L’amore al tempo del liceo è una cosa complicatissima, difficile da riconoscere, da confessare e da gestire. Soprattutto se è amore verso un adulto, un tuo professore, come nel caso di Elsa che ha l’ambizione di poter conquistare tutto nella vita, compreso il professor Scafiddi.
Per Arturo invece è tutta un’altra storia, per lui l’amore è solo una delle tante cose da scansare come tutti gli altri impegni che la sua vita di studente gli impone. Lui vuole vivere sullo sfondo, senza che nessuno lo noti e lo disturbi, senza rischiare altre delusioni e sofferenze come quella causata da suo padre che l’ha abbandonato da piccolo.
L’unica cosa che hanno in comune questi due ragazzi è che frequentano la stessa scuola e sono in classe insieme ma, essendo agli antipodi, si detestano a vicenda, sono nemici dichiarati. Ad aumentare gli attriti tra i due ci penserà il professor Scafiddi che ha promesso alla madre di Arturo di aiutarlo ad evitare la bocciatura e lo fa affiancandogli Elsa (che accetta per i suoi secondi fini), l’insegnante migliore possibile, la prima della classe.
Per i due l’appuntamento è fissato tutti i pomeriggi, nella biblioteca della scuola tra amori che nascono, incomprensioni, fraintendimenti e quell’assurda convinzione che tutte le possibilità del mondo siano aperte che si prova solo negli anni del liceo.
«Non so perché l’ha fatto. Rifletti un secondo, io ho negato, tu hai negato, è la loro parola contro la nostra e nessuno ci vedrà mai fare la coppietta. Non parliamone più, vedrai che tutti dimenticheranno nel giro di una settimana».
Elsa lo fissò per un po’, poi mollò la presa : «Va bene, facciamo come dici tu».
«Non capisco perché te la prendi così tanto?» disse Arturo ma poi si accorse di aver parlato troppo.
Elsa si sedette composta: «La gara è questa sera ed è meglio concentrarsi su quello. Comunque…»
«Comunque?»
«Non succederà mai», disse lei. «Capito? Mai e poi mai».
Estratto
Elsa era là.
A una decina di metri da Arturo e correva nel suo completo rosso da gara.
Il distacco tra i due era incolmabile, lei era la stella della squadra scolastica di atletica e lui quello con la sufficienza risicata in ginnastica.
Perché poi stesse gareggiando con Elsa era un mistero, ma in fin dei conti l’importante era raggiungerla.
Voleva affiancarla.
E poi superarla.
Solo una volta. Arturo non chiedeva di più.
Voleva dimostrare che anche lui valeva qualcosa e che, se avesse voluto, avrebbe potuto essere all’altezza della prima della classe.
Una cosa impossibile per il goffo Arturo che arrancava a scuola, cos. come sulla pista d’atletica.
Avrebbe fatto meglio a gettare la spugna.
Perché fare tanta fatica per raggiungere Elsa?
Si sarebbe arreso, cosa c’era di male?
Si sarebbe fermato su due piedi, là dov’era, e l’avrebbe guardata allontanarsi perché le gare d’atletica erano noiose. Perché fare tanta fatica?
Per superare altri imbecilli che volevano arrivare prima di lui?
Poi ci fu un guizzo nel campo visivo di Arturo, un movimento sinuoso a destra e a sinistra.
Era la lunga coda di cavallo di Elsa, che si era sciolta lasciando danzare i capelli nel vento. Così, senza una ragione, i capelli che prima erano ordinati come li teneva sempre, di colpo puf, erano liberi e bellissimi.
Arturo non l’aveva mai vista con i capelli sciolti.
Calma.
Sì, d’accordo, era bella, per. era pur sempre Elsa, la più odiosa delle sue compagne di classe, la cocca di tutta la scuola, la secchiona, la perfetta, l’insopportabile.
La ragazza si voltò, o così sembrò ad Arturo che era accecato dalla luce del sole basso all’orizzonte. Il profilo di Elsa era una linea morbida sulle guance e sulle labbra.
Le labbra si schiusero e lei sorrise.