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In occasione del cinquecentenario dalla nascita, Vicenza rende omaggio ad Andrea Palladio, uno degli architetti che più hanno contato nella storia dell’uomo. La mostra “Palladio Cinquecento anni”, curata da Guido Beltramini e Howard Burns, è stata innaugurata in settembre dal presidente Napolitano e sarà aperta fino al 6 gennaio 2009. Si trasferirà quindi a Londra, presso la Royal Academy of Arts, dalla prima settimana di febbraio sino a maggio 2009. Le opere presenti in mostra sono circa trecento, fra disegni originali, dipinti, sculture, medaglie, libri e manoscritti, provenienti da oltre cinquanta musei europei e americani. In estrema sintesi, saranno presenti: 80 disegni autografi di Palladio 70 disegni di architettura di grandi maestri fra cui Michelangelo, raffaello, Donato Bramante, Giuliano e Antonio da Sangallo, Sansovino, Falconetto, Bartolomeo Ammannati, Inigo Jones, Giacomo Quarenghi, Le Corbusier 40 dipinti fra cui opere di Paolo Veronese, Tintoretto, Van Dyck, Canaletto, El Greco, Giulio Romano, Tiziano, Bassano, Bramantino 30 modelli architettonici 80 fra sculture e frammenti architettonici, medaglie, monete, libri, manoscritti, “fotogrammi” attraverso cui raccontare la vita e il modo di lavorare di Palladio in un percorso che ha inizio nella seconda metà degli anni Trenta del Cinquecento per concludersi nell’agosto del 1580. La mostra vuole raccontare al grande pubblico una sintesi a 360 gradi, coinvolgente e nuova, della vita, l’architettura e l’eredità del Palladio. L’obiettivo è di catturare l’attenzione, affascinare e stimolare l’immaginazione del pubblico: grazie alla eccezionale qualità e varietà delle opere originali esposte, e anche con l’impiego di modelli, compresi plastici realizzati appositamente, video e animazioni create al computer.

Il racconto della mostra si snoda attraverso 10 sale, impegnando l’intero piano nobile di palazzo Barbaran da Porto, l’unica dimora urbana che Palladio riuscì a realizzare integralmente. I temi presentati nelle varie sale sono suddivisi in tre sezioni principale:
1. La carriera di un genio dell’architettura
2. Nella mente di Palladio
3. Un eterno contemporaneo
1. La carriera di un genio dell’architettura

La mostra accoglie con un dipinto di Leandro Bassano dalla National Gallery of Art di Londra che mostra un cantiere veneto del Rinascimento in cui compare un giovane scalpellino intento a sbozzare un blocco di pietra: una immagine straordinariamente efficace degli inizi del giovane Andrea di Pietro.
Accanto ad esso due meravigliosi bronzetti provenienti dall’Ashmolean Museum di Oxford e dal Fitzwilliam Museum di Cambridge, opera di Vincenzo Grandi, il padrino di battesimo di Palladio che certamente ha influito nella scelta del giovane Andrea di privilegiare la polvere di marmo al bianco della farina del mestiere paterno.

Da Padova ci si sposta nella Vicenza di Giangiorgio Trissino e alle prime opere di Palladio, documentate da una serie di disegni autografi e dai ritratti dei committenti, come Iseppo Porto dipinto a figura intera con il proprio figlioletto Leonida in uno dei più bei ritratti di Paolo Veronese (in prestito dagli
Uffizi).
Una delle più importanti dimore urbane, palazzo Chiericati, è
raccontata da una emozionante sequenza di quattro disegni, conservati al Royal Institute of British Architects di Londra e dal Worcester College di Oxford, riuniti per l’occasione al libro dei conti della fabbrica, tenuto personalmente dal committente Girolamo Chiericati (proveniente dai Musei Civici di Vicenza).

Il mondo delle ville e delle loro splendide decorazioni ad affresco è evocato da uno inedito dipinto di Veronese (“Susanna e i vecchioni” dal Kunsthistorisches di Vienna) e dai grandi modelli lignei palladiani. Venezia e i suoi edifici palladiani sono “portati in mostra” da una serie di Canaletto (dalla Royal Collection di Windsor, dal Manchester Museum e dalla Galleria Nazionale di Parma) mentre un dipinto di Tintoretto dagli Uffizi restituisce il volto aggrottato del temibile Sansovino, il rivale di Palladio nella città lagunare.
Una sequenza di disegni autografi palladiani raccontano anche gli “insuccessi” di Palladio: il progetto mai realizzato per un ponte di Rialto “alla romana” che sarò preferito a quello, più tradizionale, di Antonio da Ponte; una serie di case di edilizia “minore” a Venezia (dal RIBA di Londra) e la splendida proposta di un palazzo Ducale “palladianizzato” con timpani e colonne che Andrea propone – senza successo – dopo il terribile incendio del 1577 (dalle Devonshire Collections di Chatsworth).

