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Gordon Brown
Qualcuno lo paragona a Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri. Qualcun altro lo accusa di un ritorno alle origini, al «tassa e spendi», vecchio mantra del socialismo. E c’ è anche chi ironizza che Gordon Brown, l’ imputato di tutto questo, è tornato a fare il mestiere che sapeva fare, il cancelliere dello Scacchiere, ovvero il ministro delle Finanze, poltrona che occupò per dieci anni sotto Tony Blair, lasciando de facto l’ incarico di primo ministro a un politico più abile e navigato, Peter Mandelson. Ma la City, per adesso, sembra con lui: la Borsa di Londra reagisce positivamente al piano anti-crisi presentato ufficialmente da Brown e dal suo cancelliere dello Scacchiere (quello ufficiale, perlomeno) Alistair Darling. I Conservatori gridano allo scandalo, perché per finanziare il suo pacchetto di misure a sostegno dell’economia, per un totale di 16 miliardi di sterline, inclusa la riduzione della Vat, l’Iva britannica, dal 17,5 al 15% per oltre un anno, il governo ha deciso di aumentare le tasse, dal gennaio 2011 (dunque dopo le elezioni del 2010), portando dal 40 al 45% l’ aliquota delle imposte sul reddito per la fascia più ricca della popolazione, coloro che guadagnano oltre 150 mila sterline (pari a circa 180 mila euro). Il provvedimento colpirebbe all’incirca 300 mila persone, dunque una esigua minoranza; ma rompe l’ alleanza di fatto, instaurata da Blair, tra il New Labour e le classi privilegiate, che non vedevano più la sinistra come un avversario. L’iniziativa di Brown farà salire il deficit del 2008 al 2,8% e quello del 2009 a 4,4: ben oltre i parametri posti da Mastricht ai Paesi dell’ euro, il cui deficit non può superare il 3 per cento del Pil. Ma il premier laburista non se ne preoccupa, e non solo perché il Regno Unito non fa parte dell’eurozona. «Il nostro debito pubblico è considerevolmente più basso di dieci anni fa, ed è più basso di quello di tutti i paesi del G7, ad eccezione del Canada, per cui abbiamo dei margini di manovra per aumentare la spesa pubblica», ha spiegato ieri a un convegno della Confindustria britannica. Quanto all’aumento dell’aliquota per la fascia più ricca, ha osservato: «Il miglior modo di abbassare le tasse a lungo termine è ridare slancio all’economia, sostenendo la crescita. Non fare nulla adesso sarebbe un fallimento di politica economica e di leadership. Fare poco o aspettare porterebbe a maggiori danni e all’ulteriore deterioramento dell’economia, a problemi fiscali maggiori, a tassi d’ interesse e tasse ancora più alte». Sullo stesso tono le dichiarazioni del cancelliere Darling. «Il mio obiettivo è rispondere alle sfide della recessione globale», ha detto in parlamento il responsabile delle Finanze. «Questa è una crisi senza precedenti e la volontà del governo è aiutare le imprese quando ne hanno più bisogno, mantenendo contemporaneamente il nostro impegno a investire in scuole, ospedali, infrastrutture». Secondo i Conservatori, viceversa, il piano laburista è destinato a fallire, provocando «un’ esplosione fiscale» che colpirà tutti, non solo i ricchi. «Il governo ci butta soldi addosso ora, per riprenderseli dopo», ha affermato il leader dei Tory David Cameron. «Questo è il problema dei debiti, che prima o poi bisogna restituirli. E per restituire tutto quello che il governo ci dà ora sarebbe necessario aumentare le tasse sul reddito dell’8 per cento». Ma la prima risposta del mercato, con la spettacolare ascesa della Borsa, è positiva. Se anche l’ economia, da qui a Natale, risponderà in modo analogo, Brown potrebbe vincere la sua scommessa.

[fonte: Enrico Franceschini – Repubblica]

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