Sulla data del referendum elettorale è sfida infinita. E l’ultimo no della Lega all’accorpamento con le Europee e le amministrative getta altra benzina sul fuoco delle polemiche. Così riprende quota l’ipotesi di compromesso: votare i referendum il 21 giugno insieme ai ballottaggi delle amministrative. Ma è un’idea che sta scatenando nuove polemiche. Anche Famiglia Cristiana si fa sentire. E lancia un monito: “La gente non capirebbe il ritorno al teatrino politico delle tensioni banali e inutili, che per ‘ragioni di bottega’ sperpera 400 milioni”.
I referendari hanno dalla loro l’arma del cospicuo risparmio, circa 400 milioni di euro, magari da destinarsi alla ricostruzione dell’Abruzzo, che si otterrebbe con l’election-day il 6 e 7 giugno. Il premier Silvio Berlusconi ha già espresso il suo favore per la soluzione meno onerosa per le casse dello Stato.
La Lega. Umberto Bossi ha riunito oggi a Milano lo stato maggiore del Carroccio per ribadire la netta contrarietà leghista all’accorpamento del referendum con il voto per le Europee e con il primo turno delle amministrative. Al termine è stato il ministro per la Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, a confermare la linea: “Manteniamo la nostra assoluta contrarietà alla coincidenza della data del referendum con le Europee – ha detto il ministro – perché riteniamo che sia incostituzionale. Su questo abbiamo sentito Berlusconi e lo incontreremo nei prossimi giorni”. “Sciacallo – ha poi aggiunto Calderoli – in questo momento è chi specula sui morti, sugli sfollati e sulla tragedia dell’Abruzzo per ottenere l’accorpamento di un referendum abrogativo con un’elezione a suffragio universale diretto”.
Mini-accorpamento. Il clima di sospetti nella maggioranza non si è affatto diradato con la Pasqua e la Lega non ha ancora ingoiato l’amaro boccone della questione dei tempi di permanenza nei centri di accoglienza degli immigrati clandestini e la questione delle ronde. Il Carroccio potrebbe puntare ad un’intesa che preveda un mini-accorpamento del referendum Guzzetta-Segni con il secondo turno delle amministrative previsto per il 21 giugno. “Non dico niente, vedremo”, è stato il commento di Castelli.
Gasparri e Franceschini. L’idea trova una sponda nel capogruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri, che ritiene la data più probabile per svolgere il referendum il 21 giugno insieme ai ballottaggi delle amministrative. Così Fabrizio Cicchitto, secondo il quale ogni forza politica, Lega compresa, si deve far carico di tutti i problemi che stanno in campo”.
Sull’altro fronte, il Pd, Dario Franceschini torna a ripetere che la linea preferibile è quella dell’accorpamento e della necessità del risparmio: “Non ha proprio senso far pagare agli italiani una specie di Bossi-tax”, dice il segretario.
Il comitato promotore. Ma l’ipotesi che la consultazione venga convocata il 21 giugno, nel giorno dei ballottaggi, vede la netta contrarietà del presidente del comitato promotore del referendum elettorale: “Si sostituirebbe a una porcata da 400 milioni, una porcheria da 300 milioni”, ha detto Giovanni Guzzetta, secondo cui “l’accorpamento al secondo turno sarebbe una farsa, perché non assicurerebbe alcun risparmio e varrebbe 300 milioni di euro di sprechi”. Tanto, infatti, costerebbe convocare tutto il Paese e non le sole realtà locali interessate dai ballottaggi. Mentre tenere il referendum da solo, in una terza domenica, secondo alcuni calcoli, costerebbe circa 400 milioni.
“Attentato alla democrazia”. Oggi in una intervista ad un quotidiano, Roberto Calderoli aveva dichiarato che il Carroccio si opporrà all’accorpamento, perché la legge elettorale che uscirebbe dal referendum “è un attentato alla democrazia del Paese. Degli oneri se ne facciano carico chi ha promosso il referendum, i Guzzetta, i Segni e gli altri. Oggi c’è Berlusconi, domani c’è un altro premier e non si può permettere a chi ha ottenuto il 25 per cento dei voti di vere il 55 per cento dei seggi in Parlamento. Neanche nel periodo fascista è stata fatta una cosa del genere”. Secondo Calderoli la consultazione “potrebbe essere fissata anche il 14 giugno o in un’altra data ancora. Certo non il 6-7 giugno”. Dura la replica di Giovanni Guzzetta: “Le sciocchezze dette oggi da Calderoli gli garantirebbero una bocciatura certa all’esame di diritto pubblico del primo anno”.
Casini. Il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini, osserva che “mi sembra che ci sia già stato un voto in Parlamento che ha respinto l’ipotesi di accorpamento. Comunque, è una decisione del governo e spetta a loro prenderla”.
Il monito di Famiglia Cristiana. Di fronte alla tragedia del terremoto in Abruzzo si è assistito a uno “spettacolo sorprendente di unità e coesione nazionale, che ha fatto emergere valori condivisi, e riallacciato il filo spezzato nella società. Patrimonio straordinario da non disperdere, soprattutto in un mondo in cui nulla ormai si fa per niente”. E’ quanto si legge su i di questa settimana.
[fonte: Repubblica.it]