Il mondo festeggia il compleanno di uno degli uomini politici più carismatici e importanti del XX secolo: Nelson Mandela. E’ un’ottima occasione per ripercorrere la sua tormentata storia, entrata ormai di diritto nella leggenda e divenuta un esempio per l’intera umanità. A lui dobbiamo un grande insegnamento, impartitoci a costo di atroci sofferenze e privazioni: non bisogna mai rinunciare alla propria libertà.
Un matrimonio senza lo sposo Tutto ebbe inizio quando il giovane Nelson, all’età di 22 anni, si ribellò, con il cugino Justice, a un matrimonio forzato ordinato dal thembu Dalindyebo. Come conseguenza, avendo mancato di rispetto al capo tribù e alla sua famiglia, Nelson e Justice dovettero scappare rifugiandosi a Johannesburg. Da giovane studente di legge, Mandela fu coinvolto nell’opposizione al minoritario Regime sudafricano, che negava i diritti politici, sociali, civili alla maggioranza nera sudafricana. Unendosi all’African National Congress nel 1942, due anni dopo fondò l’associazione giovanile Youth League, insieme a Walter Sisulu, Oliver Tambo ed altri.
Lotta all’apartheid Dopo la vittoria elettorale del 1948 da parte del Partito Nazionale, fautore di una politica pro- apartheid di segregazione razziale, Mandela si distinse nella campagna di resistenza del 1952 organizzata dall’Anc, ed ebbe un ruolo importante nell’assemblea popolare del 1955, la cui adozione della Carta della Libertà stabilì il fondamentale programma della causa anti-apartheid.Durante questo periodo Mandela ed il suo compagno avvocato Oliver Tambo fondarono l’ufficio legale Mandela e Tambo fornendo assistenza gratuita o a basso costo a molti neri che sarebbero rimasti altrimenti senza rappresentanza legale. Inizialmente coinvolto nella battaglia di massa non-violenta, fu arrestato insieme ad altre 150 persone il 5 dicembre 1956, ed accusato di tradimento. Seguì un aggressivo processo, durato dal 1956 al 1961, al termine del quale tutti gli imputati furono assolti. Mandela ed i suoi colleghi appoggiarono la lotta armata dopo l’uccisione di manifestanti disarmati a Sharpeville, nel marzo del 1960, e la successiva interdizione dell’ANC e di altri gruppi anti-apartheid.
La prigionia Nel 1961 divenne il comandante dell’ala armata Umkhonto we Sizwe dell’ANC (“Lancia della nazione”, o MK), della quale fu co-fondatore. Coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito e gli obiettivi del governo, e elaborò piani per una possibile guerriglia per porre fine all’apartheid. Raccolse anche fondi dall’estero per il MK, e dispose addestramenti para-militari, visitando vari governi africani. Nell’agosto 1962 fu arrestato dalla polizia sudafricana, in seguito a informazioni fornite dalla CIA, e fu imprigionato per 5 anni con l’accusa di viaggi illegali all’estero e incitamento allo sciopero. Durante la sua prigionia, la polizia arrestò importanti capi dell’ANC, l’11 luglio 1963 presso la Liliesleaf Farm, di Rivonia. Mandela fu considerato fra i responsabili,e insieme ad altri fu accusato di sabotaggio e altri crimini equivalenti al tradimento (ma più facili per il governo da dimostrare). Joel Joffe, Arthur Chaskalson e George Bizos fecero parte della squadra di difesa che rappresentò gli accusati. Tutti, ad eccezione di Rusty Bernstein, furono ritenuti colpevoli e condannati all’ergastolo, il 12 giugno 1964. L’imputazione includeva il coinvolgimento nell’organizzazione di azione armata, in particolare di sabotaggio (del cui reato Mandela si dichiarò colpevole) e la cospirazione per aver cercato di aiutare gli altri Paesi ad invadere il Sudafrica (reato del quale Mandela si dichiarò invece non colpevole). Per tutti i successivi 26 anni, Mandela fu sempre maggiormente coinvolto nell’opposizione all’apartheid, e lo slogan “Nelson Mandela Libero” divenne l’urlo di tutte le campagne anti-apartheid del Mondo. Mentre era in prigione, Mandela riuscì a spedire un manifesto all’ANC, pubblicato il 10 giugno 1980. Il testo recitava: «Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!» Rifiutando un’offerta di libertà condizionata in cambio di una rinuncia alla lotta armata (febbraio 1985), Mandela rimase in prigione fino al febbraio del 1990. Le crescenti proteste dell’ANC e le pressioni della comunità internazionale portarono al suo rilascio l’11 febbraio del 1990, su ordine del Presidente sudafricano F.W. de Klerk, e alla fine dell’illegalità per l’ANC. Mandela e de Klerk ottennero il premio nobel per la pace nel 1993. Mandela era già stato in precedenza premiato con il Premio Sakharov per la libertà di pensiero nel 1988.