Una preziosa pianeta con un tessuto di manifattura ottomana, acquistato in Turchia da Marcantonio Barbaro, ambasciatore veneziano presso la Sublime Porta, e ricamato con le armi di famiglia per essere donato alla chiesa di Cividale, è in mostra come segno tangibile dei costanti scambi fra Venezia e l’Oriente che consentirono agli architetti turchi di conoscere l’opera di Palladio (che per Marcantonio aveva costruito la villa di Maser) e viceversa.
Chiude la sezione un ritorno a Vicenza: il grande disegno autografo per il Teatro Olimpico, l’ultima opera dell’architetto, riunito per la prima volta accanto agli studi dei teatri antichi che ne costituiscono la fonte ispiratrice (dal RIBA di Londra, dalla Westminster College Library di Londra e dalla Biblioteca Civica di Verona).

Nella mente di Palladio
Dopo aver seguito la carriera di Palladio attraverso più di quarant’anni di progetti, la mostra vuole rispondere ad una serie di domande inevitabili: come nascono i capolavori nella mente di Palladio, e come li trasferisce sulla carta?
Come li realizza in cantiere? E come li comunica al mondo? Tre sale vi consentiranno di viaggiare nel tempo e di porvi “dietro le spalle” di Palladio, mentre è chino sul tavolo da disegno, dà istruzioni ai muratori o mentre corregge le bozze dei suoi libri e ne cura la stampa.
La prima sala è dedicata a “Disegnare il progetto”: presenta preziosi fogli autografi palladiani, alcuni con solo i primi schizzi fatti davanti al committente (dalla Biblioteca Bertoliana di Vicenza), altri con studi più avanzati (dal RIBA di Londra) sino ai sontuosi fogli “di presentazione” al cliente, in cui Palladio coinvolge i suoi amici artisti perchè disegnino con maestria le statue e le decorazioni che li rendono unici e “seducenti” (dal RIBA di Londra, dal Museo nazionale di Budapest e dai Musei Civici di Vicenza).

La seconda sala è dedicata a “Costruire il progetto” e svele i “segreti” del cantiere palladiano, il suo modo di sagomare i mattoni per realizzare delle colonne evitando di usare costosi marmi e monoliti di pietra, le sue tecniche di realizzazione degli intonaci che mischiano polvere di marmo e calce ottenendo il prezioso “marmorino”. Questa sala presenta disegni autografi palladiani, frammenti originali delle sue architetture, ma anche modelli e campioni di materiale frutto di accurate ricerche e sperimentazioni effettuate dagli studiosi negli anni di preparazione della mostra. Una delle grandi novità emerse è il fatto che Palladio usasse una vernice rossa per differenziare le diverse parti degli ordini architettonici, con un risultato eclatante all’interno della chiesa di San Giorgio, che per secoli avevamo pensato che avesse concepito completamente bianca: in mostra sarà presentato con un grande modello tridimensionale che restituisce il cromatismo originario.

La terza sala è dedicata a “Comunicare il progetto” ovvero ad uno dei veicoli fondamentali della fama di Palladio nel mondo: il processo di ideazione e pubblicazione dei suoi libri, dalle fortunate Guide di Roma del 1554, ai Quattro Libri dell’Architettura (1570), alle edizioni illustrate di Cesare (1575) e di Polibio (1579-80). E’possibile seguire l’ideazione attraverso i fogli preparatori: particolarmente affascinanti quelli per i Quattro Libri, con le minute del testo fitto di correzioni e i disegni in controparte da affidare agli incisori (dal RIBA di Londra). Dalla British Library di Londra giungerà per la prima volta il menabò della edizione del Polibio, con la correzione delle bozze e il posizionamento
delle immagini di mano di Palladio stesso.

Sistemi multimediali consentiranno anche di “sfogliare” i volumi in forma digitale, per goderli al di la delle singole pagine degli originali aperte nelle vetrine.

Palladio. Un eterno contemporaneo

La terza e ultima sezione si apre con un’opera straordinaria, la grande veduta a olo d’uccello di Vicenza intorno al 1580 (anno di morte di Palladio) realizzata per servire da modello per la Gallerie delle Carte Geografiche in Vaticano. Si tratta di una delle più belle mappe rinascimentali, in grande formato (130 x140 cm) che consente di vedere quanto di effettivamente costruito esista nella Vicenza palladiana, e scoprire che alla morte dell’architetto molti edifici sono ancora in costruzione: palazzo Chiericati, palazzo Thiene, lo stesso palazzo arbaran da Porto.
Ma accanto ad essa il vero “mausoleo” dell’architetto, la villa Rotonda che in mostra è affiancata a disegni rinascimentali del Mausoleo di Alicarnasso, una delle sette meraviglie del mondo, proposta fra le fonti di ispirazione ell’edificio.

Ai segni del “lascito” palladiano, seguono gli edifici di un gruppo di architetti che ne hanno raccolto l’eredità: Vincenzo Scamozzi, Inigo Jones (in mostra in un splendido ritratti di Van Dyck dalle Devonshire Collections di Chatsworth) e la sua Banqueting House, Lord Burlington con i suoi disegni della villa di Chiswick (sempre da Chatsworth), Giacomo Quarenghi (dalla Biblioteca di Bergamo), Charles Cameron, sino a Thomas Jefferson e la sua villa di Monticello.

Fonte: Sito della mostra Palladio Cinquecento anni

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