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Dopo un lungo periodo  di notizie economiche negative, di posti di lavoro persi e di PIL in calo, finalmente una buona notizia: il Made in Italy conquista il primo posto nella produzione mondiale di macchine utensili a deformazione. Il continuo apporto di miglioramenti tecnici e di innovazioni hi-tech, ha reso i nostri prodotti flessibili e precisi. In grado di lavorare con una tolleranza di appena 1 micron. Per avere un’idea della precisione di questi robot industriali, si pensi che il diametro di un globulo rosso è pari a 8 micron.

Più in generale, nella graduatoria mondiale della robotica, l’Italia è al quarto posto. La nostra produzione, non è quella, quasi frivola, del robot cameriere o del robot ballerino, ma quella concreta delle macchine utensili industriali. I nostri apparati sono molto amati dai principali utilizzatori mondiali perché hanno la capacità di compiere numerose lavorazioni dello stesso pezzo. Partendo dalla materia semigrezza arrivano al prodotto finito.

La meccanica strumentale italiana colloca all’estero il 70% della sua produzione. Infatti, come afferma, Alberto Maria Sacchi, presidente di Federmacchine, “l’apporto reale che diamo alla bilancia commerciale è sempre su livelli record. Siamo tra i pochi settori industriali avanzati in grado di offrire un contributo largamente positivo”.

Secondo l’Associazione Italiana di Robotica e Automazione, i robot italiani sono oggetti meccatronici dalle grandi capacità e potenzialità. Il loro utilizzo permette la riduzione dei tempi di immissione dei prodotti sul mercato, le miniaturizzazioni dei manufatti e la riduzione dei costi a parità di qualità. I nostri robot industriali sono il mezzo per aumentare gli standard qualitativi e la produttività.

Va sottolineato, che il comparto è formato da circa 6.500 imprese e che il suo giro d’affari corrisponde al 2,5% del Prodotto Interno Lordo. Le vendite all’estero costituiscono il 6% delle esportazioni.

Stupisce che ad ottenere questi successi non sia la grande industria, ma la PMI ( Piccola e Media Impresa). La prima, pur possedendo le risorse necessarie per finanziare ricerca e innovazione, si accontenta degli aiuti statali e delle produzioni tradizionali. La seconda, invece, con pochissime risorse disponibili e con un numero di dipendenti irrisorio (molto spesso si aggira intorno ai 15) produce beni tecnologicamente avanzati e costruisce robot apprezzati in tutto il mondo.

Il limite di questa situazione, però, è che, essendo piccole aziende, con poco personale e pochi capitali, non possono controllare e guidare il mercato globalizzato. Ma sono obbligate a dedicarsi a produzioni di nicchia, oppure a particolari di una produzione più vasta. Magari siamo i più bravi a realizzare un robot che saldi i componenti elettronici sulla scheda madre di un computer, ma non produciamo il computer completo.

Come al solito, la nostra risorsa principale rimane l’inventiva e la capacità di trovare soluzioni originali ed efficienti. Anche quando costruiamo macchine sofisticate, la dote principale rimane sempre la fantasia individuale.

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Redazione

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