Martinelli e con Umberto Bossi come ‘guest star’: soldi del popolo, una paccata di milioni di euro, per celebrare l’epos della Lega. Per fortuna il film è risultato fallimentare, con i critici che hanno parlato di una “miseria formale” e il botteghino che piange. Ma in compenso, oltre all’epica ufficiosa, abbiamo anche almeno due televisioni ufficiali: la tv del silenzio e quella dell’urlo. Dovremmo essere negli standard giusti. Quindi vediamole nel dettaglio, le due televisioni.
La tv del silenzio prende corpo con la nomina a direttore del Tg1 di Augusto Minzolini. Occorre considerare che secondo le analisi di Ilvo Diamanti più dell’80 per cento della società italiana trae le informazioni dalla tv. E quindi il Tg1 ha una funzione strategica. Se il Tg1 non dà una notizia, quella notizia non esiste. Chi deve darla, il Tg5? Figurarsi. Ragion per cui, se Minzolini spiega con un editoriale che il caso della prostituzione di regime, rivelata dalla escort Patrizia D’Addario e dall’inchiesta barese sull’imprenditore Gianpaolo Tarantini, non è degno di essere messo in scaletta, lo scandalo semplicemente non c’è. Il pubblico riceverà al massimo notizie frammentarie, enigmi, barlumi di fatti ridotti al rango di ‘gossip’.
Mentre tutto il mondo civile con la sua informazione libera, una specie di nuova Radio Londra, mette nel mirino la vita allegra di Silvio Berlusconi, qui da noi si fanno abili giochi di prestigio: la realtà scompare, et voilà, si materializzano candide colombe, ma notizie, mai. L’importante è sfuggire ai vizi della faziosità e dell’estremismo, capire quindi che le seratine a Palazzo Grazioli fanno parte del tempo libero di una persona schiacciata dal lavoro, che avrà pur diritto a qualche ora di svago (ma non aveva raccontato, il premier, che lavorava fino a ore impossibili, e la luce accesa nella sua stanza era la prova del suo eroismo? Bah.).
Quando uno ne ha abbastanza della tv del silenzio, ecco in alternativa la tv dell’urlo. È sempre stata una tecnica degli esponenti di destra quella di saltare sulla voce degli interlocutori di sinistra, portando il dibattito all’incomunicabilità. Ma adesso l’urlo ha trovato interpreti di alta se non altissima classe. Specialisti di questa disciplina sono per esempio il direttore di ‘Libero’ Belpietro e il condirettore del ‘Giornale’ Sallusti. Certo non ci si può inventare urlatori dalla sera alla mattina. L’urlatore provetto deve avere in repertorio alcuni brani celebri, in voga nei migliori bar. Eccone alcuni. Mani pulite è stata una macchinazione gestita dalle toghe rosse. Il primo governo Berlusconi è caduto per colpa di un avviso di garanzia spedito durante un vertice internazionale. Il capo del governo, sempre Berlusconi, ha subito 106 processi. La Corte costituzionale sul Lodo Alfano ha smentito se stessa, essendo un organo politicizzato “con undici membri di sinistra”. Con la nuova legge elettorale il popolo ha ‘eletto’ Berlusconi a presidente del Consiglio.
Non basta? Qualcuno di voi sostiene che a far cadere il primo Berlusconi fu Bossi? Che i processi al premier sono 12 (più altri quattro in arrivo); che la Consulta è stata coerente con se stessa in quanto il Lodo Alfano era un’ingiuria alla Costituzione; che secondo la legge elettorale vigente non si elegge nessun capo del governo, ma solo si indica nel simbolo il capo della coalizione? Ecco, con ogni probabilità voi appartenete al pericoloso partito del Gruppo Espresso, quello di ‘Repubblica’ e di Carlo De Benedetti, che tenta di sovvertire la volontà popolare.
Non è facile resistere alla tv dell’urlo. Come si fa a rispondere in modo sensato quando qualcuno, sgolandosi, sostiene che i registratori di cassa furono introdotti per dare un aiutino a De Benedetti, e altre leggende metropolitane di questo tipo, a partire dalla Omnitel ‘regalata’ all’Ingegnere? Ci vuole forse la caparbietà di Rosy Bindi, la nostra Angela Merkel, che è riuscita a sgranocchiarsi il ministro Sacconi sfoderando numeri, tagli e politiche sballate sulla sanità. Ma che fare di fronte a un agguato come quello praticato contro il giudice Mesiano da ‘Mattino 5′, punta di lancia di Mediaset? Questa non è la tv del silenzio e neppure dell’urlo: è la televisione trash del complotto, della diffamazione praticata con ogni mezzo: “Su questo giudice ne vedremo delle belle”, aveva detto Berlusconi in persona. Di bellissime: i calzini “turchesi”, le “stravaganze”. Poi le scuse, un po’ pelose. Ma intanto il danno è fatto, l’intimidazione compiuta. Colpiscine uno per educarne cento. Alla fine, se qualcuno si lamenta, interviene la tv del silenzio. Oppure la tv dell’urlo. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. Questo è pluralismo. Questo è trash. Questa è la tv della libertà.
[fonte: l’Espresso – Edmondo Berselli]