Da Settembre 2009 il museo è diretto da Patrizia Nitti, curatrice italo-francese di fama internazionale, organizzatrice dalla metà degli anni ‘80 d’importanti eventi culturali in Italia e nel mondo. Al suo attivo la gestione del sito archeologico di Pompei, la collaborazione con il Museo Archeologico d’Aosta e numerose mostre di grande rilevanza (da Tutte le strade portano a Roma con Achille Bonito Oliva nel 1993 ad Arcimboldo al Museo del Luxembourg di Parigi nel 2007).
Non possiamo che cominciare ricordando il suo lavoro di curatrice di grandi mostre in Italia, Francia e Stati Uniti. Cosa porta con sé di questa lunga e fruttuosa esperienza?
«Soprattutto il gusto della diversità. Ho avuto la fortuna di vivere in diversi paesi e questo è un grande capitale: mi da una certa distanza delle cose e, credo, originalità nel lavoro. Essendo io perfettamente biculturale, ho la fortuna di capire le altre civiltà più rapidamente di qualcuno che è solo concentrato sulla propria. Sono il risultato di un esilio familiare forzato: i miei nonni, Francesco Saverio Nitti e Alberto Cianca, due statisti italiani di forte personalità, hanno dovuto lasciare l’Italia con le famiglie in opposizione al fascismo e si sono stabiliti in Francia. Mio padre dirigeva la sezione batteriologia dell’Istituto Pasteur di Parigi e ha acquisito, insieme a mia madre, la cittadinanza francese: sono dunque figlia di due cittadini francesi a tutti gli effetti, anche se in realtà mio padre era napoletano e mia madre romana».
In lei prevale più l’anima italiana o francese?
«Direi che sono completamente fuse. Dalla mia infanzia ho sempre avuto l’impressione di vivere in un vastissimo territorio, con delle differenze certo, ma armoniose: non ho mai percepito i due paesi come separati. In entrambi ho respirato arte fin da bambina».
La sua carriera artistica è conseguenza di questa origine? Cosa l’ha spinta verso il mestiere di curatrice?
«Ho una doppia formazione: artistica e finanziaria. Dopo anni di lavoro nella finanza, ho avuto la fortuna di essere stata chiamata a Pompei nel 1987 per dirigerne l’amministrazione. Devo confessare che, nella vita professionale, la competenza economica mi è stata molto utile; sono stata formata in Francia e qui la nozione duale d’economia e cultura è molto forte. Mi è stato insegnato il valore venale del patrimonio e mi sono sempre battuta per legittimare questo aspetto della cultura anche in Italia.
L’Italia è talmente ricca di patrimonio che a volte dimentica di valorizzarne delle parti, agisce come quei vecchi aristocratici che hanno tutto e che non se ne rendono quasi conto. In realtà è responsabile di un patrimonio che non è solo suo, l’Italia è stata per secoli il testimone di un’immensa cultura, ora deve restituire al mondo la ricchezza straordinaria che ha avuto in eredità. Ed è giusto che sia un patrimonio anche economico».
Veniamo ora al suo incarico al Museo Maillol. In cosa consiste esattamente il lavoro di direttore artistico?
«Il direttore artistico è colui che progetta la linea espositiva di un museo. Il Maillol raccoglie essenzialmente collezioni d’arte moderna, per questo le mostre proposte fino ad oggi seguivano questa vocazione. Con la mia nomina, l’intenzione è d’allargare la programmazione alla pittura classica italiana. Continuerò il discorso intrapreso insieme ai sovrintendenti italiani che mi hanno accompagnato nella lunga stagione al Museo del Luxembourg, innanzitutto il Segretario Generale dei Beni Culturali, Roberto Cecchi. Al centro del nostro interesse rimane l’arte italiana, che i parigini hanno dimostrato d’amare tanto».
Cosa l’ha portata ad assumere questo nuovo incarico?
«La continuità con un’amicizia, quella con Dina Vierny, la fondatrice del museo Maillol. Dina è stata una donna straordinaria, una fortissima personalità che ha lasciato una traccia indelebile nella vita artistica parigina. Ha portato avanti le sue battaglie estetiche e sociali con determinazione, lasciando una prova tangibile della sua passione per l’arte: un museo. Oltre ad aver ereditato l’opera di Maillol, ha saputo attorniarsi di grandi artisti, costruendo una collezione straordinaria: il museo ospita un’importante serie d’arte dadaista, una magnifica collezione di Poliakoff, oltre ad opere di grande qualità del modernismo russo. Dina era una collezionista dotata, una donna moderna, d’azione e di cultura, era un’appassionata. Venire dopo di lei è un vero impegno e un grande onore».
Quale sarà il suo apporto come direttrice artistica al museo Maillol? Prevede una “rottura” con il passato?
«Fino ad ora il museo si è presentato come un luogo dell’arte del XX° secolo. La mia direzione ha introdotto una novità: il confronto con il passato. Ma non direi che si tratti di una “rottura”. Penso che nella vita raramente le cose siano casuali. Poco tempo dopo la morte di Dina Vierny, quando cominciavamo a discutere della programmazione che si sarebbe fatta al museo, proposi una mostra cui lavoravo da tempo: trattava della caducità della vita e della tradizione del memento mori. Era arrivato il momento di presentarla al pubblico. È sembrato a tutti naturale dire a Dina, che era una donna intelligente e ironica: “Cara amica, c’est la vie!”. Così è nata C’est la vie! Vanità da Caravaggio a Damien Hirst, la prima mostra che ho curato al museo Maillol (N.d.R.: la mostra si è svolta nel 2010). È stato il modo migliore per dire a Dina au revoir, non addio. (…)»
Cosa si devono attendere i visitatori del Museo Maillol nel futuro?
«La nostra linea è di continuare a proporre la pittura moderna, che è l’essenza del museo, e in parallelo affronteremo l’arte rinascimentale italiana. Presenteremo I Tesori dei Medici, una mostra che era prevista al Museo del Luxembourg e che non è mai stata realizzata, con grande delusione dei parigini. Finalmente ci siamo riusciti: i capolavori delle collezioni medicee saranno esposti al Museo Maillol per quattro mesi (N.d.R.: la mostra si è svolta nel 2011). Ci piacerebbe inoltre preparare una monografia su Artemisia Gentileschi, la grande pittrice del ‘600: essendo il museo impregnato della forte personalità di Dina Vierny, vorrei dedicare diversi appuntamenti ad artiste donne. Mi sembra il giusto omaggio in onore della sua fondatrice».
Fondazione Dina Vierny – Musée Maillol
Orario: Aperto tutti i giorni dalle 11:00 alle 18:00 tranne il Martedì e i giorni festivi
Biglietto: 8 euro – ridotto 6 euro. Gratuito per i minori di 16 anni.
Info: 00.33 (0) 1 42 22 59 58
Sito internet: www.museemaillol.com
Intervista tratta da ARTEiN n. 128, agosto 2010. Pubblicazione per gentile concessione della rivista
Articolo scritto in collaborazione con mostreinmostra