“Sono qui per cercare un nuovo inizio fra gli Stati Uniti ed i musulmani nel mondo, basato sul mutuo interesse e sul mutuo rispetto. E sulla verità: America e Islam non devono essere in competizione. Invece, si sovrappongono e condividono principi comuni, di giustizia e progresso, di tolleranza e dignità di tutti gli esseri umani”. Barack Obama tende la mano agli islamici. Nell’attesissimo discorso, limato costanemente nelle ultime settimane dal presidente, pronunciato all’Università del Cairo davanti ad una folta platea, che più volte lo ha applaudito, Obama pone l’accento su ciò che unisce Stati Uniti e musulmani, dopo anni di “paura e diffidenza”, che hanno invece evidenziato le differenze. E insiste sulla necessità di inaugurare una nuova era – anche se, riconosce, “non basterà un solo discorso a sradicare anni di diffidenza” – superando stereotipi negativi, da entrambe le parti. Sia sull’Islam che sugli Stati Uniti d’America: “Proprio come i musulmani non rientrano in un crudo stereotipo”, dice, “lo stesso accade per l’America, che non è un impero interessato solo a sé stesso”.
Citando spesso il Corano, il presidente ha ricordato i contributi dell’Islam alla civiltà occidentale, ha sottolineato come l’Islam sia “senza dubbio parte della storia degli Stati Uniti”, ha ripercorso le proprie radici familiari a partire dal suo stesso nome, Barack Hussein Obama, per poi trattare molti altri argomenti. Dall’Afghanistan all’Iraq, dal terrorismo che dev’essere isolato e combattuto insieme, al conflitto israelo-palestinese, sostenendo la necessità di due Stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e sicurezza. Ha parlato anche della complessa situazione mondiale e dell’Iran: anche in quest’ultimo caso, ha ricordato, “sarà difficile superare decenni di diffidenza, ma vogliamo guardare avanti invece che rimanere prigionieri del passato. Ora il punto non è ciò a cui l’Iran si oppone, ma piuttosto, che tipo di futuro vuole costruire”. Questioni estremamente complesse, non certo facili da affrontare, ammette Obama. Ma si tratta di “interessi comuni, che potremo realizzare solo insieme”, dice il presidente, isolando chi vuole “alimentare divisioni e impedire la via del progresso”. Ecco i punti principali del discorso.
Combattere gli estremismi. “Qualsiasi cosa pensiamo del passato, non dobbiamo rimanerne prigionieri. I nostri problemi vanno affrontati in partnership e il progresso va condiviso. Ma la prima questione da affrontare è l’estremismo violento in tutte le sue forme. L’America non è e non sarà mai in guerra con l’Islam. Tuttavia, confronteremo senza tregua gli estremisti violenti che pongono un serio rischio alla nostra sicurezza. Il mio primo compito come presidente è proteggere il popolo americano”.
Afghanistan. “Non vogliamo tenere le nostre truppe in Afghanistan, non cerchiamo basi militari lì e porteremmo volentieri a casa ogni soldato se fossimo convinti che non ci siano in Afghanistan e Pakistan estremisti violenti che vogliono uccidere quanti più americani possibile. Ma così non è. Ecco perché siamo parte di una coalizione di 46 paesi. E nonostante i costi, l’impegno dell’America non si indebolirà”.
Iraq. “Gli eventi in Iraq hanno ricordato all’America la necessità di usare la diplomazia e creare consenso internazionale per risolvere i nostri problemi ogni volta che è possibile. Ora l’America ha una doppia responsabilità: aiutare l’Iraq a costruire un futuro migliore e lasciare l’Iraq agli iracheni. Le nostre brigate di combattimento saranno rimosse dal Paese il prossimo agosto e rispetteremo l’accordo con il governo iracheno democraticamente eletto di ritirare tutte le truppe dall’Iraq entro il 2012”.
Israele e Palestina, due stati. “I forti legami degli Stati Uniti con Israele sono noti. Questo legame è indistruttibile e l’aspirazione ad una patria per gli ebrei è radicata in una storia tragica che nessuno può negare. Al tempo stesso, è allo stesso modo innegabile che il popolo palestinese abbia sofferto nella ricerca di una patria. La situazione della gente palestinese è intollerabile. E l’America non girerà le spalle alla legittima aspirazione palestinese alla dignità, a ciò che è opportuno e ad uno stato proprio. L’unica soluzione è che l’aspiarazione di entrambe le parti sia realizzata attraverso due stati, dove israeliani e palestinesi possano vivere in pace e sicurezza. E’ nell’interesse di Israele, della Palestina, dell’America e del mondo. I palestinesi devono abbandonare la violenza. Hamas deve riconoscere gli accordi passati ed il diritto di Israele ad esistere. Israele deve rispettare l’obbligo di permettere ai palestinesi di vivere, lavorare e sviluppare la propria società”.
Iran. “Invece di rimanere intrappolati nel passato, il mio paese è pronto ad andare avanti. Il confronto sul controverso programma nucleare iraniano è a una svolta decisiva. Non riguarda solo gli interessi americani, ma si tratta di prevenire una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente che potrebbe portare la regione e il mondo intero lungo un cammino molto pericoloso. Riaffermo l’impegno dell’America per un mondo senza armi nucleari, ma ogni nazione, Iran compreso, dovrebbe avere diritto ad avere accesso al nucleare per scopi pacifici, se rispetta gli obbligli del Trattato di non proliferazione nucleare”.
Democrazia. “Nessun sistema di governo può o deve essere imposto da una nazione ad un’altra. Ma questo non riduce il mio impegno per avere governi che riflettano la volontà della gente. L’America non presume di sapere ciò che è meglio per tutti, ma ho la convinzione certa che tutti i popoli desiderino alcune cose: la possibilità di poter affermare le proprie opinioni e poter avere voce su come si è governati. La fiducia in una legge uguale per tutti e in una giusta amministrazione, un governo trasparente, che non si approfitti della cittadinza, che sia onesto, e la libertà per ciascuno di scegliere la vita e lo stile di vita che preferisce. Queste non sono idee americane, ma diritti umani di base, che sosterremmo e per cui combatteremo ovunque”.
[fonte: Republica.it]