Via libera della Camera al lodo Alfano, il provvedimento sulle immunità per le quattro più alte cariche dello Stato. Il disegno di legge passa adesso al Senato, dove il voto è previsto prima della pausa estiva. A Montecitorio i sì sono stati 309, i no 236, gli astenuti 30 (il gruppo dell’Udc). Nessuna modifica rispetto al testo approvato dal Consiglio dei ministri è stata apportata dalle commissioni. L’aula ha invece accolto un emendamento del Pd (l’Idv ha votato contro) che stabilisce che la sospensione dei processi non si applichi nel caso di successiva investitura in altra delle cariche o delle funzioni. Il Guardasigilli, Angelino Alfano, si è dichiarato subito «molto soddisfatto» dall’esito del voto. «Silvio Berlusconi, dopo aver brillantemente vinto le elezioni, merita di governare serenamente questo Paese – ha spiegato il ministro della Giustizia – e il Paese ha bisogno di essere governato».
IL PD L’approvazione della Camera è arrivata al termine di una seduta che si è subito surriscaldata con l’intervento in aula di Massimo D’Alema (Pd): «Silvio Berlusconi affronti i giudizi che lo riguardano a testa alta», è stato l’invito rivolto al premier (guarda il video). «Lasci al Parlamento il compito di affrontare questioni di fondo come quella della giustizia in quel clima di confronto sulle riforme prima auspicato e poi compromesso da scelte autoritarie che hanno creato imbarazzo anche in parte della maggioranza» ha aggiunto. «Questa legge serve solo a bloccare in modo sbrigativo e rozzo il processo per corruzione in cui il presidente del Consiglio è coinvolto e forse per evitargliene un altro. La verità è questa, e le finzioni non aiutano» ha spiegato D’Alema. Sulla stessa linea si è mantenuto più tardi il segretario del Pd, Walter Veltroni: «Il lodo Alfano è obiettivamente una legge per una persona. Se non fosse così il governo avrebbe risposto positivamente all’appello a non avvalersi delle prerogative» contenute nella norma, e cioè l’immunità per le alte cariche dello Stato. Ma non solo: per Veltroni la prova che si tratta di una legge ad personam risiede anche nell’urgenza. «Perché non è stata scelta una legge costituzionale? Per la necessità di andare velocemente e fare presto, tanto che si è anche fatta un’inversione con il ‘blocca processi’». Ma ancor più grave, osserva Veltroni, «è che per fare una norma a favore dei non autosufficienti ci si è messo 6 anni, per questa 48 ore». Insomma, «quando si tratta di questioni che riguardano qualcuno c’è una grande velocità, quando invece riguardano il Paese c’è un’estrema lentezza».
IDV A far infuriare gli esponenti della maggioranza è stato però soprattutto Antonio Di Pietro (che non è stato applaudito nemmeno dai deputati del Pd). «Signor presidente del consiglio che non c’è – ha attaccato il leader dell’Italia dei valori – oggi lei non è soltanto assente, oggi lei è contumace. E non ci venga a dire che è impegnato altrove, noi possiamo aspettare – ha ironizzato – perché non vediamo alcuna urgenza per approvare questa legge». E di più: «Non ci degna della sua presenza neanche oggi che ci chiama a violare la Costituzione per farle un favore». E già, perché Berlusconi – ha proseguito Di Pietro – sta trasformando il Parlamento in magistrato speciale, obbligato ad emanare provvedimenti paragiudiziari» a suo vantaggio.
PDL Posizione contraria quella del Popolo della Libertà. «È venuto il momento di prendere il toro per le corna ed eliminare l’uso politico della giustizia – ha affermato il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto -. Solo così avremo una legislatura costituente, altrimenti si ripeterà quanto sta accadendo dal 1992 ad oggi. Sul terreno della giustizia va fatta una operazione globale. Siamo di fronte a una questione decisiva per il futuro della legislatura». Cicchitto è duro con il Pd e durissimo con l’Idv: «Il Pd non è fortunato con le alleanze. L’Idv ha creato un gruppo autonomo e poi ha organizzato la manifestazione di martedì. Il Pd si è alleato con un partito forcaiolo e volgare. Oggi il discorso di Di Pietro è stato lugubre e inquietante».
LEGA Più sfumata la Lega. Carolina Lussana ha spiegato come l’atteggiamento della Lega sia «disincantato ma trasparente». Lussana riconosce che il lodo Alfano «non è una priorità per i cittadini, ma è giusto affrontarlo adesso, per ripristinare la serenità necessaria per governare il Paese, a tutela non del singolo ma della funzione ricoperta. Per 10 anni vicende estranee a questa Camera hanno condizionato le Aule e dettato l’agenda. Ma l’origine risale al difficile rapporto tra giustizia e politica. Occorre trovare una soluzione, che senza tornare alla vecchia immunità (non sarebbe capita dai cittadini), salvaguardi il risultato elettorale» ed eviti che «resti in balia delle iniziative di qualche magistrato. Ragione tanto più valida da quando la sovranità popolare indica direttamente il Presidente del Consiglio».
SCONTRO IN AULA In precedenza c’era stato un duro scontro tra Franco Barbato e Mario Landolfi. La bagarre è scoppiata quando l’esponente dell’Italia dei Valori ha preso la parola: «Il lodo Alfano andrebbe esteso anche all’onorevole Landolfi visto che ho letto su alcuni giornali, sul Mattino in particolare, che sarebbe stato eletto con i voti della camorra». Immediata la reazione dai banchi della maggioranza: urla e mugugni nei confronti del deputato dipietrista che è stato anche richiamato dal vicepresidente di turno dell’Assemblea Rosy Bindi: «Se lancia accuse così pesanti ad altri colleghi non può sperare che non ci sia una reazione». L’esponente di An, dal canto suo, ha replicato definendo Barbato «un cane rabbioso» che «risponderà in tribunale delle sue accuse». «Lei non sa leggere perché se lei avesse letto si sarebbe reso conto che proprio quelle affermazioni sono la prova della mia assoluta trasparenza e del mio impegno per la legalità e contro la camorra» ha detto Landolfi rivolgendo direttamente a Barbato.
[fonte: Corriere.it]