Vi proponiamo l’accorato appello di Giulia Maria Crespi, presidente della FAI, e Fulco Pratesi, presidente onorario Wwf Italia, pubblicato su Il Corriere della Sera del 10 Ottobre, in cui viene denunciato il potenziale distruttivo del Piano Casa sul territorio italiano.
Il Paese guarda smarrito le immagini del disastro di Messina e si interroga sulle responsabilità e sul futuro. È evidente che una dissennata e disonesta politica territoriale è sotto accusa; non solo per quanto è successo in Sicilia ma anche per rischi idrogeologici a cui gran parte del nostro territorio è esposto. Su questo quadro allarmante pesa oggi ancora di più la sconsiderata scelta compiuta con il Piano casa, approvato nella Conferenza Stato-Regioni del 31 marzo e sulla quale abbiamo già diffuso valutazioni negative. L’intervento, come è noto, si proponeva di contribuire al «rilancio dell’economia » con lo scopo di «rispondere anche ai bisogni abitativi delle famiglie». Questo si è tradotto nella possibilità di aumentare le cubature di ville e villette del 20% e di demolire interi edifici per ricostruirli più grandi del 30%. Tutto senza previsioni sugli impatti territoriali che potrebbero essere dirompenti: se solo un decimo degli aventi diritto ampliasse del 20% la propria casa si produrrebbe un volume di cemento di oltre 50 milioni di metri cubi! Quasi come se la città di Milano raddoppiasse in superficie e altezza.
Le finalità del Piano casa sono state fatte proprie, fino ad oggi, da 12 Regioni mentre il Governo non ha emanato quel decreto legge al quale si era impegnato nella Conferenza Stato-Regioni e che avrebbe dovuto costituire una cornice per l’operato locale. Ogni Regione, dunque, su un tema così cruciale come la pianificazione del territorio, ha fatto da sola e in totale assenza dello Stato. La lacunosità dell’intesa è quindi emersa dalla disomogeneità delle leggi regionali come se l’Italia, quando si parla di urbanistica, non fosse una sola; le possibilità di aumentare le cubature variano dal 20 al 65%; a Bolzano e in Lombardia si può liberamente intervenire anche nei centri storici mentre sia in Lombardia che in Valle d’Aosta addirittura nelle aree protette; in Veneto e in Umbria sarà possibile aumentare le cubature degli edifici industriali e nel Lazio di edifici commerciali, con possibilità di cambi nelle destinazioni d’uso per Lazio, Veneto e Valle d’Aosta; le conseguenze saranno devastanti. Molto differenti, inoltre, sono i parametri di risparmio energetico richiesti ai nuovi edifici: da standard protocollati a mere indicazioni generiche non vincolanti.
Ci troviamo oggi nella paradossale situazione in cui le Regioni hanno innovato la normativa in materia di governo del territorio in totale assenza di una legge quadro nazionale e quindi esautorando di fatto il potere legislativo del Parlamento. Perché nessuno ha sollevato dubbi di costituzionalità? Come è possibile che su tante altre questioni si discuta per mesi e sulla gestione del futuro del nostro territorio neanche un minuto? Vi sembra davvero una questione così marginale? Questo comportamento appare esiziale sia per la palese violazione della omessa disciplina comunitaria in materia di Valutazione Ambientale Strategica, sia per il colpo mortale inferto al concetto stesso di pianificazione in quanto impone ai Comuni una deroga totale ai loro Piani regolatori. Una specie di obbligo a non curarsi della pianificazione che non è errato interpretare come un condono edilizio preventivo. Gli effetti del Piano casa si tradurranno dunque in una nuova aggressione al paesaggio italiano, tesoro insostituibile e non replicabile e primo attrattore della più grande risorsa economica del Paese: il turismo. Signori presidenti, a questo punto vi chiediamo di non accettare alcuna proroga al Piano casa e di agire con fermezza sui vostri partiti per porre la massima attenzione a quelle norme regionali non ancora approvate e che toccano regioni dal delicato equilibrio ambientale, quali Campania, Liguria, Sicilia e Sardegna. Vi chiediamo inoltre di avviare un dibattito che porti a nuove misure legislative che fermino il crescente degrado del territorio e del paesaggio ponendo un freno al consumo di suolo; come del resto avviene nei maggiori Paesi europei. Nessun momento sarebbe più appropriato di questo per affrontare al più alto livello di rappresentanza politica, e dunque in Parlamento, un serio dibattito sull’uso e l’abuso del territorio e sulla tutela del paesaggio che l’articolo 9 della Costituzione pone tra i massimi capisaldi della nostra identità nazionale e che noi auspicheremmo fosse una delle priorità per chi abbiamo eletto a rappresentarci in Parlamento. In un’Italia unita nel dolore per la tragedia evitabile ci aspettiamo da tutti voi, oggi più che mai, una risposta concreta e una seria, onesta e responsabile presa di coscienza.
Giulia Maria Crespi presidente Fai
Fulco Pratesi presidente onorario Wwf Italia
Fonte: corriere.it – 10 ottobre 2009