Camere con vista, passeggiate in giardino, alta società e vita da bohème: la mostra di Palazzo Strozzi riunisce i grandi temi della cultura di fine Ottocento in una narrazione che restituisce il fascino che l’idea di Firenze ha saputo esercitare su due generazioni di artisti. A sottolineare il rapporto strettissimo fra letteratura e pittura che distingue il periodo ci accompagnano guide, memoriali e taccuini dei sentimental travelers, che arrivavano in Europa dalla fine della guerra di Secessione, alla ricerca di emozioni, cultura, esperienza. Tra immagini e racconti emerge la voce di Henry James, che nei suoi libri aveva spesso descritto con termini vicina alla pittura l’emozione provocata dalla luce dorata di Firenze, o si era ispirato alle vicende biografiche degli amici Frank Duvenek ed Elisabeth Lyman Booth o a Sargent per creare i personaggi dei suoi romanzi. Uno dei grandi meriti dell’esposizione è quello di presentare artisti poco noti, ma che hanno amato appassionatamente l’Italia: William Chase, Joseph Pennell, Leroy Metcalf e molti altri che hanno alimentato con la loro presenza la conoscenza, la scoperta e lo scambio con la cultura locale. Il contrappunto e completamento a queste opere è presente attraverso i dipinti di artisti italiani coevi fra quelli più coinvolti dalla ricerca di internazionalità: Telemaco Signorini le cui vedute del Mercato Vecchio erano infatti chiaramente destinate a un pubblico straniero che ricercava una Firenze caratteristica e immutabile, Giovanni Boldini in competizione con Sargent, tanto da arrivare ad affittare lo studio parigino del pittore americano, e Vittorio Corcos, che conferiva alle sue jolies femmes una sfrontatezza e un contesto moderno in cui muoversi, con lo spirito di indipendenza che rendeva pionieristiche e un po’ sfacciate le donne americane.
Nelle varie sezioni tematiche la mostra arriva a trasmettere il senso autentico che il viaggio in Italia rivestiva: fondare una pittura veramente americana, con una sua peculiarità, e che pur tenendo conto della tradizione potesse esprimere l’ottimismo e l’energia della nazione nata dopo la guerra civile e rivolta al futuro e al progresso. Questo spiega la base solidamente accademico-disegnativa di artisti che hanno spesso soggiornato anche a Parigi e hanno conosciuto l’impressionismo, che sono arrivati in Toscana per schiarire la tavolozza o ritrarre il paesaggio ’civilizzato’ delle olivete e dei borghi, oltre che al richiamo artistico e culturale.
Il risultato di questi stimoli si sostanzia con il grande successo dei ritratti a figura intera, eleganti ma in ambiente domestico, come Il ritratto di Mrs. Alexander, o in quelli di Sargent, che evocano la vita dei dandy e dell’alta società. Distaccati dai modelli europei sono anche gli interni con figure colte nell’intimità della casa, o le donne in giardino coi bambini, che celebrano gli affetti intimi e le gioie quotidiane, valori fondanti per la cultura americana. La figura femminile non è solo un soggetto pittorico, ma già negli anni Sessanta a Philadelphia le donne erano ammesse all’accademia e se Mary Cassatt è stata la più celebre, qui vengono presentate donne indipendenti e coraggiose, capaci di sfidare le convenzioni e di arrivare a incarichi di prestigio: Cecilia Beaux, che rifiutò l’etichetta di pittrice per essere semplicemente un pittore, e Bessie Vonnoh, scultrice determinata ed elegante, e rappresentano con il loro lavoro e i loro successi lo spirito intraprendente e emancipato che l’America voleva incarnare nel nuovo secolo.
Americani a Firenze. Sargent e gli Impressionisti del Nuovo Mondo
Palazzo Strozzi, piazza Strozzi, Firenze
Fino al 15 luglio 2012
Tutti i giorni, 9.00-20.00; giovedì, 9.00-23.00
www.palazzostrozzi.org
Articolo scritto in collaborazione con mostreinmostra