Cos’è in fondo una rivoluzione se non il cambiamento più o meno radicale di comportamenti, modi di essere e di pensare. In molti casi le rivoluzioni sono legate a luoghi o edifici che ne sono diventati simbolo e che ne tramandano il ricordo. Vi proponiamo una curiosa panoramica, per forza di cose incompleta, di questi simboli che spesso, magari durante i nostri viaggi, incrociamo distrattamente senza nemmeno renderci conto della loro importanza.
A stelle e strisce Boston, per tradizione, è considerata come la più europea delle città degli Stati Uniti, ironia della sorte, proprio a Boston – e precisamente nel suo trafficato porto – si sono svolti i fatti che condussero alla scissione definitiva delle colonie americane dalla Regno Unito e, quindi, dall’Europa. Il “Boston Tea Party” fu un atto di protesta da parte dei coloni americani contro il governo britannico, colpevole di aver applicato un’eccessiva tassazione. La notte del 16 dicembre del 1773 un gruppo di patrioti americani, travestiti da indiani, salirono a bordo di navi commerciali inglesi e rovesciarono in mare il loro carico di tè. Per giorni le foglie di tè galleggiarono nelle acque del porto riempiendo la città del loro profumo intenso. Accadde anche che i bostoniani più opportunisti tentarono di recuperare le preziose foglie, costringendo le forze dell’ordine a batterle coi remi rendendole inutilizzabili, ma questo risvolto del “Boston Tea Party” è soltanto una nota di colore nell’episodio scatenante di una rivoluzione destinata a cambiare la storia del mondo per sempre. Senza quel tè rovesciato in mare forse oggi non esisterebbero gli Stati Uniti d’America.«Che mangino le brioche!» Difficile riconoscere oggi il luogo in cui sorgeva la fortezza della Bastiglia nella grande rotatoria automobilistica di Place de la Bastille. Eppure, osservando con attenzione il selciato, i più attenti potranno notare le tracce perimetrali dell’antica prigione parigina. Cosa rappresentò la Bastiglia per il popolo francese oppresso da una monarchia scriteriata è facile da comprendere: generalmente nella fortezza venivano imprigionati prigionieri politici e oppositori del regime. Era, in poche parole, il simbolo stesso di quella dittatura che aveva ridotto la nazione alla fame e che negava o concedeva i diritti – che oggi riteniamo fondamentali – solo in base al proprio ceto d’appartenenza. Possiamo solo immaginare quel 14 luglio 1789, quando gli insorti di Parigi invasero l’Hôtel des Invalides per raccogliere armi. Non trovando la polvere da sparo pensarono immediatamente alla Bastiglia che ne era ben fornita e, forse, la decisione di assaltarla nacque così, spontaneamente. Dopo quattro ore di combattimenti i rivoluzionari espugnarono la prigione-fortezza, uccisero il marchese Bernard de Launay e diverse delle sue guardie. Vennero liberati in tutto sette prigionieri non proprio eccellenti: quattro falsari, due lunatici e un pericoloso maniaco sessuale. La propaganda fece il resto consegnandoci la storia – “abbellita” persino dai racconti del marchese De Sade che fu ospite della fortezza – della Bastiglia prigione disumana e diabolica (come, del resto, erano tutte le prigioni dell’epoca e qualcuna dei giorni nostri…), abbattuta dalla giusta ira del popolo francese.
Fango e rock Bethel, contea di Sullivan, stato di New York: un centro rurale di scarsa importanza, sotto tutti i punti di vista privo di qualsiasi vera attrazione. Siamo nel 1969, precisamente il 14 agosto. La campagna attorno a Bethel accoglie un numero impressionante di giovani provenienti da tutto il mondo per partecipare al festival di Woodstock. Sulla carta si trattava solo di una tre giorni di musica rock, di un festival di campagna, invece il festival di Woodstock divenne la consacrazione mediatica della rivoluzione culturale del ’68. In questo caso il luogo simbolo di quella rivoluzione furono dei semplici campi, quelli invasi dai giovani attorno ai palchi del festival. Ancora oggi Woodstock è legato ad una iconografia forte che richiama tutte le utopie del movimento hippie, prima fra tutte l’amore libero. Purtroppo al giorno d’oggi, questo genere di slanci torna buono solo per la pubblicità del telefonini e per poco altro.
Gli artigli del dragone Oggi si affaccia ai mercati internazionali giocando con aggressività una partita sempre in bilico tra legalità ed illegalità, si dichiara pronta a concorrere alle stesse regole dei paesi capitalisti eppure nega qualsiasi diritto civile ai propri cittadini: la Cina è da sempre un coacervo di contraddizioni irrisolte. Se paragonato alla storia secolare cinese, il maoismo non è che un istante e non è nemmeno il più buio, di sicuro però non sarà mai ricordato come il periodo delle libertà per i cinesi. La rivoluzione ha portato prima l’utopia di un mondo migliore, poi la realtà di un mondo terribile. Nel 1989 la situazione era arrivata a un punto di svolta: all’interno della Cina si manifestava a rischio della vita il dissenso al regime. Nascevano nella capitale manifestazioni spontanee concentrate perlopiù in centro, attorno alla piazza Tiananmen. Per quei macabri casi della storia che spesso si verificano in circostanze simili, il significato di Tiananmen è Porta della pace celeste, ma quella vasta spianata che separa Pechino dalla Città Sacra, tutto portò fuorché la pace. Dal 4 giugno 1989, è associata indissolubilmente al massacro di pacifici manifestanti operato dal governo cinese. Gli espatriati cinesi sfuggiti alle uccisioni dissero che il numero delle vittime fu nell’ordine delle migliaia, contando le centinaia uccise sul posto e le vittime dell’ epurazione che seguì.
Siamo tutti berlinesi Il Muro di Berlino era una barriera in cemento alta circa tre metri e mezzo che separava Berlino Ovest da Berlino Est e dal resto della Repubblica Democratica Tedesca. Il muro ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, dalla sua costruzione (iniziata il 13 agosto del 1961) fino al suo smantellamento avvenuto il 9 novembre 1989, ed era considerato il simbolo della Cortina di ferro. Furono uccise almeno 133 persone (qualcuno calcola più di 200 vittime) mentre cercavano di superare il muro verso Berlino Ovest. Dopo che il Governo della Germania Est, il 9 novembre 1989, annunciò in seguito a diverse settimane di disordini pubblici, che le visite a Berlino Ovest sarebbero state permesse, una moltitudine di cittadini dell’Est si arrampicò sul muro e lo superò. L’Europa non fu più la stessa: durante le settimane successive piccole parti del muro furono portate via dalla folla e dai cercatori di souvenir, in seguito fu usato dell’equipaggiamento industriale per rimuovere quasi tutto quello che era rimasto. La caduta del muro di Berlino aprì la strada per la riunificazione tedesca che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990. La riunificazione della Germania diede la spinta anche al consolidamento del processo di integrazione europeo con tutto quello che ne derivò.
[fonti documentali: Wikipedia]