Mandela presidente Divenuto libero cittadino e Presidente dell’ANC (luglio 1991 – dicembre 1997) Mandela concorse contro de Klerk per la nuova carica di presidente del Sudafrica. Mandela vinse, diventando il primo capo di stato di colore. De Klerk fu nominato vice presidente. Come presidente, (maggio 1994 – giugno 1999), Mandela presiedette la transizione dal vecchio regime basato sull’apartheid alla democrazia, guadagnandosi il rispetto mondiale per il suo sostegno alla riconciliazione nazionale ed internazionale. Alcuni esponenti radicali furono delusi dalle mancate conquiste sociali durante il periodo del suo governo, nonché dall’incapacità del governo di dare risposte efficaci al dilagare dell’HIV/AIDS nel Paese. Mandela stesso ammise, dopo il suo congedo, che forse aveva commesso qualche errore nel calcolare il possibile pericolo derivante dal diffondersi dell’AIDS. Mandela è stato anche criticato per la sua stretta amicizia con Fidel Castro e Muammar Gheddafi, da lui chiamati “compagni in armi”. Anche la decisione di impegnare le truppe Sudafricane per opporsi al golpe del 1998 in Lesotho rimane una scelta controversa.
Il ritiro dalla politica Dopo aver abbandonato la carica di Presidente nel 1999, Mandela ha proseguito il suo impegno e la sua azione di sostegno alle organizzazioni per i diritti sociali, civili ed umani. Ha ricevuto numerose onorificenze, incluso l’Order of St. John dalla Regina Elisabetta II e la Presidential Medal of Freedom da George W. Bush. Mandela è una delle due persone di origini non indiane (Madre Teresa è l’altra) ad aver ottenuto il Bharat Ratna, il più alto riconoscimento civile indiano (nel 1990). A testimonianza della sua fama va ricordata la visita del 1998 in Canada, durante la quale allo Skydome di Toronto parlò in una conferenza a 45.000 studenti che lo salutarono con intensi applausi. Nel 2001 ha ricevuto l’Order of Canada, ed è stato il primo straniero a ricevere la cittadinanza onoraria canadese. Nel giugno 2004, all’età di 85 anni, Mandela ha annunciato di volersi ritirare dalla vita pubblica e di voler passare il maggior tempo possibile con la sua famiglia, finché le condizioni di salute glielo avrebbero concesso. Ha comunque fatto un’eccezione nel luglio 2004, confermando il suo duraturo impegno nella lotta contro l’AIDS, recandosi a Bangkok per parlare alla XV conferenza internazionale sull’AIDS. Il 23 luglio 2004, con una cerimonia tenutasi a Orlando, Soweto, la città di Johannesburg gli ha conferito la più alta onorificenza cittadina, il “Freedom of the City”, paragonabile alla consegna delle chiavi della città.
[fonte: Wikipedia]
2 commenti
siete bravi a copiare
Buongiorno Niccolò,
medeaonline da anni difende i Creative Commons “Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 3.0 Unported”, di cui wikipedia fa parte e di cui specifichiamo sempre la fonte, nel caso del suo (sporadico) utilizzo. Se noti, l’articolo si apre con una riflessione, che per forza è “farina del nostro sacco”. Per i fatti ci siamo affidati ad una fonte, nello spirito dei Creative Commons. Per noi sono importanti i “fatti” e per rispettare i fatti è necessario citare le fonti. L’articolo è del 18 luglio del 2009: da quella data puoi notare come l’uso di wikipedia sia occasionale e sempre citato come fonte.